|    Rigogliosi coralli e ostriche giganti nelle buie   acque del Mediterraneo. A 500-650 metri di profondità, in varie parti del Canale   di Sicilia (Linosa, Malta e banchi sommersi), è stato visto il corallo bianco   (Lophelia pertusa, Madrepora oculata,   Desmophyllum dianthus ecc.), nero   (antipatari), giallo (Dendrophyllia)   e rosso (Corallium rubrum). La   sensazionale scoperta è stata possibile grazie al ‘Rov (Remote Operating   Vehicle) QUEST’, un veicolo sottomarino, teleguidato dal gruppo di ricerca   ‘Marum’ dell’Università di Brema, equipaggiato di videocamere ad altissima   risoluzione,  di cui è dotata la nave   oceanografica tedesca ‘Meteor’, in   una spedizione diretta da Andrè Freiwald dell’Università di Erlangen. A questa   missione hanno partecipato anche ricercatori italiani dell’Istituto di scienze   marine (Ismar) del Cnr di Bologna, dell’Università di Milano e dell’Istituto   nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) di Trieste.  “Finora si ignorava che il prezioso corallo rosso,   sorvegliato speciale a causa del suo sfruttamento commerciale e sospettato di   essere in recessione nel ‘mare nostrum’, raggiungesse profondità così elevate”,   spiega Marco Taviani, ricercatore dell’Ismar-Cnr. “Questa scoperta indica che la   specie è molto più diffusa di quanto si sospettasse e getta nuova luce sulla   gestione sostenibile della risorsa”. Grande interesse suscita inoltre la   presenza, a queste profondità, di banchi di una specie ignota di ostrica gigante   che si cementa alle pareti dei rilievi sottomarini.  La scoperta di questi ecosistemi corallini di   profondità nel Canale di Sicilia non è avvenuta per caso. L’individuazione dei   siti esplorati dal Quest si è infatti avvalsa dei risultati di campagne svolte   prevalentemente dall’Ismar-Cnr di Bologna, condotte dal team di Marco Taviani a   bordo della nave oceanografica ‘Urania’ e che hanno permesso l’esplorazione sistematica delle profondità del   Mediterraneo, grazie all’ispezione e campionatura di luoghi praticamente   inaccessibili, come canyon, banchi e montagne sottomarini.  Queste ricerche, finanziate dal Cnr, Miur, Unione   Europea attraverso vari progetti, hanno garantito negli anni la necessaria   continuità e metodicità dell’esplorazione e aperto la strada alle sorprendenti   scoperte fatte dal Rov. Gli studi stanno andando avanti, grazie alla   campagna oceanografica “Marcos” (Malta StRait of Sicily CORalS) dell’Ismar-Cnr   di Bologna, diretta da Marco Taviani. Nell’ambito di questa missione europea,   sotto l’egida dei progetti ESF Euromargins Moundforce ed UE Hermes, sono stati campionati per la   prima volta vari tipi di coralli di profondità e altri rari organismi associati,   che stanno permettendo lo studio di aspetti del tutto ignoti in precedenza sulla   loro distribuzione, biologia, fisiologia, genetica e significato   climatico”.   “L’investigazione degli alti fondali, con il   Quest”, riferisce Taviani, “è stata coronata da altri grandi scoperte quali    l’allargamento dell’areale già conosciuto dei fondali a corallo bianco dello   Ionio Apulo, oltre al sito già noto di Santa Maria di Leuca, ma soprattutto la   sbalorditiva documentazione di coralli bianchi vivi, compresa la più rara Lophelia, nell’Adriatico meridionale”.   Si sospettava questa presenza sulla base di piccoli indizi raccolti una decina   di anni fa proprio dal Cnr di Bologna. Il recente progresso fatto nello studio   dell’Adriatico meridonale, da parte del gruppo di ricerca di Fabio Trincardi   dell’Ismar-Cnr di Bologna, ha permesso di evidenziare i siti potenzialmente più   propizi per l’insediamento di corallo profondo, in particolare lungo le pareti   del canyon sottomarino di Bari e in blocchi derivati da frane sottomarine.   “L’indagine con il Quest ha documentato, al di là di ogni più rosea   aspettattiva, la eccezionale diversità nelle profondità del Mediterraneo, ed è   quindi necessario e strategico continuare ed espandere questo tipo di studi”,   conclude Taviani. 
                    
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