|       Cos’è la capoeira?Non è facile rispondere a questa domanda, soprattutto a causa della mancanza 
di fonti storiche scritte e della scarsa attendibilità delle tradizioni orali. 
Comunque, si può tentare di definire la capoeira come una forma d’arte 
afro-brasiliana che comprende molte cose: movimenti fisici, musica, canto, 
danza, lotta, elementi rituali e perfino filosofici, religiosi e politici.
Chi pratica la capoeira, invece, può chiamarsi capoeirista o, a sua volta, 
capoeira.
 Sull’etimologia della parola capoeira esistono teorie disparate, ma 
due sono quelle considerate più attendibili. Secondo la prima, il termine 
capoeira indicherebbe un tipo di bassa vegetazione presente nelle zone in 
cui gli schiavi neri fuggiti dalle piantagioni brasiliane si riunivano per 
addestrarsi a lottare contro chi tentava di catturarli.
 Secondo l’altra teoria, invece, la parola si 
riferirebbe alle ceste colme di pollame che gli schiavi trasportavano sulla 
testa e vendevano nei mercati: l’arte della capoeira sarebbe nata come 
passatempo proprio in quei mercati.
 Africa o Brasile? Lotta o danza?
 La capoeira nasce come forma espressiva degli schiavi neri in Brasile. Ma, 
dato che provenivano dall’Africa, è evidente che gli schiavi abbiano mutuato 
molti elementi tipici dalla propria cultura di origine (o meglio, delle proprie 
culture, dato che provenivano da numerose nazioni africane tra loro pr
  ofondamente 
diverse). Tuttavia, in Africa non esiste oggi – né ci sono testimonianze che in 
passato esistesse – niente che possa essere direttamente riconducibile alla capoeira, che perciò è, con molta probabilità, nata in Brasile. Né africana né 
brasiliana, dunque, ma un ibrido afro-brasiliano. Una tradizione orale molto diffusa afferma che la capoeira è nata come una 
forma di lotta degli schiavi negri, mascherata in danza per ingannare i padroni 
bianchi che ne proibivano la pratica. In modo simile viene spiegato l’uso 
prevalente dei piedi rispetto a quello delle mani: queste ultime, infatti, 
sarebbero state incatenate. Oggi queste idee tradizionali sono state contestate 
da numerosi studiosi, ma non è stata ancora data una spiegazione soddisfacente 
sulla compresenza della lotta e della musica (e quindi della danza). Ancora oggi 
nella capoeira questi due elementi sono strettamente compenetrati.
 
 Il dominio portoghese e la schiavitù: senzalas e quilombos
 Il 1500 è la data di inizio della dominazione coloniale portoghese in 
Brasile, una dominazione che durerà fino al 1822. L’economia 
brasiliana dell’epoca si basava quasi esclusivamente sulle piantagioni di canna da zucchero 
e, non avendo abbastanza manodopera, i portoghesi cominciarono a importare 
schiavi neri dall’Africa in maniera sempre più massiccia: si calcola che dal 
1500 al 1888 siano stati circa quattro milioni gli africani costretti ad 
attraversare l’Atlantico ed a lavorare in Brasile in condizioni disumane.
 L’alloggiamento degli schiavi nelle 
piantagioni era chiamato senzala: alcune volte era 
costituito da un grande edificio, altre volte si trattava di un insieme di misere capanne.  I quilombos, invece, 
erano le comunità che si costituivano spontaneamente e raggruppavano gli 
schiavi che riuscivano a fuggire dalle piantagioni e si nascondevano 
nelle foreste. Secondo 
alcuni, l’origine della capoeira sarebbe da ricondurre alla formazione di 
guerrieri per difendere queste comunità dagli assalti dei capitães de mato, 
i cacciatori di schiavi fuggiti (spesso negri liberati e stipendiati dai 
bianchi).
 Zumbi e il quilombo di Palmares
  Nel XVII secolo il più famoso dei quilombos era quello di Palmares, 
capeggiato dapprima dal re Ganga Zumba, poi da suo nipote Zumbi. Bersaglio di 
almeno 24 spedizioni punitive, riuscì a resistere per più di sessant’anni nelle 
regioni interne dell’Alagoas, prima di essere sterminato dal capitão de mato 
Dias Velho in seguito a una vera e propria guerra.
 Oggi Zumbi è considerato il simbolo per eccellenza della 
cultura negra in Brasile e, quindi, anche uno dei principali "eroi" della 
capoeira. La tradizione dice che, piuttosto che consegnarsi ai nemici, si gettò 
dall’alto di una rupe. Un’altra versione, invece, narra che fu ucciso a 
tradimento e che la sua testa fu mozzata ed esposta nella pubblica piazza a 
Recife per dissacrarne la figura, ormai quasi immortale.
 La principessa Isabella e l’abolizione della schiavitù
 Nel 1822 il Brasile ottenne l’indipendenza dal Portogallo e diventò un 
impero; la schiavitù, tuttavia, rimase in vigore fino a quando, nel 1871, la 
Principessa Isabella, figlia dell’imperatore Pietro II e allora reggente in suo 
nome, venne indotta dal parlamento a decretare l’emancipazione dei nascituri figli 
di schiavi. Successivamente, fra il 1885 e il 1888, la schiavitù venne 
definitivamente abolita.
 Nel 1889 un colpo di stato militare segnò la fine 
dell’Impero e instaurò la repubblica; i neri 
brasiliani dell’epoca – capoeiristi inclusi – erano 
molto devoti alla principessa Isabella, che li aveva "liberati", e 
quindi, per solidarietà, erano anche antirepubblicani. Già negli ultimi anni dell’Impero, allo scopo 
di combattere i repubblicani venne ad esempio creata dai monarchici la Guarda Negra, 
un corpo interamente composto da ex schiavi neri e mulatti.
 
  Il periodo della marginalidade Le più antiche fonti orali e scritte attestano che sin dall’inizio la capoeira venne considerata dalla classe dirigente un’attività sospetta e ai 
limiti della legalità. I primi rapporti della polizia che si riferiscono alla capoeira 
- non a caso chiamata anche vadiação (cioè vagabondaggio, indolenza) o 
malandragem (cioè astuzia tipica dei furfanti di strada) - la considerano sempre 
associata ad attività criminali o comunque elemento di disturbo per l’ordine 
stabilito. Ma è soprattutto dopo la proclamazione della repubblica che i capoeiristi conobbero la più severa repressione: l’articolo 402 del codice 
penale repubblicano, promulgato nel 1890, proibiva "la pratica nelle strade o 
nelle pubbliche piazze dell’esercizio di agilità e destrezza fisica conosciuto 
col nome di capoeiragem", prevedendo pene dai due ai sei mesi di 
reclusione. Del resto, in 
quel periodo gli ex schiavi avevano ben poche possibilità di trovare una 
soddisfacente collocazione nella società ed erano perciò costretti a vivere 
nell’emarginazione; dato il contesto non appare strano che la capoeira potesse 
venire utilizzata per attività criminali.
 
 Il più famoso dei malandros: Besouro Preto
 Durante il periodo di repressione della capoeira di strada, tra la fine 
dell’800 e l’inizio del ’900, si ricordano figure quasi leggendarie di grandi 
capoeiristi, come Pedro Porreta, Chico Três Pedaços e soprattutto 
Manoel 
Henrique, conosciuto con i soprannomi di Besouro Preto (Scarabeo Nero), 
Besouro Mangangá (Scarabeo Gigante) o Besouro Cordão de Ouro (Scarabeo Corda 
d’Oro). Proveniente da Santo Amaro, era un capoeirista talmente eccellente che si 
pensava fosse un lottatore invincibile, addirittura dotato di corpo fechado, cioè un 
corpo invulnerabile perfino ai proiettili. A dispetto di quest’aura, tuttavia, all’età 
di 27 anni venne ucciso a tradimento da un assassino prezzolato, a Maracangalha; uno speciale 
coltello fatto di ticum (o tucum), un materiale molto resistente ricavato da un 
tipo di palma, vinse il suo corpo fechado. Il nome di Besouro 
Preto è ancora oggi, comunque, uno dei più ricorrenti nelle canzoni di capoeira.
 
 Mestre Bimba e la capoeira Regional
  La svolta forse più decisiva nella storia della capoeira avvenne negli anni 
del regime di Getulio Vargas (1930-45) per iniziativa del leggendario Mestre 
Bimba, soprannome di Manuel dos Reis Machado (1899-1974), che compì il primo 
passo per trasformare l’attività fuorilegge in forma d’arte 
liberamente praticata e legalmente riconosciuta. Profondamente ancorato alla 
cultura dei suoi antenati - nonché importante esponente della religione afro-brasiliana del candomblé 
- non fu solo un capoeirista di straordinario 
valore, ma anche il primo ad introdurre un metodo d’insegnamento sistematico della capoeira (ancora oggi sono celebri la sua seqüência e i movimenti di cintura 
desprezada). Per dimostrare la validità del suo metodo sfidò in pubblici 
combattimenti altri capoeiristi ed esponenti di altre arti marziali e li vinse 
tutti, ottenendo così una straordinaria popolarità.
 Nel 1932 fondò a Salvador di 
Bahia la prima academia di capoeira, il "Centro de Cultura Física 
Regional" (così chiamato per evitare riferimenti diretti alla capoeira, la cui 
pratica restava ancora proibita per legge), che nel 1937 sarà ufficialmente 
riconosciuta dalle autorità del Brasile e farà da apripista verso una 
maggiore tolleranza delle espressioni culturali afro-brasiliane. 
Il tipo di capoeira che Mestre Bimba insegnò per quasi 60 anni - e che dal nome 
della sua scuola è nota come capoeira Regional - si caratterizza soprattutto per 
il grande rilievo dato alla prestanza atletica e all’aspetto di arte marziale. 
Mestre Bimba, inoltre, fu il primo a definire l’insieme strumentale per la musica 
(in origine un solo berimbau e due pandeiros) e a stabilire i principali toques 
o ritmi musicali (soprattutto il São Bento grande, il benguela e lo iuna) 
utilizzati per i diversi tipi di jogos.
 Mestre Pastinha e la capoeira Angola
 Spinti dall’esempio di Mestre Bimba, numerosi altri capoeiristi – da 
ricordare almeno Waldemar, Caiçara, Canjiquinha, Cobrinha Verde, Leopoldina – 
cercarono di organizzare la pratica e l’insegnamento della capoeira. In 
particolare Vicente Joaquim Ferreira Pastinha (1889-1980), poi noto 
semplicemente come Mestre Pastinha, figlio di uno spagnolo e di una nera 
brasiliana, si assunse il compito di ottenere il riconoscimento ufficiale della capoeira, sottolineandone il valore non solo di attività fisica, ma soprattutto 
culturale e storico. Grazie alla sua caparbietà ed alla sua incessante attività 
di mobilitazione di influenze politiche, nel 1952 riuscirà ad ottenere il 
riconoscimento ufficiale del "Centro di Capoeira Angola", da lui fondato a 
Salvador di Bahia fin dal 1941. La capoeira Angola insegnata da Mestre Pastinha 
si differenzia dalla capoeira Regional di Mestre Bimba anzitutto per il maggiore 
riferimento ai "valori tradizionali" legati alle origini africane: l’aspetto del 
combattimento viene messo in secondo piano rispetto alla ritualità, alla 
teatralità, al complesso gioco delle strategie e delle tattiche e al semplice 
divertimento.
 
 
  Nuovi sviluppi della capoeira Le due diverse metodologie di Mestre Bimba e di Mestre Pastinha hanno 
portato alla creazione, soprattutto a partire dagli 
anni ’60, di nuove scuole di capoeira; alcune hanno cercato di 
mantenere le caratteristiche originali dell’insegnamento dei due grandi mestres, 
mentre altre hanno sviluppato caratteristiche e stili propri.
 In generale si 
può dire che le scuole di capoeira Regional (forse quelle che hanno avuto 
maggiore successo e seguito) continuano a privilegiare gli aspetti atletici e 
marziali della capoeira, apportando però numerose modifiche all’insegnamento 
originario di Bimba e inserendovi elementi provenienti da altre arti marziali e 
dalla stessa capoeira Angola (soprattutto per iniziativa del gruppo Senzala di 
Rio di Janeiro, che ha fra i suoi maggiori esponenti i mestres Camisa e Preguiça), 
fino ad affermare, in alcuni casi (a partire dai mestres Camisa Rôxa e Suassuna), 
che Regional e Angola sono solo due aspetti diversi del medesimo oggetto e che un buon capoeirista dovrebbe essere in grado di 
praticare entrambi gli stili di gioco.  Le scuole di capoeira Angola (fra 
i mestres più famosi si ricordano João Grande, João Pequeno e Moraes), invece, tendono in 
generale a sottolineare e ad evidenziare la loro "diversità" dalla capoeira 
Regional, a considerarsi gli unici veri eredi della capoeira tradizionale ed 
anche, in molti casi, a metterne in primo piano il significato politico secondo 
una prospettiva afrocentrica.
 La capoeira oggi
 In Brasile,
negli ultimi decenni, la disciplina ha conosciuto un vero e proprio 
boom: le academias si sono moltiplicate, i praticanti sono sempre più numerosi, 
la capoeira viene insegnata anche nelle scuole e, soprattutto, comincia 
gradualmente a venire meno la tradizionale diffidenza nei suoi confronti da parte delle autorità
  ufficiali 
brasiliane, che ormai tendono a 
riconoscerla e ad accettarla come parte integrante della cultura del Paese. La capoeira si diffonde anche fuori dal Brasile, all’inizio soprattutto negli Stati 
Uniti e nell’Europa del Nord (Germania, Paesi Bassi ecc.), poi anche in altri 
paesi occidentali, tra cui l’Italia. Sono stati fatti numerosi tentativi, in 
Brasile e anche a livello internazionale, per dare un’organizzazione 
unitaria all’attuale realtà della capoeira, ormai sempre più ampia, frastagliata 
e complessa. La creazione di una confederazione o di un sistema di graduazioni 
riconosciute da tutti i capoeiristi sono state tentate, ma sino ad ora tutti gli sforzi sono 
risultati vani sia per l’impossibilità di trovare un accordo tra le diverse 
opinioni e punti di vista, sia perché, a giudizio di molti, è l’essenza stessa 
della capoeira – fatta di creatività, di fantasia, d’improvvisazione – a 
renderla insofferente alle norme, alle prescrizioni e alle regole codificate. Ancora oggi, perciò, ogni gruppo di capoeira agisce ed opera secondo norme e 
criteri propri, spesso non riconosciuti da altri gruppi, ed ogni incontro tra 
gruppi diversi, anche se può generare qualche incomprensione, si trasforma in 
un’occasione di arricchimento reciproco e in un tentativo di definire gli 
elementi per un linguaggio comune.   Un grazie per la 
collaborazione a 
www.soluna.it     Dal 30 aprile al 1° 
maggio, a Roma, uno dei più importanti appuntamenti con la capoeira: Capoeira - 
Incontro Internazionale e "Batizado" SOLUNA 2005...
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