Prosegue l’avventura in Canada...
Fiume Yukon, 29 giugno
160 km percorsi su un totale di 580 km (circa)
Questa mattina alle 6:30 suona la sveglia, sistemo le ultime cose con calma e
incomincio a caricare la roba sulla canoa che è a circa 200 m dalla casa. Alcuni
viaggi e alle 7:30 sono pronto per spingere la canoa in acqua, probabilmente
forse anche loro si stanno alzando, ma preferisco non fermarmi oltre.
Un’ultima fotografia scattata nella mia mente, mentre gli occhi mettono a fuoco
questo importante incontro, il sentiero, la staccionata, la grande finestra, le
scale, la porta consumata, ma il mio ultimo flash è per la grande e vecchia
poltrona appoggiata a una decrepita baracca. Era lì, semi sommersa dalla neve,
la prima volta che l’ho vista, quando salivo dal fiume ghiacciato, ed è ancora
li quando me ne vado dallo stesso fiume, in estate. Chi ci si è seduto?
Mi abbandono al fiume Pelly per 8 km e mi ritrovo nelle dense acque marroni
dello Yukon. Sono rinvigorito e non mi spaventa la sua maestosità, anzi, mi da
sicurezza, oramai ho preso il mio posto, accetto il ruolo di debole nei suoi
confronti e per quanto bravo sia sarò sempre in balia della casualità e
dell’imprevisto.
Questo però mi da grande serenità e voglia di proseguire nella mia avventura.
Un po’ pagaio, un po’ mi faccio trasportare, specialmente quando il fiume è
facilmente individuabile nella sua posizione anche sulla cartina. Allora mi
abbandono e faccio un sacco di cose sulla canoa; oggi, poi, che sono partito
presto, ho un sacco di tempo, mi cambio, controllo il materiale, tengo sotto
controllo il GPS alimentato con il piccolo pannello solare che l’amico Mauro mi
ha prestato.
Il sole è sempre alto; oggi fa veramente caldo e mi sono messo qualche ora in
mutande, ho steso i pantaloni, calze e scarpe ad asciugare sulle sacche che sono
legate assieme da una fune che passa dalla prua alla poppa.
Pagaiando si è sempre un po’ bagnati, scarpe e pantaloni sono sempre umidi e poi
ogni tanto qualche acquazzone mi costringe a indossare la giacca e i copri
pantaloni tecnici antiacqua che evitano di inzupparsi completamente.
Nelle ore centrali della giornata, dove il fiume è più largo, difficilmente
si vedono animali, mentre è più facile in qualche ansa o laguna stretta, dove
l’acqua verde è quasi ferma ed i colori si riflettono completamente come in uno
specchio; sembra quasi di sporcare tutto con il semplice passaggio della canoa.
E’ un piacere passare silenziosi, ascoltando i canti dei boschi o i tuffi di
qualche castoro che riemergendo salta e sbatte la coda.
Cerco di fare sempre molta attenzione perché il fondo a volte è basso e rischio
di bloccarmi o ribaltare la canoa su qualche tronco, o di fare qualche incontro
spiacevole. Avanzo molto lentamente e mi guardo intorno, poi, dopo aver superato
una serie di tronchi, vedo che la laguna si stringe e preferisco tornare
indietro per sicurezza.
Ho il sole di traverso, ma frontale, e in lontananza vedo un pezzo scuro che
galleggia e si dirige da una parte all’altra della laguna. Oramai riconosco se
sono pezzi di legno che galleggiano oppure no, e questo non lo è sicuramente.
Pagaio per avvicinarmi, sempre più velocemente sull’acqua calma. Ora distinguo
che non è un uccello, non ha la classica forma dell’ochetta che galleggia. Sono
ancora lontano per capire meglio. La mia pagaiata ha preso un buon ritmo ed è
veloce, intravedo un muso ma non capisco le dimensioni, man mano che mi avvicino
rallento, ormai sono a circa 15- 20 m.
Ho il riverbero contro, ma mi viene un dubbio, un castoro si sarebbe già
immerso.
Ad un tratto l’animale fa come un tuffo e tutto il suo corpo, ma specialmente il
posteriore vengono a galla..... è enorme, il fondoschiena peloso ed ha grosse
zampe che sono le ultime a sparire sottacqua, tutto in pochissimi secondi.
Prendo un bello spavento, freno la mia canoa con una virata improvvisa e
comincio a pagaiare verso l’uscita della laguna, nel fiume Yukon.
Un orso? Non so con certezza, ma sicuramente era molto grosso.
Pagaio il più forte possibile e mi giro spesso perchè non lo vedo riemergere.
Mi sento come intrappolato, braccato nella laguna. Dale mi aveva detto che gli
orsi sono degli abili nuotatori, ma a me in questo momento non interessa
verificare se è vero o no. Finalmente sono nella forte corrente del fiume, mi
giro a guardare ancora, ma ora sono tranquillo.
Le ore passano e fa freddo, mi vesto in modo pesante perchè questa notte
voglio viaggiare. Mi piace più del giorno, mi sento più solo vedendo il sole che
se ne va anche lui. Ma la luce rimane e ci vedo benissimo.
In un’altra insenatura vedo un alce, una femmina, non ha le corna classiche a
pala, quelle le hanno solamente i maschi. Ma loro sono sui monti, non sul fiume.
La vedo da lontano, per diversi minuti, mentre passo trasportato dal fiume. Ho
il tempo di filmarla. Ci guardiamo.
Passo molte isolette, su di una rivedo 2 fotografi americani che avevo
incontrato a Carmarcs. Anche loro stanno facendo un’avventura, contano di
impiegare 14-16 giorni per arrivare a Dawson. Mi riconoscono e mi scattano delle
foto mentre li saluto passando.
Le ore scorrono e il tramonto mi regala dei colori stupendi, mescolati tra le
nuvole scure che si specchiano nell’acqua.
E’ l’una di mattina, fa freddo, sono in canoa da tantissime ore e mi sento
proprio stanco, è tempo che cerchi un’isola dove mettere la tenda. Cerco un
posto aperto, libero da alberi e a favore di vento. Trovato. Ha una grande
spiaggia a punta, ha una buona visuale e il bosco è lontano. Pianto la tenda
sulla sabbia bagnata vicino alla canoa e metto il cibo lontano, su un tronco.
Soprattutto metto pentole e campanello, non si sa mai. Se nella notte sento
rumori sono pronto per partire.
Le zanzare mi stanno mangiando.
Buona notte.
Mauri
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Indian River, 30 giugno
Questa mattina me la sono presa con comodo, avevo tutto il tempo per asciugare
la roba, filtrare l’acqua con la mia pompa e prepararmi da mangiare. Mi sento
sicuro in questo posto. E’ una buona occasione per mandare messaggi con il
computer collegato al telefono satellitare. La Telespazio mi ha dato il telefono
con la possibilità di utilizzare i canali Iridium che hanno totale copertura per
inviare i reportage, le foto ed i filmati, che mando ai miei amici Francesco e
Matteo, i quali mi hanno insegnato ad utilizzare questa attrezzatura e mi
aiutano da anni a tenere aggiornato il mio sito
www.mauriziodoro.it
Tutto questo lavoro e la lotta contro le zanzare mi fa sudare molto. Sento che
sto puzzando. I primi giorni mi sentivo un po’ a disagio, poi, con
il passare del tempo, mi abituo e mi sento come un animale nel suo habitat.
La giornata trascorre bene finché un fortissimo vento contrario mi impegna e
spaventa molto con le sue raffiche potenti che un paio di volte hanno girato la
canoa. La mia attenzione è alta, ma non voglio rischiare perché la canoa
barcolla troppo sulle onde; cerco di accostare anche se sono proprio tra
le montagne, in una zona rocciosa. Cerco un riparo e scendo, aspettando (più di
un’ora) che passi; intanto ne approfitto per scaldare l’acqua per la cena. Poi
mangerò in canoa.
Sono in prossimità dell’incrocio con il White River e tutto l’ambiente si
allarga notevolmente, quasi la mia vista non raggiunge un punto. Ci sono vortici
e acque morte, ma il percorso è molto facile. Ora capisco il perché di questo
nome. Credevo di incontrare acqua chiara, pulita, ma invece è proprio
bianca. E’ sporchissima di sabbia bianca, sembra così densa e così imbevibile.
Prima di mezzanotte voglio arrivare sul lato opposto della confluenza con l’Indian
River. Dalle mie mappe dovrebbe essere un buon posto per accamparsi. E’ solo
nascosto da alcune isole. Faccio alcune curve sul fiume e in lontananza vedo un
nuvolone scuro. Un incendio che, dalle dimensioni del fumo, sembra anche abbastanza
grosso. In un attimo la nuvola si diffonde velocemente, aiutata dal vento; sento
pure l’odore del fumo. Nel 1995 c’è stato il più grosso incendio mai visto nello
Yukon, è durato quasi 3 mesi e ha distrutto grandissime quantità di bosco che ora
si sta ricostruendo lentamente.
Mi sono distratto guardano il fumo che mi ritrovo dalla parte opposta del mio
campo.
Pagaio zigzagando fra piccole isole e canali. Ma devo stare attento a non
infangarmi perché il fondo è basso. Ogni tanto sento la canoa sfregare sul fondo
e tasto con la pagaia. Sudo molto. Se mi incastro sono fritto. Pagaio
controcorrente per 20 minuti, poi rinuncio, sono in un bagno di sudore. Torno
indietro e cerco un canale. Sono proprio nel centro dei suoi 10 m e il fondo
sembra abbastanza alto. Mi passa davanti un castoro con un ramo in bocca. Trovo
il mio campo. Pagaio forte, per superare la corrente. L’acqua è sporchissima,
sembra fango molle. Attracco tra pezzi di tronchi e schiuma.
Le zanzare mi attaccano, e mi tiro la zanzariera del cappello sul viso. Fino ad
ora non ho mai usato lo spray per il corpo. Trovo un piccolo spazio nell’erba in
prossimità del bosco e pianto subito la tenda. Poi metto il cibo lontano, su un
albero. Tutto questo lo faccio con il campanello che suona. In lontananza, per la
prima volta, sento alcuni coyote che ululano, ma non mi spaventano.
Prima di andare in tenda faccio la pipì tutto intorno per delimitare il mio
territorio. Una precauzione in più che ho sempre adottato. Sono in tenda,
finalmente, sono tutto sudato e pieno di punture di zanzare, sento il bisogno di
cambiarmi completamente.
Mauri
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Dawson City, 1 luglio
Nella notte (non so come dire, c’è luce come di giorno) un gran acquazzone mi ha
svegliato, ma la mia prima preoccupazione è stata la canoa. Ok. E’ legata bene.
Lo faccio sempre. E’ la mia sicurezza e merita le mie più grandi attenzioni. Il
materiale è nelle borse stagne ed è al sicuro.
La piccola tenda tecnica ad un posto con un telo solo non fa passare la pioggia,
tiene. Meglio per me.
Fortunatamente quando è ora di ripartire ha smesso e anche se è tutto bagnato
mi posso preparare la colazione e salire in canoa senza problemi.
So che oramai è l’ultimo giorno di fiume Yukon e un po’ sono spiaciuto, tutto
sembra sia passato in un attimo, penso alla mia situazione di
viaggiatore-esploratore.
Mi guardo ancora una volta tutto intorno e a volte mi faccio trasportare di
schiena.
Pagaio da una sponda all’altra quando vedo degli uccelli, poi, quando sono vicino
ad una specie di palude, dall’erba escono una famiglia di anatroccoli con la
mamma, che continuano a schiamazzare, li ho quasi davanti, un po’ in fianco, a
pochi metri.
Poi un piccolo si separa e mi passa avanti. Subito la mamma gli corre incontro
e si mette tra me e le canoa schiamazzando.
Io cerco di frenare ma la corrente mi trascina. La mamma continua a
interporsi tra me e il piccolo, schiamazzando forte e battendo le ali. Il piccolo fa
altrettanto, ma non cambia direzione, va sempre dritto.
Sono sempre più vicino. Poi, a un tratto, il paperotto si immerge e la mamma fa un gran
casino con le ali e va a zig zag avanti a me.
Dov’è andato il piccolo? Riemerge dietro di me, a una decina di metri.
La mamma continua ad attirare la mia attenzione e va avanti, io conosco il
trucco, ma non ho alcun motivo per far del male.
Ultimo insegnamento e ultimo saluto che il Grande fiume Yukon mi regala, tra
poco io sarò a Dawson mentre lui continuerà il suo percorso per altri 3000 km, in
Alaska, verso l’oceano. Ciao e grazie. Forse un giorno ti rivedrò.
Sulla sponda destra ecco le prime case colorate di giallo, rosa, blu; passando, vedo
grandissimi camper parcheggiati, sento musica d’altri tempi, atmosfera della
corsa all’oro. Questa è Dawson City.
Attracco e comincio a scaricare tutta la mia roba. Dick, un forte uomo con i
baffi, lavora qui e sa del mio arrivo, mi aiuta a caricare la canoa sulla sua Jeep
e mi accompagna all’hotel.
La città è piccola e le strade sono di terra, con le case di legno, come pure i
marciapiedi fatti di assi. Sembra di essere in un film di Sergio Leone, mancano
solo gli sceriffi, i pistoleri, i cavalli e le diligenze.
Non vedo l’ora di farmi una doccia calda, poi andrò a mangiare un
grossissimo hamburger.
Ciao
Mauri
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Dawson
City, 2 luglio
Oggi ho girato per la piccola città, senza fretta e senza tempo; camminavo sui
marciapiedi di legno ascoltando i miei passi, mi guardavo intorno ed ho fatto un
sacco di incontri con gente che fa della propria vita un’avventura. Per esempio
chi si trasferisce da Vancouver per lavorare qui. E vi assicuro qui non c’è
praticamente nulla. Tranne un’atmosfera speciale.
Mi dicono che sulla Dempster
Highway c’è ancora l’incendio che ho visto e il vento lo porta da una parte
all’altra della strada, potrebbe essere pericoloso.
Ma in queste ultime ore ha piovuto molto e questo da una mano a spegnere il
fuoco... ma non a me che domani partirò in bici. Le previsioni danno brutto
per almeno 3, 4 giorni.
Ho comperato altro cibo. E naturalmente qui in città ho fatto scorpacciate di
hamburger e pesce.
Ora vado a bermi una birra.
Salute a tutti
Mauri
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Tombstone Mountain (1350 m
s.l.m.), 3 luglio
Sono partito ieri da Dawson City all’una di pomeriggio; ho atteso fino a quell’ora
perchè diluviava e in un momento di poca pioggia mi sono deciso, ma poco dopo il
cielo ha scaricato nuovamente fino a sera.
Dopo i primi 40 km della strada principale che porta a Whitehorse la deviazione
per la famosa Dempster Highway.
Finalmente ci sono, so che dovrò farne almeno 750 di km per arrivare a Inuvik.
Qualcuno che scendeva con il camper mi ha sconsigliato di andarci in bici perchè
c’è un fango molto alto e scivoloso, ma oramai io ci sono e voglio vedere con i
miei occhi. E poi se c’è da spingere ho fatto anche di peggio.
La pioggia scende forte e ma il mio abbigliamento tecnico tiene benone e pure i
piedi sono caldi, il mio amico Maurizio mi aiuta da anni e anche in questa
occasione mi ha fornito dei materiali super, per la canoa scarpe che si
asciugavano velocemente e per la bici scarponcini molto leggeri ma impermeabili
e caldi.
Il fango schizza da tutte le parti, in poco tempo sono sporchissimo e le mie
gambe si confondono con il colore della strada. Il bosco è lucido e in alcuni
tratti c’è ancora la puzza dell’incendio che fortunatamente con questo temporale
si è spento. E’ un dispiacere vedere grandissime parti di bosco bruciate che
arrivano fin sulla strada, ma probabilmente è un ciclo naturale anche questo.
La strada è molto larga e è un continuo sali scendi di colline che fanno
abbassare la velocità media. Su alcune di queste pedalo anche a 5-6 km orari. Mi
sembra lunghissima, non arrivo più, e le gocce mi cadono dalla visiera. 5 gradi
di temperatura ma quasi non li sento perchè spingo sui pedali e sudo.
Finalmente dopo 112 km arrivo ad una specie di campeggio, alle 11:45, dopo circa
8 ore e 45 min di pedalata.
Sono a Tombstone Mountain, a 1350 m di quota, dopo aver fatto circa 800 m di
dislivello; qui per lo meno si può cucinare in una baracca al coperto ed
accendere un fuoco.
Trovo un tedesco, anche lui in bici. E’ andato a Inuvik e ora sta tornando.
Un po’ di caldo, finalmente, ed asciugo la mia roba.
Dormo su un tavolone vicino alla stufa.
Mauri
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Engineer Creek Campground (1050 m s.l.m.), 4 luglio
Fortunatamente oggi è stata una bella
giornata; partito con il cielo coperto, con una piccola pioggerella, subito in
salita fino a 1600 m. Poi la strada con un saliscendi si abbassa leggermente
fino a lasciare il bosco e ad aprirsi su infiniti prati contornati da montagne
dalle dolci curve. Sembra proprio la casa dell’orso. In questi giorni dicono di
aver visto alcune famiglie con i piccoli aggirarsi proprio in queste zone e
sulla strada. Io preferisco trovare questi campeggi dove riesco a mettere il
cibo nei contenitori metallici anti-orso, se dormissi con la tenda all’aperto
non saprei dove mettere il cibo se non lontano da questa in balia degli animali.
E’ già successo che hanno mangiato tutte le provviste rovinando l’avventura a
qualcuno.
I saliscendi sono continui e su un paio di questi la mia velocità non supera i
4-5 km e sono costretto a scendere e a spingere, anche perchè il carico che
supera i 70 kg mi fa ondeggiare e faccio troppa fatica.
E’ una zona bellissima ricca di laghetti e fiumiciattoli, tutto intorno,
dall’erba alle nuvole alle montagne, si specchia nelle loro acque limpide.
La strada è molto bella e liscia, immaginavo il classico ondulé fatto dai camion
e dalle macchine, invece è molto scorrevole, ora che è quasi asciutta; bisogna
stare un po’ attenti alla ghiaia sui bordi, che ti fa scartare di lato o
infossarti e a volte schizza verso di me quando passa qualche macchina a tutta
velocità. Ma la maggior parte dei camper e camion che passa, quando mi vede
rallenta e mi saluta.
Oggi ho incontrato i 2 giornalisti di Seattle che ho conosciuto sul fiume a
Carmacks. E’ stato un piacere e ci siamo fermati per gli ultimi saluti e foto.
Come è piccolo il mondo.
Quasi 8 ore 30 minuti di pedalata anche oggi e 122 km percorsi con circa 600 m
di dislivello, ma sono ancora in un buon posto sicuro. Unico fastidio le zanzare
che qui sembrano miliardi, mi hanno divorato mentre filtravo l’acqua sul
fiume.
Io chiedo sempre informazioni e qui qualcuno mi dice che sull’Oceano Artico in
questo periodo c’è un forte vento che provoca onde molto alte. Mi sconsigliano
di tentare di navigarlo in canoa. Un tuffo in acqua gelida da quelle parti è
fatale in pochi minuti. Sicuramente non ho voglia di rischiare perchè a casa ho
qualcuno che mi aspetta, ma prima voglio arrivare a Inuvik e poi vedrò cosa
fare.
Anche questa notte non monto la tenda e dormo sul tavolone.
Ah, dimenticavo, questa sera ho proprio mangiato bene e abbondante, una scatola
grande di sardine, 3 buste di Pasta e carne disidratata, e 2 budini di
cioccolata.
Buona notte.
Domani mi aspettano 175 km. Vedremo se mi alzo presto. Ora sono le 1:16.
ciao Mauri
www.mauriziodoro.it
leggi il resto dell’avventura: 1° parte
2° parte
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