Alimentazione in naturopatia


Alimentazione in naturopatia: Il fegato, la rabbia, la carne.

Fin dall’antichità più remota la Natura è stata considerata dall’uomo come un riflesso del proprio funzionamento interno, sia fisico che psichico. Nell’ambiente naturale l’uomo ha da sempre intravisto una corrispondenza con i propri cicli evolutivi e sin dalla preistoria tutte le attività umane sono state scandite dal ciclico mutare delle stagioni.
Nel corso dei secoli queste corrispondenze tra mondo interno e mondo esterno sono andate raffinandosi ed articolandosi, e questo permise alla saggezza antica di costituire un sapere organico in grado di spiegare, per mezzo di un linguaggio simbolico ed allegorico, la fisiologia e la psicologia umana.

Per i cinesi, appassionati di politica e di pubblica amministrazione, il fegato venne visto come il generale in capo, colui che, dotato di spirito organizzativo e capacità di pianificazione, delibera e stabilisce i piani di battaglia.
Per gli indiani, più poetici, il fegato fu considerato un organo ricco di energia, posto sotto il controllo di Manipura, il terzo Chakra, che è la “Gemma rilucente”. Esso presiede tanto al corretto funzionamento epatico quanto alla lucidità di pensiero, alla chiarezza di giudizio, alle capacità organizzative e all’autocontrollo.
Quando l’energia che sostiene il fegato è in eccesso, tanto per la tradizione cinese quanto per quella indiana, si manifestano nella persona comportamenti aggressivi, irruenti, irascibilità, collera, rabbia.
La stessa tradizione antica e popolare dell’Occidente è in sintonia con questa visione; basti pensare a detti come “montare la bile”, “scaldarsi il fegato” e “rodersi il fegato” utilizzati per descrivere, anche qui in modo figurato, le sensazioni di collera e rabbia.

Da un punto di vista alimentare quanto questo sia collegato ad una dieta troppo ricca di proteine carnee può essere spiegato dal modo in cui questi alimenti vengono metabolizzati dal nostro organismo.
La degradazione delle proteine animali, cioè il loro smontaggio, avviene prevalentemente a livello epatico. Nel corso di questa operazione e per lo svolgimento della stessa le cellule liberano ammoniaca, una sostanza tossica che a piccole dosi il nostro organismo riesce a gestire convertendola in una sostanza meno tossica, l’urea. Se però l’alimentazione è eccessivamente carnea il fegato non riesce più a far fronte al “super lavoro” a cui è sottoposto e l’ammoniaca rischia di accumularsi nel sangue da dove passerà nelle urine creando quindi un sovraccarico anche a livello dell’apparato urinario.
A livello cerebrale questo processo può tradursi in stanchezza mentale, irritabilità e nervosismo.
Le proteine carnee sollecitano inoltre le ghiandole surrenali a produrre cortisolo, il quale se presente in eccesso e per periodi prolungati può indurre un certo nervosismo. Il cortisolo è infatti quell’ormone che il corpo produce per far fronte a una situazione di allarme, quando tutti i sistemi organici devono essere attivati per far fronte a un “pericolo” che minaccia sia in senso vero e proprio sia in senso figurato (per esempio una situazione di tensione nell’ambiente lavorativo). Se questa “attivazione” perdura nel tempo, ovvero se il livello di stress rimane elevato, l’alimentazione prevalentemente carnea può essere un ostacolo per riacquistare calma ed equilibrio.

Infine, un pasto a base di carne fa aumentare la concentrazione di tirosina, un aminoacido precursore della noradrenalina della dopamina, due neurotrasmettitori che giocano un ruolo chiave nella regolazione dell’umore e che in particolare aiutano a restare attenti e pronti a reagire, ma non a distendersi e rilassarsi.


Autrice: Deborah Pavanello, naturopata, direttrice del Corso di Scienze Naturopatiche organizzato dall’Istituto di Formazione Europeo di Milano, coordinatrice del Ciclo di Conferenze aperte al pubblico “Educhiamoci alla tradizione”.

Per maggiori informazioni: www.ifeformazione.it.