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Tao Te King: Il testo ed alcuni commenti - Cap. I-X

A cura di: Carlo Di Stanislao, Rosa Brotzu, Maurizio Corradin, Dante De Berardinis

“Quando non sorgono pensieri discriminatori, la vecchia mente cessa di esistere. Le cose sono oggetti a causa del soggetto; la mente è tale a causa delle cose. Obbedisci alla natura delle cose (la tua stessa natura), e camminerai libero e indisturbato. Tutto è vuoto, chiaro, auto-illuminante, senza l’uso dell’energia della mente. La Grande Via non è difficile per coloro che non hanno alcuna preferenza.
Se desideri vedere la verità non parteggiare a favore o contro. La lotta tra ciò che uno vuole e ciò che non vuole è la malattia della mente”
S. H. H. Ming, Il Libro del Nulla

“-Cosa vuole che ne sappia?- replicò Alice, sorpresa lei stessa del suo coraggio”
L. Carrol, Alice nel paese delle meraviglie


I motivi ed i limiti
Il Taoismo nasce dalle maghe wu, un termine che caratterizza le sciamane dalle lunghe basette. Vivevano nelle radure, distanti dagli umani, ma non dai loro figli, occasionalmente generati. Da una di queste nacque, probabilmente, Lao-tzu, il "vecchio bambino". L’origine magica del Taoismo è indubbia; oggi è ampiamente documentata. Curiosamente, o meglio per una forma di misoginia, alcuni orientalisti dissociano il Taoismo dalle donne, anche se non dal femminile. Diremmo, invece, che esse possono benissimo rivendicarne la paternità. Più avanti, il Taoismo mostra i tratti caratterizzanti dell’ideologia contadina. E’ la tesi di Fung Yu-lan, ripresa dagli storici. Il tao è la via maestra, letteralmente e metaforicamente, da cui non si dovrebbe deviare mai. In che senso? L’indicazione è offerta, paradossalmente, in un altro ambito teorico da Carlos Castaneda: se una via (tao) ha un cuore, va seguita, altrimenti no. E’ l’unica proposta che si possa formulare. Tutto il resto, persino l’accenno al wei-wu-wei, è secondario. La spontaneità, poi, non può essere una meta programmatica; la si vive, e basta. Il Taoismo non è un corpo di dottrine, bensì uno stile di vita. Si è taoisti senza saperlo, per una scelta che, in fondo, non è tale. Il Tao-tê-ching di Lao-tze è uno dei principali testi tradizionali dell’Estremo Oriente. Esso contiene una particolare riformulazione dell’antica dottrina del Tao – il Principio, la “Via” – in termini sia di metafisica, sia di presentazione di un ideale umano superiore (l’”Uomo Reale”). Si sa che la lingua cinese è ideografica, per cui già per questo i termini ammettono diverse interpretazioni. Ciò vale ancor di più nel testo di Lao-tze, dato il carattere ellittico e spesso “ermetico” delle sue massime. Qui riportiamo il testo, da noi tradotto, degli 81 capitoli ed il commento, del tutto personale, di alcuni di essi.


I - DELINEA IL TAO
Il Tao che può essere detto
non è l’eterno Tao,
il nome che può essere nominato
non è l’eterno nome.
Senza nome è il principio
del Cielo e della Terra,
quando ha nome è la madre
delle diecimila creature.
Perciò chi non ha mai desideri
ne contempla l’arcano,
chi sempre desidera
ne contempla il termine.
Quei due hanno la stessa estrazione
anche se diverso nome
ed insieme sono detti mistero,
mistero del mistero,
porta di tutti gli arcani.

II - NUTRIRE LA PERSONA
Sotto il cielo tutti
sanno che il bello è bello,
di qui il brutto,
sanno che il bene è bene,
di qui il male.
È così che
essere e non-essere si danno nascita fra loro,
facile e difficile si danno compimento fra loro,
lungo e corto si danno misura fra loro,
alto e basso si fanno dislivello fra loro,
tono e nota si danno armonia fra loro,
prima e dopo si fanno seguito fra loro.
Per questo il santo
permane nel mestiere del non agire
e attua l’insegnamento non detto.
Le diecimila creature sorgono
ed egli non le rifiuta
le fa vivere ma non le considera come sue,
opera ma nulla si aspetta.
Compiuta l’opera egli non rimane
e proprio perché non rimane
non gli vien tolto.

III - TENERE TRANQUILLO IL POPOLO
Non esaltare i più capaci
fa sì che il popolo non contenda,
non pregiare i beni che con difficoltà s’ottengono
fa sì che il popolo non diventi ladro,
non ostentare ciò che può desiderarsi
fa sì che il cuore del popolo non si turbi.
Per questo il governo del santo
svuota il cuore al popolo
e ne riempie il ventre,
ne infiacchisce il volere
e ne rafforza le ossa
sempre fa sì che non abbia scienza né brama
e che colui che sa non osi agire.
Poiché egli pratica il non agire
nulla v’è che non sia governato.

IV - QUEL CHE NON HA ORIGINE
Il Tao viene usato perché è vuoto
e non è mai pieno.
Quale abisso!
sembra il progenitore delle diecimila creature.
Smussa le sue punte,
districa i suoi nodi,
mitiga il suo splendore,
si rende simile alla sua polvere.
Quale profondità!
sembra che da sempre esista.
Non so di chi sia figlio,
pare anteriore all’Imperatore del Cielo.

V - L’USO DEL VUOTO
Il Cielo e la Terra non usano carità,
tengono le diecimila creature per cani di paglia.
Il santo non usa carità
tiene i cento cognomi per cani di paglia.
Lo spazio tra Cielo e Terra
come somiglia a un mantice!
Si vuota ma non si esaurisce,
si muove ed ancora più ne esce.
Parlar molto e scrutare razionalmente
vale meno che mantenersi vuoto.

VI - COMPLETA L’IMMAGINE
Lo spirito della valle non muore,
è la misteriosa femmina.
La porta della misteriosa femmina
è la scaturigine del Cielo e della Terra.
Perennemente ininterrotto come se esistesse
viene usato ma non si stanca.

VII - OCCULTARE LA LUCE
Il Cielo è perpetuo e la Terra perenne.
La ragione per cui
il Cielo può essere perpetuo e la Terra perenne
è che non vivono per sé stessi:
perciò possono vivere a lungo.
Per questo il santo
pospone la sua persona
e la sua persona viene premessa,
apparta la sua persona
e la sua persona perdura.
Non è perché è spoglio di interessi?
Per questo può realizzare il suo interesse.

VIII - TORNARE ALLE QUALITÀ NATURALI
Il sommo bene è come l’acqua:
l’acqua ben giova alle creature e non contende,
resta nel posto che gli uomini disdegnano.
Per questo è quasi simile al Tao.
Nel ristare si adatta al terreno,
nel volere s’adatta all’abisso,
nel donare s’adatta alla carità,
nel dire s’adatta alla sincerità,
nel correggere s’adatta all’ordine,
nel servire s’adatta alla capacità,
nel muoversi s’adatta alle stagioni.
Proprio perché non contende
non viene trovata in colpa.

IX - TENDERE ALL’INCOLORE
Chi colma ciò che possiede
meglio farebbe a desistere,
chi batte a fino ciò che è appuntito
non lo mantiene a lungo intatto.
Un palazzo colmo d’oro e di gemme
non si può conservare,
chi si fa arrogante perché ricco e nobile
procura da sé la sua rovina.
Ad opera compiuta ritrarsi
è la Via del Cielo.

X - SAPER AGIRE
Preserva l’Uno dimorando nelle due anime:
sei capace di non farle separare?
Pervieni all’estrema mollezza conservando il ch’ i :
sei capace d’essere un pargolo?
Purificato e mondo abbi visione del mistero:
sei capace d’esser senza pecca?
Governa il regno amando il popolo:
sei capace di non aver sapienza?
All’aprirsi e al chiudersi della porta del Cielo
sei capace d’esser femmina?
Luminoso e comprensivo penetra ovunque:
sei capace di non agire?
Fa vivere le creature e nutrile,
falle vivere e non tenerle come tue,
opera e non aspettarti nulla,
falle crescere e non governarle.
Questa è la misteriosa virtù.
 


Commenti

CAP I
Il Tao Te Ching, un testo così affascinante e spesso criptico, si apre con ovvie constatazioni, almeno per chi intuisce almeno un po’ della verità, ma subito dopo (qui al quinto passo) fa delle importanti distinzioni che fanno sorgere un dubbio importante: esse sono state fatte per rendere comprensibile a tutti il messaggio insito nel manoscritto oppure dimostrano una comprensione non ancora esaustiva del Principio? Infatti a parole divide il Principio dai suoi effetti o manifestazioni, mentre la realtà fondamentale è ben diversa, e parlare in questa maniera è chiaramente un esprimersi condizionato. Più avanti il testo si riscatta ricordando come sia diversa la sola denominazione, ma insiste poi a dimostrarsi imperfetto quando parla di mistero: fin che vi è mistero non vi è vera comprensione! Più tardi persiste per l’ennesima volta ad esprimersi in maniera discriminatoria evidenziando un dualismo fra Principio ed esseri particolari, ed ancora dice chiaramente che uno spirito libero da passioni percepisce l’essenza del Principio quando è chiaro che fra percepire e fare essi stessi parte di una data cosa vi è una grossa differenza: essere il Principio significa anche non percepirlo. Così il dubbio permane, non si scioglie con l’analisi del testo: abile espediente per far comprendere un po’ di saggezza anche ai profani o manifestazione di una realizzazione ancora imperfetta?

CAP II
Questo capitolo debutta con il fissare nelle menti il gioco degli opposti che domina il mondo del relativo, lo crea e ne è alla base, essendo un tutt’uno con esso; relativo che tuttavia imprigiona solo le menti che si muovano al suo interno. Viene così affermata l’indipendenza del saggio che stabilito nel Principio agisce senza un io particolare, senza quindi egoismo individuale e per questo libero ed architetto d’azioni di natura assoluta (Come del resto sono tutte le azioni, dipende esclusivamente da come queste sono concepite). Ancora una volta viene qui stabilita a parole una dualità nel discorso che probabilmente è un espediente per farsi comprendere, ma che non ci si aspetterebbe da un testo così ispirato.

CAP III
Anche qui il gioco degli opposti permea tutto il discorso, accrescendo qualcosa si cade nel suo contrario e/o nel disordine, agendo senza un io particolare che possa essere coinvolto dal mondo, tutto acquista la purezza e la libertà originarie. E’ evidente che qui si parla di un mondo ben lontano dal nostro, basta accendere la televisione per rendersi conto del male insito in tanti messaggi che vengono oggi propinati, e per di più del fatto che sembra lecito darsi da fare in ogni modo per procurarsi quel che viene propagandato; anzi, pare che chi non si comporti in tale modo sia da additare come sciocco.

CAP IV
Dire che il Tao non è materiale potrebbe anche andare bene, ma perché poi dire che è attività?! Tanto vale dire che Esso è anche materiale: dal punto di vista assoluto non è errato asserire sia l’una che l’altra delle preposizioni. Anche qui viene fatto notare che ogni cosa, raggiunto il suo apice, viene permeata dal suo opposto.

CAP VII
Si esalta la non personalizzazione del Tao, anche il saggio perciò spogliandosi dell’ego trova la verità e si unisce a tutte le cose.

CAP VIII
Il passo inizia con una efficace metafora che successivamente sviluppa nei vari casi della vita per far capire come sia distante la verità dal modo d’agire degli esseri umani che pur vi sono immersi. Proprio allontanandosi dai contrasti l’Uomo Reale trova la sua realizzazione e la pace interiore. Interessante il risalto messo sull’uso dell’accortezza, la quale ha sempre dominato la mente cinese che è sempre stata assai pratica, anche nella sua filosofia, e non si può certo dargli torto.

CAP IX
La legge dell’impermanenza fa sì che nulla perduri e che ogni cosa tramuti alla fine nella sua mancanza, una qualsiasi fortuna non può essere mantenuta per sempre, specie se vissuta con duro egoismo; agire senza orgoglio e senza pensiero di sé, non attaccarsi a ciò che si crea, è la natura della saggezza dell’uomo del Tao.

CAP X
Il testo inizia con delle istruzioni riguardo la pratica taoista, si noti come queste siano simili a molte altre presenti in altre pratiche esoteriche: non solo al primo rigo si parla dell’unione degli opposti come già nell’alchimia occidentale (i nomi sono solo un mascheramento per la verità), la strofa successiva offre istruzioni sulla respirazione e più avanti, proprio come in molti detti buddisti, si indica la pulitura della mente attraverso la non discriminazione. Successivamente si torna sul tema del non agire come agire non personalizzato, e per il quale chi lo pratica è destinato ad avere successo o ad essere, nel caso la sorte gli sia avversa, indifferente al fallimento.


Referenze e fonti
- Duyvendak J. J. L. : Tao tê Ching. Il libro della via e della virtù. Con testo cinese a fronte, Ed. Adelphi, Milano, 1994.
- Evola J.: Tao Te Ching. Il libro del principio e della sua azione, Ed. Mediterranee, Roma, 1992.
- Lao-tzu: Tao Te Ching, Ed. Armenia, Milano, 2002.
- Lao-tzu: Tao Te Ching, Ed. Mondatori, Milano, 2001.
- Macuso G.: Lao Tzu. Il Libro del Tao. Tao Te Ching, Ed. Newton & Compton, Roma, 1999.

 


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