Storia delle corde da squash
La società Babolat, con sede a Lione (Francia), già dal 1500 fabbricava corde
utilizzate per gli strumenti musicali. Nel 1875, un maggiore inglese chiese la
fabbricazione di corde di lunghezza particolare, che poi si seppe furono
utilizzate per racchette da tennis e, più tardi, da squash e badminton. Da
allora iniziarono a dare il via alla costruzione di corde naturali, conquistando
(meritatamente) il mercato mondiale. Successivamente la casa iniziò a produrre
anche corde sintetiche con sistemi di ricerca all’avanguardia (come fanno, del
resto, anche altre case produttrici).
I Paesi industrializzati come il Giappone, gli Usa e alcuni Paesi europei
hanno da tempo quasi abbandonato la fabbricazione di corde a causa della
concorrenza di Taiwan che ha soddisfatto per molti anni una parte preponderante
della domanda mondiale di corde, utilizzando come materia prima i granulati di
nylon giapponesi. Una ditta italiana, anni or sono, progettava di lanciarsi
nella fabbricazione delle corde, ma ha dovuto rinunciarvi perché, oltre all’alto
investimento necessario in macchinari automatici, è necessario vendere sul
mercato mondiale per ammortizzare i costi. Ed è difficile inserirsi in questo
settore, per un nuovo venuto. E’ come se si progettasse di lanciare una nuova
marca di palle sul mercato dove sono già presenti dei colossi mondiali.
In una prima fase, una ventina di anni or sono, i fabbricanti di Taiwan erano
numerosi, la vigilanza sulle macchine e i controlli di qualità insufficienti,
per cui talvolta venivano fabbricati dei lotti difettosi. Nel giro di un
decennio il numero di fabbricanti si è drasticamente ridotto e ne sono rimasti
4-5 in grado di assicurare un ottimo standard qualitativo. In questi ultimi
anni, a causa dell’aumento del costo della manodopera, alcuni fabbricanti di
Taiwan hanno trasferito la produzione in Cina, mantenendo la sede a Taiwan.
In passato i prezzi delle corde sintetiche erano elevati, essendo per ragioni
storiche influenzati dal costo elevato del budello naturale. Gli operatori
commerciali tenevano alta l’immagine del sintetico comparandolo al budello sul
piano delle prestazioni e della presentazione. I filamenti sintetici sono
ottenuti per trafilazione e stiramento a caldo, per cui in teoria non vi sono
limitazioni di lunghezza nella fabbricazione, a differenza del budello la cui
lunghezza è condizionata da quella dell’intestino dell’animale. In pratica
vengono commercializzati dei rotoli da 100 o 200 m, oltre agli armeggi di 9-10
m.
Alcune ditte importavano dei grossi rotoli e li condizionavano in armeggi
punzonati con la loro marca, facendo sparire l’etichetta “Made in Taiwan”,
evitando di offrirle in rotoli per non nuocere al prestigio del prodotto, e
investendo prevalentemente nell’imballaggio e in pubblicità. Inoltre, si cercava
di allettare i clienti aumentando la gamma di colori e appellandosi a
caratteristiche tecniche fasulle. Erano di moda i colori vivaci e le corde
arcobaleno che davano un aspetto poco estetico all’incordatura. Alcuni clienti
rifiutavano di acquistare se non trovavano il colore preferito. Ogni due tre
anni, poi, venivano lanciati nuovi tipi di corde: corde al carbonio, di colore
nero, corde al boron. L’aggiunta di polveri di carbonio o boro avrebbe avuto lo
scopo di migliorare le prestazioni, la resistenza all’abrasione e la durata
della corda. In realtà si tratta solo di argomenti puramente commerciali diretti
ad aumentare la quota di mercato del fabbricante che per primo adotta un nuovo
tipo di corda. Tutti gli altri seguono nel giro di alcuni mesi. Ora va di moda
il biossido di titanio, per via del prestigio di questo metallo legato alle
costruzioni aeronautiche, ma le sue qualità di leggerezza e resistenza alle alte
temperature non giustificano tecnicamente il suo impiego né nelle corde, né
nelle racchette.
Il titanio oggi, come il carbonio e il boron nel passato, non migliorano
assolutamente le caratteristiche tecniche delle corde, ma influenzano
l’immaginario dei consumatori e permettono di spuntare prezzi più remunerativi
in un mercato difficile e in crisi. Questa moda, puramente commerciale, durerà
alcuni anni e poi il titanio verrà abbandonato in favore del molibdeno, o del
berillio, o dell’osmio.
Un grazie per la
collaborazione a
Luca Mastrostefano
www.lucamastrostefano.it
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