Lao Tzu: il vecchio bambino
“Un palazzo colmo
d’oro e di gemme
non si può conservare,
chi si fa arrogante perchè ricco e nobile
procura da sé la sua rovina.
Ad opera compiuta ritrarsi
è la Via del Cielo”
Lao Tzu, Tao Te King, Cap. IX
La tradizione ci dice che Lao tzu (o Lao tze o Lao zi) - che è in realtà un
soprannome che vuol dire "vecchio maestro" -, si chiamava Chung-erh o Po-yang o
anche Lao tan. Visse nel VI secolo a.C. ed era di qualche anno più vecchio di
Confucio. Nacque nel villaggio di Ch’u-jen, nel territorio dell’odierno Honan
(Cina orientale, a sud di Pechino). Fu storiografo negli archivi imperiali. Si
dice che Confucio si sarebbe incontrato con lui e sarebbe stato colpito dalla
sua saggezza. Lao tzu abbandonò il suo incarico quando la corte cominciò a dare
segni di decadenza e se ne andò verso l’ovest. Arrivato al passo di Han-ku, il
guardiano Yin Hsi gli chiese di scrivere un libro per lui e Lao tzu espose
allora le sue dottrine nel Tao Te ching. Poi partì e non se ne seppe più nulla.
L’opera di Lao Tzu è divisa in due parti, la prima sul Tao e la seconda sul
Te. In seguito fu suddivisa nel numero mistico di 81 capitoletti, e il nome di
Tao Te ching fu dato, sembra, da uno dei suoi commentatori, Ho-shang Kung.
L’opera ci è anche giunta in un’altra redazione, non molto diversa dalla prima,
curata da Wang Pi. Il libro si apre con una descrizione del Tao. La parola
significa propriamente via e quindi anche modo di condursi, sistema. Il Tao è
una astrazione metafisica che indica la legge universale della natura, lo
spontaneo modo di essere e di comportarsi dell’universo. In questo senso è
indicibile, ineffabile, indeterminato. Essendo il principio primo e assoluto, è
privo di caratteristiche, giacché è la stessa fonte di tutte le caratteristiche;
non è però il nulla, dato che è l’origine di ogni cosa. Esso è prima di tutte le
cose, dà loro l’esistenza. "Il Tao che può essere detto non è l’eterno Tao,
il nome che può essere nominato non è l’eterno nome" (In cinese suona più o
meno così: Tao ke Tao fei chang Tao; ming ke ming, fei chang ming: cfr. Tao Te
Ching, 1). In altri termini, il Tao è oltre ogni denominazione, visto che la
fonte da cui tutto deriva non può essere nominata, costituendo l’origine dei
nomi e di ogni descrizione possibile. Tao è quindi un non-nome; indica,
piuttosto, ciò che consente alle cose di essere quello che sono; è ciò che dà
loro l’esistenza (come se si dicesse: il questo da cui derivano l’essere e il
non essere).
Sebbene non si possa dire ciò che il Tao è, ma si possa soltanto accennarlo,
lo si può in un certo modo comprendere considerando il suo "funzionamento", le
sue manifestazioni. Il Tao si manifesta nell’ universo,
nella natura, dato che ciò che le cose individuale possiedono del Tao è il Te.
La parola Te, tradotta il genere con virtù, non ha un significato strettamente
morale bensì quello di vigore, potenza, facoltà, efficacia. È in pratica la
manifestazione del Tao, come già accennato. Il Tao, in quanto origine, fonte,
sorgente, dà l’esistenza alle cose, mentre il Te dà loro diversità. Tutte le
cose esistono nel Tao e il Tao è presente in tutte le cose. Finché le cose
avvengono naturalmente, tutto è armonico e nulla turba l’equilibrio cosmico.
L’uomo, se vuole vivere felice, deve seguire il Tao senza ostacolarlo. In questo
senso, egli non deve agire, nel senso che non deve modificare l’armonia
dell’universo. Se lo fa, allora non è più in accordo col Tao.
Il principio della inazione (wu wei) non indica quindi il rimanere
ozioso, senza far nulla, ma è piuttosto basato sul riconoscimento che l’uomo non
è la misura e la sorgente di tutte le cose, ma lo è soltanto il Tao. La vita è
vissuta bene solo quando l’uomo è in completa armonia con tutto l’universo e la
sua azione è l’azione dell’universo che fluisce attraverso di lui. Il bene non
viene compiuto dall’azione spinta dai desideri, ma dalla in-azione (wu wei) che
è ispirata alla semplicità del Tao. "Il Tao in eterno non agisce eppure non
c’è nulla che non sia fatto. Se chi governa si attenesse ai suoi principi, gli
esseri si svilupperebbero da soli. Se durante questo sviluppo crescesse il
desiderio, basterà risvegliare in essi l’originaria semplicità di quello che non
ha nome. La semplicità del senza-nome genera l’assenza del desiderio; l’assenza
del desiderio genera la serenità, così l’impero si consolida da solo" (TTC,
37).
Il problema riguarda dunque il modo in cui si dovrebbe agire. La risposta è
che si dovrebbe agire adottando la semplice via del Tao, non imponendo i proprio
desideri al mondo ma seguendo la natura stessa. L’uomo deve conoscere le leggi
che regolano i mutamenti delle cose per confermarsi ad esse; conoscendo tali
leggi, l’uomo si renderà conto che è vano perseguire un fine diverso, poiché
ogni cosa segue il proprio sviluppo, la propria intima legge. L’uomo deve
liberarsi da ogni pensiero, passione, interesse, desiderio particolare per
ritornare alla semplicità di quando era bambino; egli deve fare solo ciò che è
necessario e naturale. Vivere semplicemente vuol dire vivere una vita in cui è
ignorato il profitto, lasciata da parte la scaltrezza, minimizzato l’egoismo,
ridotti i desideri. Non bisogna cioè agire con artifici e deformazioni ma
lasciare che le cose si compiano in modo spontaneo e naturale. Anche in ambito
sociale, le istituzioni sono giuste quando si permette loro di essere ciò che
sono naturalmente; anche la società deve essere in armonia con l’universo. Se il
legislatore si attenesse alle norme del Tao, il governo procederebbe in modo
spontaneo e naturale. E non ci sarebbe bisogno di leggi severe e di guerre.
Quando si governa un paese, si dovrebbe badare a non opprimere troppo la
gente, portandola a ribellarsi. Quando invece le persone sono soddisfatte non ci
sono guerre e ribellioni. Perciò la semplice norma del governare consiste nel
dare al popolo ciò che vuole, e nel rendere il governo conforme alla volontà del
popolo, piuttosto che tentare di rendere il popolo conforme alla volontà di chi
governa. Il lavoro di chi governa è quello di lasciare che il Tao operi
liberamente, invece di tentare di opporsi alla sua funzione e di cambiarla.
Così, chi vuole governare con l’aiuto del Tao, è avvisato di non fare uso di
forza o violenza, poiché ciò finisce per determinare un rovesciamento. "Colui
che assiste il principe col Tao non fortifica l’impero con le armi…tutto ciò che
è contrario al Tao non può durare". Quando chi governa conosce il Tao e il
suo Te, da in che modo deve starsene al di fuori della vita del popolo e
servirlo senza intromettersi. Così Lao Tzu dice che le persone "sono
difficili da governare poiché chi governa agisce troppo". "Più leggi e
divieti ci sono nel mondo, più povero sarà il popolo… più si emanano leggi e
decreti, più ci saranno ladri e predoni" (TTC, 57). Eliminando i desideri e
lasciando che il Tao entri e ci pervada, la vita supererà le distinzioni tra
buono e cattivo. Ogni attività verrà dal Tao, e l’uomo diventerà uno col mondo.
Questa è la soluzione di Lao Tzu al problema della felicità. È una soluzione che
dipende soprattutto dal raggiungimento dell’unità col grande principio immanente
della realtà, ed è perciò, in questo senso, una soluzione mistica.
Nei secoli a cavallo dell’era volgare, i seguaci del Taoismo si dedicarono
soprattutto alla speculazione metafisica e in particolare sul problema della
morte e della immortalità. È indubbio che, mentre Zhuang Zi concepì le proprie
teorie esclusivamente a uso privato, Lao Zi presentò esplicitamente le proprie
come l’esposizione di un manuale di governo. Non a
caso
la tradizione sostiene che Lao zi fu il maestro di Confucio, fatto storicamente
non provato ma che ci dice l’intenzione pubblica e di governo di Lao Zi.
Ma esistono grandi differenze fra l’idea di Lao Zi e quello di Confucio.
Mentre il confucianesimo esortava l’individuo a conformarsi alle norme
tradizionali della "Via degli antichi re", il taoismo asseriva che l’individuo
dovrebbe ignorare le imposizioni della società e cercare unicamente di
conformarsi al disegno della natura, il Tao o Dao (la "via", il "cammino", il
"principio"), che non è definibile a parole né concepibile con il pensiero. Va
aggiunto che secondo accurati studiosi Lao Zi e Zhuang Zi si siano serviti del
termine Tao solo per designare, in generale, le capacità dell’individuo
perfettamente libero, mentre nel prosieguo del taoismo esso divenne come una
sorta di potere magico, capace di trascendere qualunque contraddizione tra gli
aspetti del mondo, persino quella tra la vita e la morte. Appare quindi evidente
che furono proprio gli epigoni di Lao Zi i primi a tradirne o falsificarne lo
spirito ed il pensiero. Ancora per fare un altro esempio la scuola
filosofico-politica dei legisti, fiorita al tempo degli stati combattenti, il
cui massimo esponente fu Han Fei, sostenendo di rifarsi al Tao Te King,
raccomandò al sovrano di riempire il ventre dei sudditi, ma di vuotare la loro
mente, in modo tale che essi non potessero desiderare alcunché.
Ciò che si può affermare con certezza ancora oggi è che, dopo gli studi della
filosofia del linguaggio, delle correnti antirazionaliste, dello strutturalismo,
della decostruzione e di molti altri orientamenti del pensiero moderno, il Tao
Te King ed il suo A. sono ancora avvolti nel più fitto mistero. A tal proposito
ci piace chiudere con una osservazione di Lou Marinoff , secondo cui il testo di
Lao Zi anziché offrire superficiali suggerimenti da New Age o proposte
pseudomediche a orientamento patologico, offre sapienza convalidata dal tempo,
specificamente intesa ad aiutarti a vivere realizzandoci con integrità, in un
mondo dalle sfide sempre impellenti. In fondo “il vecchio bambino”, al pari di
Platone, ci scrive, in modo intuitivo e poetico, che l’oggetto supremo della
conoscenza è la natura essenziale del Bene, dal quale tutto ciò che è buono e
giusto deriva per noi il suo valore.
A cura di: Carlo Di Stanislao, Rosa Brotzu, Dante De
Berardinis, Maurizio Corradin
Per approfondire
- Cleary T.: Il Libro degli insegnamenti di Lao-Tzu, Ed. Mondatori, Milano,
1993.
- Guénon R.: Scritti sull’esoterismo islamico e il taoismo, Ed. Adelphi, Milano,
1993.
- Osho: Tao. Discorsi dul Tao-Te-Ching di Lao Tzu, voll I-II, Ed. Mediterranee,
Roma, 1992.
- Palmer M.: Il taoismo. Conoscenza e immortalità, Ed. Xenia, Milano, 1993.
- Robinet I.: Lao Zi e il tao, Ed. Borla, Milano, 2000.
- Robinet I.: Storia del taoismo. Dalle origini al XIV secolo, ed. Astrolabio,
Roma, 1993.
- Sullivan Lawrence E.: Il cosmo e la saggezza nel taoismo, ed. Xenia, Milano,
2001.
- Tagliaferri A.: Il Taoismo, Ed. Newton & Compton, Roma, 1995.
- Tzu L.: Tao Te King, Ed. Laterza, Bari, 1982.
- Tzu L.: Tao Te King. Il libro della via e della virtù. Testo cinese a fronte,
Ed. Jaca Book, Milano, 1993.
- Wieger L.: Le opere dei padri del taoismo, Ed. Mondatori, Milano, 2001.
Indirizzo per chiarimenti
Carlo Di Stanislao
E-mail: amsaaq@tin.it
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