Naturaid on the Grizzly’s Creek 2005... in corso
Lake Laberge, 22 giugno 2005
ore 22.25
Sono partito questa mattina alle
10:30 con grande entusiasmo, salutato dagli amici che mi hanno aiutato a
caricare la canoa. 10 ore di viaggio per arrivare su una minuscola spiaggetta
del lago Laberge alle ore 20:30 percorrendo circa 65-70 km.
Subito dopo le prime pagaiate mi sentivo libero e mentre si allontanavano alle
mie spalle le case della città già pensavo alla foresta.
La canoa è pesante e la sento mentre mi muovo, incomincio a prendere confidenza
con i movimenti che devono essere molto lenti e sicuri per non ribaltarmi.
Dopo qualche ora sono nella foresta e la giornata splendida rende il verde uno
smeraldo che si riflette nel fiume.
Mi preoccupa un po’ il vento contrario che mi impegna molto, ma fortunatamente
dura poco.
In alcuni tratti, aiutato dalla corrente, riesco a viaggiare anche a 15 km
allora, mentre mediamente proseguo a 8-10.
In
prossimità dei resti di una vecchia costruzione di cercatori mi avvicino con la
canoa per vedere meglio alcuni uccelli; è anche un luogo di nidificazione e così
vengo attaccato da una specie di gabbiano bianco che grida e si avventa su di
me, cerco di allontanarmi in fretta, ripararandomi come posso con la pagaia, ma
è una impresa un po’ complicata perché luccello scende in picchiata e io
ondeggio sulla canoa. Un sospiro, è andata. Non è stato simpatico vedersi
piombare addosso un uccello in picchiata.
Il fiume è calmo e in poche ore percorro 40 km fino a trovarmi allimbocco del
lago Laberge. Decido di viaggiare con la canoa in mezzo al lago perché è tutto
calmo, ma improvvisamente il cielo si fa cupo, capisco che è meglio seguire da
vicino la riva ed essere sicuri in caso d’emergenza, ma le onde crescono e io
pagaio a favore di vento verso la riva. Sono ancora lontano, cerco una spiaggia
ma non ne vedo: solo bosco e piccole paludi. Allora cerco di procedere un po’ in
diagonale perché mi sembra di aver visto un posto un po’ più largo.
Devo stare attento, la canoa fa dei brutti salti e io sono molto teso, sarebbe
un brutto problema ribaltarsi in questa acqua fredda anche se sono un ottimo
nuotatore.
Londa mi scaraventa sull’erba di una palude, fortunatamente non ci sono rocce.
Trascino allinterno la canoa, ma mi assale uno stato dansia perché non ho a
portata di mano ne i campanelli ne le bombole al pepe contro gli orsi. Tutto
indaffarato e sempre controllandomi alle spalle - sono proprio in prossimità del
bosco - cerco nelle sacche stagne, qualche minuto, trovate, mi sento più
tranquillo.
Attendo
diverse ore, poi il lago sembra calmarsi ed io mi rimetto nelle sue mani. Si
calma sempre più, ora e quasi liscio, senza corrente ed io viaggio a 5-6 km
riscaldato dal riflesso del sole sullacqua; è ancora altissimo nel cielo anche
se sono le 20:30.
Una minuscola spiaggetta mi ospita, è proprio sufficiente per la mia tendina.
Buona notte.
Mauri
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Lake Laberge, 23 giugno 2005 ore 11.30
Partito verso le 9, il lago non mi
sembrava molto mosso. O almeno avevo limpressione di poter guidare con una
certa sicurezza la canoa. Mi sbagliavo. Dopo aver pagaiato per unora e aver
rischiato più volte di capovolgermi tentando di superare delle insenature
rocciose che provocavano risacche e mi costringevano a stare al largo
prendendomi dei gran spaventi, a favore di vento mi dirigo sbattendo su una
spiaggia lunga alcune centinaia di metri e profonda 5.
Si arriva al bosco a strati: onde, sassi tondi e ghiaia, piccoli pezzi di legno,
grandi tronchi bianchi e tondi levigati dal tempo e bosco.
Mi sa che dovrò aspettare il pomeriggio tardi prima di rimettermi a pagaiare.
Vivo la situazione di Robinson Crusoe, solitudine, unica compagna la spiaggia
piena di detriti di legno, il suono del vento e il rumore delle onde.
Dormirò per pagaiare questa notte.
Mauri
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Fiume Yukon, 26 giugno 2005
ore 1.45
Ore 1:45 ora locale di mattina.
Temperatura 6°C, km percorsi 102, totali 330 km.
Ho pagaiato sul fiume fino a questora. Che spettacolo.
Ce luce a sufficienza per leggere e i colori sono molto carichi e spettrali
allo stesso tempo perché il silenzio assoluto li rende ancora più corposi.
Pagaio lento e spesso mi faccio trasportare ascoltando il silenzio, sembra che
debba succedere qualche cosa da un momento allaltro. Poi un uccello si alza
allimprovviso e fa un gran chiasso. Dopo un po’ un pesce salta fuori dallacqua
per catturare un insetto. Fischi che provengono dal bosco. Una bolla che esce
allimprovviso. Un mulinello si forma vicino alla canoa e sembra inghiottirla.
Questi sono i rumori che fanno la musica del fiume, è così ogni minuto, ogni
ora, ogni giorno, ogni anno, da sempre...., ogni tanto interrotta da una pagaia
di qualche amante della natura.... ora la mia.
Trovo un vecchio campo di pescatori, ma credo che ogni tanto ci vengano ancora
perché sembra in buono stato.
Una baracca è aperta. Dentro, cianfrusaglie e un gran pannello di legno. Lo
sistemo in qualche modo e mi preparo per dormire.
Mauri
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Fiume Yukon, 26 giugno 2005 ore 19.30
Oggi sono molto stanco e provato, ho
superato 2 rapide, ma una in particolar modo molto pericolosa, tra grosse pareti
rocciose.
Qualcuno è anche morto, mi hanno detto, il fiume impetuoso e freddo se lè
portato via dopo che la barca si è ribaltata. Ipotermia.
Non ho fatto una gran dormita questa notte e questa mattina, perché ho pensato
molto allo scampato pericolo.
Nelleventualità che mi fossi ribaltato, avevo preparato la grande sacca stagna
con vestiti asciutti, sacco a pelo, fornello, cerini pentola, cibo.
Mi avvicinavo e pensavo, con sempre più insistenza, e toccavo anche lacqua, è
proprio fredda.
Ho visto i grandi sassi, sono passato a dx pagaiando forte, sono dentro, vedo
schiuma, e la canoa che si alza, io che ondeggio, pagaio forte e la tengo
dritta, la canoa si alza e sbatte, non sento nulla, sono passato, e se avessi
sbagliato qualche cosa? E stata fortuna?
E una situazione molto pericolosa, ma non mi aspettavo forse qualcosa del
genere quando ho deciso di vivere avventure come questa?
Le avventure con la natura come esperienza di vita non sono come noi le
vogliamo: sono reali, pericolose ed esigenti e ti mostrano esattamente quello
che puoi e non puoi fare.
Ti mostrano chiaramente chi sei e cosa sei tu, e chi e cosa sono gli altri.
Danno inesorabilmente un valore a te come agli altri.
Il gioco è leale.
Ciao Mauri
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Fiume Yukon, 27 giugno 2005
ore 10.10
Ieri sera ho trovato una vecchia
cabin abbandonata, ma in ottimo stato. Una vera cabin da trapper. Cerano pure
dei letti a castello di legno ed io ho dormito su quello in alto, per
precauzione. Più che altro una tranquillità mentale. Ero veramente stanco e ho
dormito come un sasso, se fosse entrato un orso demolendo la porta non lo avrei
comunque sentito. Allinterno cera anche una stufa; lho accesa facendo un gran
fumo e per qualche ora non sono nemmeno potuto entrare per limpossibilità di
respirare. In ogni caso è stato un bene perché non cera neanche una zanzara
allinterno, probabilmente anche loro non potevano resistere con quellodore.
Ho avuto un sacco di tempo per
rimettere a posto le mie cose e far asciugare quelle bagnate. Mi sono scaldato
lacqua sulla stufa, così ho risparmiato lo speciale combustibile per il mio
fornello che in questi giorni si è rotto e perde dal tubetto di giuntura che
porta il liquido alla fiamma. Devo stare molto attento quando lo accendo.
Ho
filtrato con calma lacqua che mi servirà per questa sera e tutto domani.
Lacqua è un problema molto serio, non è potabile e anche se qui cè né in
abbondanza è assolutamente sconsigliato berla. Si corrono dei grossi rischi
d’infezione, virus, microbi, batteri, ecc.
Ma io utilizzo una pompa con dei filtri speciali che bloccano e purificano al
100% virus e altro, come la giardia e lameba, pericolosissimi per lorganismo.
E un lavoro lento perché la pompa impiega qualche minuto nel riempire una
borraccia, ma lo faccio con piacere perché è per la mia salute. Poi cerco sempre
un posto lontano dove mettere il mio cibo. Per gli orsi.
Solitamente è nelle sacche stagne da bici; non sono ancora state utilizzate in
bici ma sembra proprio che d’acqua non ne entri (i vestiti sono ancora
asciuttissimi).
E una precauzione necessaria quella di mettere lontano il cibo dalla tenda o
dal posto dove si dorme. Poi metterlo in alto sul ramo sporgente di un albero
almeno a 4 metri. Lorso cammina annusando il terreno e ci passa sotto o
nelleventualità lui assocerà che il cibo è in alto e non ad altezza uomo che
dorme. Se si cucina si dovrebbero cambiare i vestiti per la notte. Un
indicazione che danno sempre è quella di evitare di dare loro del cibo, proprio
per non favorire lassociazione cibo-uomo.
La giornata è bella, il sole è alto da un pezzo e riscalda ogni cosa, così alle
11:00 mi rimetto sul seggiolino della mia canoa e riparto.
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Pelly Farm, 27 giugno 2005 ore 23.30
Il mio sogno, il mio giocattolo, il mio diamante, il mio ricordo, la mia
stanchezza, la mia fatica, la mia fame, i miei piedi gonfi, il
mio importante incontro... Mi trovo a Pelly Farm. Ci sono ritornato 16 mesi dopo
la mia traversata a piedi in inverno.
Non ci pensavo molto quando sono partito in canoa. Pagaiavo piano e facevo le
mie cose, oramai la canoa fa parte della mia vita in questo momento.
Il
quotidiano è sulla canoa. Mentre lacqua del fiume mi culla e mi trasporta nelle
sue curve, io mi vesto, mi lavo i denti, sistemo il
cibo, bevo il caffé. Ho tutto il tempo che mi serve e nel frattempo mi guardo in
torno. Sono un po distratto oggi, e non mi accorgo che faccio km e km e capito
in un labirinto d’isole e isolotti.
Non riesco a identificare il luogo
sulle mie mappe, mi preoccupo un po perché voglio andare a trovare Dale che
vive in una fattoria sul fiume Pelly, un affluente del fiume Yukon, 8 km
allinterno. Se supero questa deviazione non riesco a risalire contro corrente
lo Yukon, è tropo potente.
Cerco un riferimento riconoscibile
sulla mappa, cerco, procedo lento, forse, mi sembra questa lansa, no questa è
lisoletta, ma dove sono? Poi appena superata un’isola più grande delle altre
riconosco una parete verticale di roccia scura di basalto, una eruzione di un
antico vulcano. La mappa è sotto controllo, mi dirigo tra due isolette e
finalmente vedo la giunzione del fiume Pelly. Mi dirigo a destra per stare il
più vicino possibile alla riva e non essere travolto dalla corrente. Il fiume ha
sempre la maggior velocità nel centro, mentre sulle rive la velocità è minore.
Pagaio lento, ma continuo, piegato un po’ guardo avanti nel bosco, ho grande
energia e determinazione e piango dalla gioia, sto raggiungendo il luogo dove
avevo ripromesso a me stesso che sarei tornato, ma non più in inverno. A quel
tempo la mia anima ha davvero ricevuto linfa ed ora sento che una strana
atmosfera si sta impossessando ancora di me.
Allimprovviso una pioggia torrenziale mi colpisce, ma è un piacere, è il suo
saluto di benvenuto. Tutto intorno ha preso un colore
grigio e sul fiume si alza una nebbiolina provocata dalle bolle delle gocce di
pioggia che cadono nel fiume per 15 minuti, poi un sole caldissimo. Dopo 45
minuti arrivo alla casa di Jem, che mi porterà con la sua barca alla casa di
Dale. Non cè. Attendo un
po’. Non vedo impronte fresche nel fango sulla riva. Probabilmente è qualche
giorno che non cè. Era una possibilità per raggiungere Pelly Farm trainato
contro corrente. Ma ne ho unaltra. Lavevamo calcolata con Dale quando è venuto
a trovarmi a Whitehorse. Scendere ancora sul fiume Yukon e raggiungere, sulla
sponda sinistra, un accampamento di lavoratori indiani che conoscevano Dale e
potevano aiutarmi.
Unico problema, arrivarci assolutamente entro il giorno 29 pomeriggio perché poi
il loro turno lavorativo finisce e tornano a casa. Nessun problema, sono molto
in anticipo. Me la prendo con calma e vedo scendere 2 barche a motore da
trasporto, ma sono ancora sulle scale di legno della casa di Jem, sulla sponda
alta del fiume, tra la vegetazione e non posso chiamare. Scendo velocemente, ma
sono troppo lontani.
Mi
avvio senza fretta sulle torbide e calme acque del fiume Pelly fino ad
incontrare improvvisamente la forte corrente del fiume Yukon che mi fa
barcollare sulle sue onde. Dopo qualche isolotto e catasta di tronchi incagliati
vedo in lontananza alcune
case di legno ed intravedo il blu dei teli delle barche dei lavoratori. Ero
sicuro che li avrei trovati. Arrivo appena in tempo, una barca con quattro
indiani a bordo, tra cui una donna, si sta preparando per partire proprio in
direzione di Pelly Farm. Alcune
frasi gridate con il mio stentato inglese e mi ritrovo a caricare la mia canoa
con tutto il suo carico a bordo.
Cè un gran fracasso di motore e
laria fredda mi colpisce le spalle perché mi sono girato verso chi guida. Loro
sono indiani vecchi molto robusti, dai capelli nerissimi, non dicono nulla, mi
guardano e bevono da bottiglie di vetro trasparente; probabilmente è alcool.
Dopo circa 30 minuti arrivo a destinazione e riconosco le case della fattoria.
E una delle fattorie più grandi e importanti al mondo, situata ad una
latitudine così a nord che è quasi impossibile gestire i campi e gli animali
(galline, mucche, cavalli).
Dale non cè, è via con la famiglia e tornerà questa notte, ma mi accoglie una
signora molto disponibile, Wenda; la sua famiglia risiede qui dagli anni 40.
Ceno con loro, mi raccontano di comè nato il posto circa 150 anni fa sullonda
della corsa alloro, mi fanno vedere delle foto in bianco e nero. Il posto non è
cambiato, è rimasto tale e quale, tutto è ancora lì, fermo e arrugginito, carri,
ferri, staccionate, macchine da lavoro, vecchie slitte. Sto bene qui.
Dopo cena aiuto a pulire le uova che venderanno nei prossimi giorni in città.
Dormo su un vero letto dopo diversi giorni.
Sono molto sereno.
Mauri
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dellavventura!
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