|   Menopausa deriva dalla parola greca pauein, che significa terminare, 
proprio ad indicare la fine della funzione riproduttiva e, in alcuni casi, 
purtroppo anche la fine del buonumore. Con lultima mestruazione (che, per 
definizione, segna il principio della menopausa) la donna, infatti, avverte 
numerosi cambiamenti fisici e psicologici che possono minacciare la sua 
stabilità emotiva aumentando il rischio di depressione.    Tra le alterazioni fisiche, quella di 
maggior incidenza sullumore è sicuramente il calo del livello di estrogeni (gli 
ormoni femminili necessari per la maturazione delluovo), dando luogo al “climaterio”, 
cioè la modificazione del “clima” ormonale e, quindi, ad una serie di sintomi 
fisici e psichici variabili da donna a donna secondo letà, le modalità di 
insorgenza, la vita sociale, ecc. In particolare, è stato dimostrato che il 
deficit estrogenico è in grado di ridurre i livelli di triptofano: il 
precursore della serotonina, neuro-trasmettitore che interferisce positivamente 
sul tono dellumore. Inoltre, il calo di estrogeni provoca la riduzione di 
altri neurotrasmettitori ad azione centrale, come i peptidi oppioidi, 
anchessi responsabili di un calo di umore. Tutto questo può dare origine alla 
sintomatologia psichica della donna in post-menopausa, provocando ansia, 
facile irritabilità, timore di affrontare il futuro, senso di stanchezza, 
insonnia e, infine, depressione.    Oltre alle cause ormonali, però, 
esistono anche dei fattori sociali che, con lavanzare delletà, possono 
indurre al “malumore”: i figli diventano grandi e indipendenti, escono di casa, 
si sposano, nascono i primi nipotini, i genitori ormai vecchi muoiono, ecc. 
Linterazione di entrambi i mutamenti (fisici e psicologici) rendono, quindi, la 
menopausa e il post-menopausa un periodo della vita difficile da affrontare[1].
   Va qui precisato cosa debba 
intendersi per climaterio e per sindrome climaterica. Il climaterio femminile 
rappresenta il lento e graduale esaurirsi dellattività riproduttiva. Si 
distinguono un climaterio pre- e postmenopausale. La causa viene identificata 
nell’ esaurirsi del patrimonio follicolare ovarico.Il climaterio premenopausale è caratterizzato frequentemente da disordini 
funzionali ovarici (cicli anovulatori, fasi luteali brevi, insufficienza del 
corpo luteo), con iperestrogenismo assoluto o relativo e conseguente patologia 
endometriale, prevalentemente iperplastica.
 L’obesità ed una corticale ovarica spessa determinano, nella postmenopausa, un 
iperestrogenismo per laccentuato metabolismo adipocitico degli androgeni 
ovarici.
   Il termine climaterio deriva dalla 
parola greca klimakter (gradino; klimax scala) e sta ad indicare 
il lento e graduale esaurirsi dellattività riproduttiva della donna. Purtroppo, 
questo termine viene usato raramente ed è erroneamente sostituito da quello di 
menopausa (dal greco menopausis: cessazione del flusso mestruale), con 
cui invece si indica lultima mestruazione. Ciò genera una gran confusione alla 
quale concorrono anche Società Scientifiche nazionali ed internazionali che 
usano, impropriamente, il termine "menopausa" invece che quello di "climaterio". 
Proprio al I Congresso Internazionale sulla Menopausa, il climaterio è stato 
definito come "quella fase della vita che segna il passaggio tra letà 
riproduttiva e quella non riproduttiva". Come conseguenza di questa impropria denominazione, si è coniato il termine di 
andropausa, come sinonimo maschile di menopausa, senza considerare il 
significato etimologico della parola andropausa (dal greco andros-pausis: 
cessazione delluomo).
 Il termine climaterio invece può essere utilizzato per ambedue i sessi, nel 
sopradetto significato di involuzione graduale delle attività riproduttive. 
Daltra parte, la Società Internazionale della Menopausa ha, come compito 
istituzionale, lo studio del climaterio maschile e femminile. Ancora più 
incredibile è la terminologia usata dagli Autori anglosassoni: Varin e Bachelot, 
dividono in 3 le tappe della menopausa[2]:
 a) premenopausa: dalla pubertà (sic!) alla perimenopausa;
 b) perimenopausa: dallinizio delle irregolarità mestruali ad un anno dopo la 
menopausa;
 c) postmenopausa: dalla amenorrea definitiva in poi, senza limite.
 Purtroppo ancora vi è molta confusione. Non si vuol dar retta a Giustiniano: "Nomina 
sunt conseguentia rerum".
   Critodemo, astrologo del periodo 
ellenistico (II sec. a.C.), nellopera "Orasis" (Visione), espone una teoria 
secondo la quale, nella vita umana, si alternano fasi, dette climateriche, che 
si realizzano ad intervalli di 7 anni e che sono caratterizzate da brusche 
variazioni biologiche. Possiamo distinguere un climaterio premenopausale ed uno 
postmenopausale.Il climaterio premenopausale ha inizio intorno ai 40 anni ed è 
caratterizzato frequentemente da periodi di amenorrea, alternati a 
menometrorragie, dovuti a cicli anovulari, a fasi luteali brevi, ad 
insufficienza del corpo luteo. Può durare da 1 a 10 anni e finisce al 
momento dellultimo flusso mestruale che, nei Paesi sviluppati, si colloca 
intorno al cinquantesimo anno di età. Il dosaggio delle gonadotropine, che 
aumentano dopo la menopausa, ci consente di porre facilmente diagnosi 
differenziale con le amenorree transitorie del climaterio premenopausale.
 Ovviamente, il momento della menopausa si può determinare solo con metodo 
retroattivo. Molto più difficile è stabilirne un limite temporale finale, che, 
da alcuni, è stato fissato alletà di 65 anni.
   A parte deve essere considerata la 
menopausa che si instaura prima dei 40 anni (0,9%), che viene definita precoce e 
di cui spesso letiologia sfugge. Di recente, in molti di questi soggetti, è 
stato dimostrato un mosaicismo X0, con ovale piccole. In ovaie di forma e 
dimensioni normali, alla biopsia si osserva una spiccata povertà follicolare. 
Ciò può essere dovuto o ad un congenito scarso patrimonio follicolare o ad una 
distruzione ad etiologia virale (parotite). A volte, possono essere chiamate in 
causa resezioni ovariche che, eseguite come trattamento di lesioni ovariche 
benigne, depauperano sensibilmente il patrimonio ovulare.  Rari sono i casi di menopausa precoce 
dipendente da ovaio resistente su base autoimmune.    Vi è poi il climaterio 
postmenopausale chirurgico, chimico, attinico. Si è discusso a lungo su quali 
possano essere le cause prime che determinano il climaterio e quindi la 
menopausa e, a tale proposito, sono state formulate varie ipotesi. Per alcuni il 
primum movens della sindrome climaterica è da identificare con lipotalamo, 
analogamente a quanto accade per la pubertà. La maturazione ipotalamica, 
infatti, determina la pubertà così come non ben definite alterazioni 
ipotalamiche dovrebbero essere responsabili del climaterio e della menopausa. 
Una delle cause sarebbe da ricercare in una diminuita sensibilità dellasse 
ipotalamo-ipofisario allazione dellinibina, con conseguente liberazione 
incontrollata della secrezione gonadotropinica.    La maggior parte degli studiosi, 
suffragati dai dati morfologici, convengono che è lesaurirsi progressivo del 
patrimonio ovulare la vera causa dellistituirsi della sindrome climaterica.  La donna, al contrario delluomo, ha 
un patrimonio ovulare che si concretizza alla nascita, con una notevole 
variabilità fra i vari soggetti. Una spiccata riduzione dei follicoli è 
sufficiente perché si determinino alterazioni autocrine e paracrine con 
diminuzione di un fattore ovarico inibino-simile, ipersecrezione di FSH e LH e 
conseguente insensibilità dei residui follicoli primordiali alla stimolazione 
gonadotropinica.    Il climaterio premenopausale presenta 
almeno due quadri clinici ben definiti. Il primo nel quale lazione 
gonadotropinica cronicamente elevata causa la maturazione di numerosi follicoli 
senza che avvenga la deiscenza, con conseguente formazione di cisti follicolari 
e produzione di una quantità elevata di estrogeni, non controbilanciata da 
unadeguata produzione progestinica (cicli anovulatori), e quindi comparsa di 
menometrorragie sottese da patologie endometriali (iperplasia ghiandolare 
semplice, polipoide e adenomatosa, sino alladenocarcinoma). In questo periodo 
inoltre liperestrogenismo, assoluto o relativo, favorisce laccrescimento dei 
fibromiomi uterini. Anche la mammella risponde a questo iperestrogenismo con 
patologie che variano dalla mastopatia fibroso-cistica al carcinoma.  Nel secondo quadro clinico 
riscontriamo, invece, un rapido passaggio alla menopausa, senza alcuna 
particolare sintomatologia emorragica. Già abbiamo detto come sia difficile 
definire nel tempo il climaterio postmenopausale. Alcuni ne limitano la durata 
ad un anno dallultima mestruazione, altri a 6 mesi ed altri ancora, ne 
prolungano la durata sino alletà di 65 anni. Si tratta comunque di 
delimitazioni arbitrarie.    Il quadro clinico della postmenopausa, 
riguardo lapparato genitale, è rappresentato da unatrofia che colpisce 
specialmente vulva e vagina. In particolare, è lepitelio vaginale a risentire 
maggiormente di questa situazione. Esso è costituito da poche assise cellulari 
che, sfaldandosi, lasciano a nudo il derma sottostante; ne consegue una 
frequente flogosi: la cosiddetta vaginite distrofica. In alcuni casi, peraltro, 
tali lesioni regressive sono meno spiccate o, addirittura, assenti. Lutero 
riacquista i rapporti che aveva prima della pubertà, con prevalenza del collo 
sul corpo. Per quanto riguarda lendometrio, si osservano più frequentemente 
quadri di atrofia semplice o cistica, ma possono presentarsi quadri di 
iperplasia ghiandolare di gravità variabile sino alladenocarcinoma. La grande 
prevalenza delladenocarcinoma dellendometrio in postmenopausa, ci ha indotto, 
da molti anni, ad indagare sui rapporti ovaro-endometriali di questo periodo 
della vita della donna. Le ovaie, dopo la menopausa, non sempre perdono 
completamente la loro funzione steroidogenetica, ma, con una certa frequenza, la 
corticale continua a produrre androstenedione (A) e deidroepiandrosterone (DHEAS). 
Alcuni Autori (Bremond 1982), nei casi di adenocarcinoma dellendometrio, hanno 
trovato, nel sangue prelevato dalle vene emulgenti ovariche, concentrazioni di A 
e DHEAS fino a 3,5 volte superiori a quelle del sangue periferico degli stessi 
soggetti. Questi dati sono in contrasto con laffermazione che gli androgeni 
postmenopausali siano di origine esclusivamente surrenalica. Daltra parte non 
si riscontrano adenocarcinomi dellendometrio tipici in soggetti castrati, né, 
di tali casi, abbiamo trovato riferimenti in letteratura[3]. Un altro fattore 
che interferisce in modo evidente con la condizione del climaterio 
postmenopausale è lobesità[4].    Numerose ricerche anche molto ben 
strutturate dimostrano che varie Medicine Naturali, e soprattutto 
fitoterapia, agopuntura e omeopatia, possono essere utili nella sindrome 
climaterica[5]. L’agopuntura è molto attiva su vampate di calore, depressione 
e insonnia[6]. La tipica manifestazione della menopausa è la vampata di 
calore, che consiste in una sensazione improvvisa e imprevedibile d’intenso 
calore al viso, al collo e al petto; di solito dura pochi minuti, ma può 
ripetersi più volte nel corso della stessa giornata. Spesso le vampate sono 
accompagnate da episodi di sudorazione e talvolta di palpitazione e mal di 
testa. Vampate e sudorazioni, soprattutto notturne, portano spesso allinsonnia. 
La menopausa provoca modificazioni a carico delluretra (condotto che porta 
lurina dalla vescica allesterno) e della vescica, che possono causare un 
aumento dello stimolo e della frequenza a urinare, perdite involontarie di urina 
(incontinenza), infezioni vescicali (cistiti). Anche la vagina subisce 
modificazioni della sua struttura: si assottiglia e si disidrata provocando 
prurito e maggiore frequenza di infezioni vaginali (vaginiti). Inoltre è più 
facile che compaia dolore durante i rapporti sessuali: sia per la perdita di 
elasticità delle pareti vaginali, sia per la mancata lubrificazione della vagina 
stessa. Anche in questi casi l’agopuntura si rivela molto significativa ed 
efficace[7].    In fitoterapia molto validi 
sono gli isoflavoni della soia. Gli isoflavoni di soia sono sostanze 
estratte dalle proteine della soia, essi presentano una struttura simile agli 
estrogeni e ne mimano anche le azioni fisiologiche. Lo studio di queste 
sostanze, e la loro applicazione terapeutica è stato indotto dall’osservazione 
che le donne asiatiche hanno minori problemi legati alla menopausa. Studiando le 
differenze dei regimi alimentari delle donne asiatiche con le occidentali si è 
concluso che nelle donne orientali e in special modo nelle giapponesi, 
un’alimentazione più ricca di soia, determina un adattamento migliore allo 
squilibrio ormonale che si crea con la menopausa. Studi comparativi hanno 
dimostrato che con circa tre mesi di terapia con isoflavoni, si hanno 
notevoli miglioramenti della sintomatologia, mentre i primi benefici iniziano a 
manifestarsi dopo un mese. I dosaggi raccomandati variano tra 60 e 80 mg al 
giorno, tale quantità può essere assunta anche in dosi frazionate. La quantità 
giornaliera di isoflavoni da assumere può essere sostituita con una integrazione 
alimentare di circa 60 g di soia o 40 g di proteine di soia. Gli isofalvoni di 
soia non provocano aumenti ponderali[8]. Gli studi epidemiologici su popolazioni 
enormi, quali la cinese e la giapponese, che consumano alte dosi di 
fitoestrogeni, grazie alla loro alimentazione ricca di soia (circa sessanta g. 
al giorno) hanno dimostrato una marcata riduzione del rischio di malattie 
cardiovascolari, di osteoporosi e di cancro, rispetto alle popolazioni 
occidentali che hanno invece una alimentazione “negativa” per la salute, perché 
troppo ricca di grassi animali e proteine. Anche il Trifolum pratense, comunque, 
è molto ricco di isoflavoni ed efficace nella sindrome climaterica.  Molte altre piante sono utili con 
diversi meccanismi d’azione nei disturbi menopausali: achillea, agnocasto, 
assenzio, capsella, biancospino, salvia, ecc[9].    Nella letteratura omeopatica vengono 
citati diversi rimedi per attenuare i sintomi della menopausa[10], come 
ad esempio Lachesis, Amylenum nitrosum, Sepia, Pulsatilla, Graphites, 
Helonias, Glonoium, Actea racemosa, Sulphur per i sintomi vasomotori, come 
le vampate di calore, le sudorazioni, le palpitazioni, le cefalee, 
l’ipertensione. Medicamenti omeopatici adeguati sono a volte di grande utilità 
nel trattamento e nella prevenzione dell’alterazione metabolica più temuta: 
l’osteoporosi. Rimedi come il Sulphur, la Calcarea carbonica, la Staphysagria, 
il Mercurius, la Silicea, associati ad un’adeguata vita igienica, hanno più 
volte modificato sensibilmente la prospettiva evolutiva del disturbo, con la 
riprova dei mezzi di laboratorio allopatici[11].    Per concludere, inseriamo dei 
consigli tratti da un testo francese del 1855, scritto da un grande medico 
contemporaneo di Hahnemann, il dottor G.H.G. Jahr, e intitolato "Trattamento 
omeopatico delle patologie femminili e dei neonati", in cui con molta saggezza 
si insegna alle donne come comportarsi in questo periodo della vita, senza 
ricorrere a farmaci e secondo criteri validi ancor oggi[12]. "...Se non 
interviene nessuna complicanza importante, non dovremmo prescrivere rimedi per i 
piccoli disturbi dell’età critica. E’ più importante una dieta semplice e 
appropriata, che dovrebbe consistere in cibi semplici e nutrienti, evitando 
quelli stimolanti e focosi. Caffé, tè, spezie forti non sono mai tanto dannosi 
come in questo periodo. Una vita sedentaria o un esercizio fisico eccessivo sono 
comunque dannosi... Ogni giorno la paziente dovrebbe fare esercizio fisico 
moderato all’aria aperta. Si dovrebbe evitare il tempo troppo freddo e ventoso, 
così come gli appartamenti sovrariscaldati. Il vestiario deve essere adeguato al 
tempo e alla stagione...".    Voglio infine soffermarmi su alcuni 
rimedi offerti dalla Medicina Cinese sull’aging cutanea menopausale. La 
cute rappresenta lorgano spia dellinvecchiamento corporeo, anche perché essa è 
continuamente sotto i nostri occhi. Linvecchiamento della pelle dipende 
dalletà, dal tipo di pelle, dal tempo di esposizione ai raggi solari e da 
fattori ormonali[13]. Solo il 30% delle donne in menopausa richiede un 
intervento medico per disturbi generali[14]. Il 40-60%, invece, richiede un 
intervento dermocosmetologico[15]. La cute menopausale è una cute con aging 
intrinseco il cui invecchiamento è accentuato dalla caduta ormonale. I 
principali fenomeni della cutanei della menopausa riguardano la perdita di 
collagene (il 30% in 5 anni dalla cessazione delle mestruazioni), le 
irregolarità nella sintesi di melanina, la perdita di proteoglicani e 
glicoproteine di struttura, la riduzione del fattore naturale di 
idratazione[16]. Contro l’invecch iamento 
in generale, i cinesi di cinquemila anni fa mangiavano testicoli di belve, con 
le stesse intenzioni con cui i loro discendenti di oggi mangiano la pinna 
dorsale di pescecane e la polvere di corno di rinoceronte[17]. Non vi sono 
evidenze scientifiche circa l’azione anti-età della polvere di corno di 
rinoceronte, mentre ve ne sono sulla cartilagine di squalo. Essa è ricca di 
glicosaminglicani ed aumenta la sintesi di fibre elastiche; contiene proteine e 
peptidi immunomodulanti ed è utile in caso di cute sottile, irritabile, soggetta 
a sensibilizzazione[18]. (Foto 1) 
 E’ da alcuni anni nota l’azione anti-aging dei fistoestrogeni della soia, 
alimento ampiamente consumato in Cina, Giappone ed in tutto 
l’Estremo-Oriente[19]. Essi agiscono con meccanismi sia ormonali che 
non-ormonali. Si legano ai recettori degli estrogeni innescando tutti i processi 
cellulari regolati, nello specifico. da questi ormoni.
   Circa le azioni non-ormonali va detto 
che:- Inibiscono la differenziazione e la proliferazione di cellule maligne.
 - Impediscono la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi) requisito 
essenziale perché un tumore possa crescere.
 - Hanno (isofavoni in testa) anche una attività antiossidante (riducono i 
radicali liberi), una attività antinfiammatoria e antipertensiva.
 
 L’azione antiaging si deve, 
principalmente, all’efficacia antiossidativa, che protegge le cellule dai danni 
di specie reattive dell’ossigeno[20]. Tuttavia,a tuttoggi non esistono 
formulazioni topiche capaci di veicolare i fitoestrogeni attraverso lo strato 
corneo e, pertanto, è necessario assumerli per via orale[21]. La dose 
consigliata è di 100-200 mg/die per periodi di tre mesi[22].    Molti alimenti, oltre alla soia, 
forniscono buone quantità alimentari di fitoestrogeni (riso, mais, grano, 
olio d’oliva, crucifere, mele, ciliegie, frutti di bosco, crusca, luppolo, semi 
di sesamo, germogli, fagioli, cavolini di Bruxelles, trifoglio, semi di girasole) 
che, pertanto, dovranno essere presenti nella dieta di donne con aging 
menopausale[23]. Va qui ricordato che l’assorbimento dei fitoestrogeni varia 
molto da soggetto a soggetto e, anche in una stessa persona. Dal 10% al 30% sono 
eliminati per via renale, pochissimi dall’intestino. Lassorbimento corretto 
dipende dalla sana flora batterica intestinale[24][25].    
 Molte 
piante della tradizione erboristica cinese, per via topica, hanno dimostrato un 
ruolo efficace sulla cute menopausale. La ricerca attuale si è concentrata 
sull’impiego topico di estratti dai semi di Butyrospermum partii, 
contente una miscela di sostanze oleose con attività emolliente, restituiva ed 
antiflogistica[26]. Hanno inoltre dimostrato un evidente ruolo cosmetologico 
il Gingko biloba, la Salvia melthiorriza e lo Zanthoxyllum alatum, dotati di 
azione antiradicalica e di normalizzazionre del microcircolo[27]. Efficace sulla 
sintesi di collagene e, pertanto, sull’attività fibroblastica è il Panax 
Ginseng (Foto 2), che, tuttavia, per usi protratti, può svolgere azione 
ipertensivante e favorire sanguinamenti[28][29][30]. Anche per via topica il 
principio deve essere evitato in donne affette da ipertensione grave (con valori 
sistolici maggiori di 180 mmHg), o portatrici di ulcera duodenale e che 
lamentano insonnia tenace. Descritte anche, per uso topico, condizioni di 
ipercorticismo con bassi livelli di ACTH, cefalea e cardiopalmo[31]. 
 Un principio estratto dalla madreperla, definito Cytonacre SP, si è 
rivelato dotato di azione estrogeno-simile a livello cutaneo. Il Cytonacre SP è 
un composto ricco in cristalli di aragonite che contengono elementi analoghi 
alle citochine che favoriscono il ricambio cellulare cutaneo. L’impiego di un 
topico allo 0,5% di Cytonacre determina, su donne in menopausa, azioni più 
vistose di preparati topici vitaminici ed antiradicalici e patch a base di 
estrogeni, senza gli effetti collaterali descritti per assorbimento 
sistemico[32].
   Vari altri aspetti della MTC (agopuntura, 
massaggio, Qi Gong) sono in grado, secondo la tradizione orientale, di 
migliore le espressioni cutanee menopausali ed involutive. A parte alcune 
esperienze in agopuntura, la maggior parte degli studi, soprattutto cinesi, 
riguarda il Qi Gong che, in corso di aging menopausale, induce riduzione dei 
radicali acidi e miglioramento del microcircolo[33]. Secondo la nostra 
esperienza, anche il massaggio tuina può intervenire correggendo la 
ridotta vascolarizzazione (ingiallimento cutaneo); l’assottigliamento del derma 
(aspetto atrofico); la riduzione di cellularità dermica con perdita di fibre 
elastiche (linee fini) e migliorando l’elasticità[34]. Abbiamo anche verifiche 
capillarscopiche (Foto 3) di tali risultati[35].  
   
   A cura di: 
Carlo Di StanislaoIndirizzo per chiarimenti
 Carlo Di Stanislao
 E-mail: dermoaq@libero.it
 
 
 Bibliografia
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