Concatenamento nelle Doloniti del Brenta




Questa volta non chiamiamolo “Skialp” ! So che i nuovi praticanti pronunciano in questo modo le loro uscite di scialpinismo, ma quello che sto per raccontarvi ha tutte le carte in regola per essere “richiamato” con il suo “vecchio” nome: Scialpinismo con la “S" e soprattutto la "A" maiuscola.
Scialpinismo: il modo più bello e completo di frequentare la montagna d’inverno; poter scegliere delle belle cime, all’apparenza anche difficili, volerle salire per poi ridiscenderle, di questo si tratta.
Parlo di cime importanti, sotto l’aspetto tecnico, cime da alcuni versanti non ancora violati con gli sci. All’apparenza sembrano impossibili, poi, se le si osservano con attenzione e ci si prepara in modo adeguato, si possono salire con gli sci o i ramponi e poi scenderle dai loro “punti deboli”.

A differenza delle gare, dove ero un forte sostenitore dell’individualismo, questa volta ho voluto unirmi a degli amici: per l’occasione con Glauco Maffei e la Guida Alpina GianPaolo Calza, per gli amici “Trota”, amanti, come me, della montagna in veste invernale. Con l’oro abbiamo ideato, con l’aiuto dei nostri Patners, un progetto particolare: intrecciare con gli sci d’alpinismo dieci itinerari “diversi e innovativi” nel Gruppo di Brenta.

Con questo spirito abbiamo salito e disceso alcune cime “inedite con gli sci” in Brenta tra cui:

• CIMA MONDIFRA ALTO 2305 m
• CIMA PRA DEI CAMOSCI 2438 m
• CIMA MANDRON 3040 m
• CIMA BRENTA OCCIDENTALE 3122 m
• CASTELLO DI VALLESINELLA 2782 m:
• CIMA SASSARA 2894 m
• CIMA VAGLIANA 2861 m
• FERRATA CASTIGLIONI 2820 m
• CIMA FALKNER – Parete Est 2990 m
• PUNTA ORIENTALE DI CAMPIGLIO 2969 m

L’accesso a queste cime è avvenuto solitamente dall’alta Val Rendena, con Pinzolo e Madonna di Campiglio come punti “naturali” di partenza.
Ovviamente, una volta arrivati in cima non ci siamo accontentati della “nova conquista” anche perché il nostro obbiettivo si completava con il concatenamento, nella maggior parte dei casi, dei vari e ripidi pendii che scendono diretti da queste cime. Discese di tutto rispetto che qualcuno chiama sci estremo, ma noi vorremmo chiamarlo più semplicemente SciAlpinismo moderno.

La salita di queste cime ci è servita da allenamento, durato tutto l’inverno, per meglio mettere a fuoco l’obbiettivo finale: attraversare il “Cuore delle dolomiti di Brenta” da Sud a Nord passando, attraverso un percorso ideale, che toccasse le sue due cime più alte e famose: Cima Tosa e la Cima Brenta.
L’averle unite in giornata in un’unica e ideale attraversata è stato come realizzare un sogno. Due cime cosi importanti e significative, conosciute da tutti gli escursionisti e alpinisti d’Europa attraversate in poche ore attraverso una linea quasi retta senza aggirare nessun ostacolo.

Come è andata:

La decisione della data è stata sofferta: una decina di giorni prima della riuscita sono stati meteorologicamente perturbati, neve, pioggia e sole si alternavano senza garantire una giornata intera di bel tempo. Con la primavera alle porte la neve si scioglieva e le condizioni delle cime e dei fondovalle peggioravano. Una cosa ci rassicurava: la continua frequentazione, anche con brutto tempo, della zona che ci dava sempre il pieno controllo della situazione.
Ci eravamo divisi i compiti: Paolo, “Trota”, che era libero di pomeriggio “corteggiava” il canalone Neri, salendolo per ben quattro volte e maledicendo di non averlo mai fatto con convinzione portandosi gli sci; mentre io e Glauco, salivamo a destra e a manca, tutte le cime limitrofe alle salite che dovevamo affrontare per fotografarle e per verificare la quantità di neve presente sulle loro pareti. Persino il giorno prima del concatenamento, sulla Cima d’Agola (partiti sotto una pioggia mattutina che ha lasciato posto a una giornata discreta) ci è servita per vedere la quantità di neve sulla via di roccia alla Cima Tosa.
La sorpresa della quasi assenza di neve fresca sulle pareti di roccia e le buone condizioni della discesa, abbinate alle previsioni meteo che prevedevano un’alta pressione, hanno fatto scattare la molla… SI PARTE DOMANI. Trota, circa tre mila metri più a valle era ancora all’oscuro di tutto, era in bici: 60 km in riva al lago di Garda per sgranchire le gambe.

La partenza era stata fissata: ore 02.30 sveglia – ore 03.00 ritrovo con Paolo ad Arco (TN) - ore 04.00 appuntamento con Glauco e l’amico Francesco. Trasferimento in Val d’Agola 1200 m per la vera e propria partenza. La salita in direzione Rif. XII Apostoli, per la prima parte, è stata fatta a piedi per l’assenza di neve. Ancora nella notte ma con gli sci sulla neve, il buio lasciava il posto ad una meravigliosa e colorata alba; meno splendida è stata invece la mia sorpresa quando, a causa di una scivolata sulla neve ghiacciata, mi si è spezzato un bastoncino. Ma l’animo era alle stelle e con un po’ di inventiva e di manodopera (una pietra come martello e un bel pò di nastro adesivo) la racchetta venne riparata e la salita poté proseguire.
Tra una foto e l’atra alternata alle riprese delle nostre due telecamere, la Bocchetta dei Camosci 2770 m, il primo scollinamento della giornata, si avvicinò in un batter d’occhio; appena oltre un saluto a Francesco che scendeva verso il Rif. Brentei con l’accordo di portarci da bere per la seconda salita. Per noi un breve ma ripido tratto nevoso ci separava dalla Bocchetta d’Ambiez 2900 m, sotto la Parete Sud della Cima Tosa.

Eravamo in perfetto orario: dalla cima ci separava “solamente” la Via di roccia “Migotti”. Una salita normale, in veste estiva, frequentata da chi vuol salire direttamente in cima da questo versante. In inverno, invece, rappresenta un’ascensione su roccia e ghiaccio di tutto rispetto, passaggi di oltre III grado su roccia e pendii di ghiaccio e neve con oltre 75° di pendenza per un dislivello di 300 m.
Per la salita, prettamente alpinistica, ci siamo “affidati” alla nostra attrezzatura leggera da scialpinismo: scarponi F1 della Scarpa, ramponi della Camp, per l’arrampicata su roccia e ghiaccio, piccozza da gara (soprannominata “da Barbi”, vista la sua leggerezza) per le salite su terreno ghiacciato e ripido. Il materiale tecnico era stato supercollaudato nelle precedenti uscite, con maltrattamenti vari, il tutto per auto convincerci che “tenevano” e andavano bene anche sul difficile. Anche l’abbigliamento della Montura non era lasciato al caso e persino gli occhiali della Salice... anche quelli dovevano essere leggeri e pratici. Naturalmente per tutti gli spostamenti sulla neve con le pelli e in discesa sul ripido ci siamo affidati agli sci della Skitrab… inutile dire che sono stati perfetti.
Con lo spirito del gruppetto alle stelle, abbinato al bel tempo, anche questa parte di salita filò più liscia del previsto. Due fattori che ci portarono velocemente fino alla calotta
ghiacciata della Cima Tosa 3173 m. Avevamo appena terminato i primi 2000 m di dislivello in salita.

La sosta sulla cima è stata breve; giusto il tempo di fare un piccolo festeggiamento per essere giunti quasi a metà dell’opera. Se fin ora erano stati utilissimi i sopraluoghi, miei e di Glauco, per garantirci la sicurezza e l’orientamento nella prima salita, ora il compito svolto da Paolo nei mesi precedenti ci doveva garantire la buona riuscita della discesa: il famoso Canalone Neri. Paolo, per essere sicuro della qualità della neve si è anche preso la briga di scendere alcune decine di metri, al suo ritorno il viso diceva tutto: SI SCENDE!
Eravamo felici ma allo stesso tempo preoccupati per quello che dovevamo fare.
Mentre preparavamo l’imbragatura e il materiale, ognuno era immerso nei propri pensieri… non si trattava altro che di un vero e proprio tuffo nel mondo dello sci estremo. Un grande canale perennemente ghiacciato che divide la Cima Tosa dal Crozzon;. Questo grande coluar ha da sempre richiamato i migliori specialisti del settore: dal primo che lo percorse con gli sci, H. Holzer, nel 1970, a Toni Valeruz, solo per citarne alcuni; anche se il lungo e ripido canalone è più conosciuto come “la più bella salita di ghiaccio delle Dolomiti intere” (cosi cita la guida del TCI-CAI delle Dolomiti di Brenta). La sua discesa non ci è sembrata difficile, a partire dalla mia “entrata scherzosa” con alcune curve saltate (di proposito) su un grosso dosso di neve più consistente. Tutto filò liscio, compreso la doppia di 25 m fatta per oltrepassare un tratto di ghiaccio azzurro scoperto dalla neve. Un altro bel passo avanti: 1000 m di dislivello in discesa con una pendenza max di 55°.

Alla fine della ripida discesa abbiamo dovuto attraversare l’alta Val Brenta 2100 m, appena sotto il Rif. Brentei; rifugio che non abbiamo raggiunto per mantenere una linea retta verso la seconda salita: la parete Sud Ovest della Cima Brenta. In questo punto abbiamo ritrovato Francesco che, fedelmente ci aveva portato da bere per le prossime ore. Poco tempo per dirgli della discesa fatta e per invitarlo, anche come ringraziamento “del lavoro” fatto, a fare anche il resto della salita con noi. Il tempo di riempire i nostri camel-bag e siamo ripartiti per gli altri mille metri di dislivello in salita.
Una breve fascia rocciosa di III grado ci ha permesso di aggirare l’ostacolo che avrebbe allungato il percorso. L’avevamo già provato io e Paolo in una gita fatta per fotografare la parete della Cima Brenta con il sole del tardo pomeriggio. Sopra le rocce, di nuovo con gli sci e le pelli per passare sotto il Rif. Alimonta e sotto i “Gemelli” (due grandi e conosciuti torrioni quasi uguali) per mirare direttamente le rocce pulite dalla neve della parete 2450 m. Nuovo cambio assetto per passare dagli sci ai ramponi e piccozza.Conoscevamo poco della parete Sud della Cima Brenta: sapevamo solo che ci separavano 650 m di roccia e ghiaccio dalla cima e che le difficoltà in roccia non avrebbero superato il III°; è conosciuta come la “Via normale da Sud” ma salita di rado per la presenza della più sicura via ferrata.

Abbiamo iniziato la salita con la convinzione di avere dalla nostra un buon allenamento e una scelta accurata del percorso e delle condizioni meteo. La prima parte di pura roccia non ha creato problemi e ci ha fatto salire i primi 150 m velocemente per poi “infilarci” in un canalino strettissimo e quasi nascosto, sotto una enorme parete gialla strapiombante. Era in ottime condizioni con neve durissima e una buona pendenza ci portò in breve alla grande cengia mediana. In quel punto eravamo poco sotto la metà della salita. La neve in questo punto era meno dura e addirittura faceva sprofondare ad ogni passo, tanto da farci prendere la decisione di rimettere gli sci malgrado la forte esposizione e la pendenza considerevole.
TTutto filò liscio, nonostante qualche passaggio in diagonale che ci obbligava ad usare la piccozza a monte per sicurezza: una eventuale scivolata poteva essere fatale; eravamo su una grande cengia sospesa sopra una verticale parete rocciosa. Alla fine della diagonale eravamo oltre la metà della salita. Un altro cambio per proseguire, tra una battuta e l’altra, di nuovo con gli sci a spalla ma con il morale alto e con la cima che si avvicinava. Ci alternammo per tracciare nella neve ormai scaldata dal sole nella quale si sprofondava fino al ginocchio, per sbucare sulla cresta terminale.
Cresta che abbiamo percorso verso destra di nuovo con gli sci fino alla Cima Brenta 3150 m. Una cosa strana? Era tutto il giorno che macinavamo metri e metri con pendenze rilevanti, a piedi e con gli sci; in quel istante fare quel traverso esposto e ripido ci è sembrato la cosa più naturale del mondo; sono sicuro che in un altro momento, lo stesso traverso, avrebbe fatto rizzare il pelo anche al miglior scialpinista.

Questa volta la sosta è stata gustata più a lungo: era l’ultima cima della giornata; il tempo di fare qualche foto e le solite riprese con le due telecamere portate e usate fin qui. Una bella stretta di mano per farci i complimenti a vicenda. Faceva da contorno il panorama che avevamo di fronte: la Cima Tosa con il canalone Neri sceso poche ore prima. L’opera era quasi finita, mancava solo la discesa finale: un altro versante esposto a nord più conosciuto come “Scivolo Nord della Cima Brenta”.
Anche questa solitamente rappresenta una classicissima ascensione estiva su neve delle Dolomiti di Brenta, frequentata anche in discesa con gli sci nel periodo invernale. Presenta un dislivello di circa 500 m con pendenze che mediamente sono di 45°. La nostra linea ideale però voleva essere esteticamente il più possibile completa: come avevo pensato che sulle due cime era bello salire da Sud e scendere a Nord, avevo anche ipotizzato di poterlo fare con gli sci ai piedi.
Per questo, e con l’aggiunta di condizioni di neve perfette, decisi di tentare la discesa con gli sci fin dai primi metri dopo la croce della cima. La prima parte percorre l’affilata cresta verso Nord Est per circa 80 m poi scende direttamente a Nord tra le tante roccette della parete. La discesa mi è riuscita. Ho sempre definito questo modo di sciare: “sci ripido”.
Secondo il mio punto di vista sono le condizioni che fanno la differenza: sciare su pendenze di 45/50° può essere divertentissimo come impossibile.
Una volta arrivato sotto la fascia di rocce ho filmato i miei compagni di gita che scendevano arrampicando per raggiungere la piccola forcella dove in estate sale la Via normale alla Cima 3050 m.
Da lì, anche per loro le difficoltà finirono. L’ultimo cambio: dai ramponi agli sci per scendere il “facile” e ampio pendio Nord della Cima Brenta… divertentissimo: inizialmente stretto e ripido poi più ampio tanto da permetterci di scenderlo con sole cinque ampie curve.
Un ultima foto alla parte finale e poi giù al Rif. Tuckett 2272 m e più in basso nei boschi di Vallesinella 1513 m.
Da li, chiacchierando e scambiandoci le sensazioni ancor fresche, a piedi fino alla macchina, in Val Brenta 1100 m. Avevamo concluso un sogno durato tutto l’inverno, preparato a “puntino” sotto tutti gli aspetti: tecnici e logistici. Sicuri del fatto di averla completata nella massima sicurezza e con la massima preparazione, fisica e tecnica.

Un’attraversata che, a parer nostro, lancerà un segnale concreto: molto è possibile… basta prepararlo nel miglior modo e soprattutto CREDERCI!

                                                                                                     Omar Oprandi

L’itinerario

Partenza dalla Val d’Algone salita al Rif. XII Apostoli - Bocchetta dei Camosci - Bocchetta d’Ambiez – Parete Sud della Cima Tosa 3173 m attraverso la “Via Migotti”: salita la prima volta il 9 Agosto 1886 da A. Migotti in solitaria. E’ conosciuta come la “Via normale da Sud”. Frequentata solitamente da chi proviene dalla Val d’Ambiez – Rif. Agostini - o da chi vuol salire la Cima Tosa direttamente dal Rif. XII Apostoli.
Rappresenta un’ascensione su roccia facile con passaggi di II grado del dislivello: 300 m. Sulla cima Tosa avevamo appena terminato i primi 2000 m di dislivello.

Una volta in cima abbiamo disceso il famoso Canalone Neri: e’ stato salito il 21 Luglio 1929 da Virgilio Neri in solitaria e sceso con gli sci da H. Holzer e A. Tscholl nel 1970. Più conosciuto come la più bella salita di ghiaccio delle Dolomiti intere. Rappresenta una classicissima ascensione su ghiaccio
Dislivello: 1000 m – max 55°

Seconda salita: Cima Brenta: dopo la salita della Cima Tosa e la discesa dal Canalone Neri abbiamo attraversato la Val Brenta – saliti nei pressi del Rif. Brentei e Rif. Alimonta – Parete Sud della Cima Brenta 3150 m con un dislivello di 1000 m di cui 650 m di roccia e ghiaccio.
La prima salita risale al 22 Luglio 1882 da parte di A. Falkner - T. Compton con A. Dallagiacoma e M. Nicolussi. Anche conosciuta come la “Via normale da Sud”. Salita poco frequentata da chi proviene dalla Val Brenta – Rif. Brentei - o da chi vuol salire la Cima Brenta direttamente dal Rif. Alimonta. Rappresenta un’ascensione su roccia facile con passaggi di II grado.

La seconda discesa è stata fatta dallo Scivolo Nord Salito nel lontano 22 Giugno 1872 da M.C. Tuckett - L. Lauener e S. Siorpaes è stato sceso con gli sci da H. Holzer e A. Tscholl nel 1970. Rappresenta una classicissima ascensione su neve delle Dolomiti di Brenta. Dislivello: 1000 m – max 55° (direttamente dalla Cima)

Dati tecnici

Concatenamento fatto il 03 Maggio 2006 in circa 11 ore dalle Guide Alpine Omar Oprandi e Paolo Calza e il forte scialpinista della Val Rendena e amico Glauco Maffei.
Partenza in Val Agola ore 04.30
Cime: Tosa ore 10.20
           Val Brenta ore 10.30
           Cima Brenta ore 13.30
Arrivo in Val Brenta ore 15. 30 Dislivello salita: 3000 m
Dislivello discesa: 3000 m
Difficoltà su terreno misto: 85°
Difficoltà su roccia: III°
Discese: pendenza max 55°

Durante tutta l’attraversata sono stati fatte circa 2h.30’ di riprese video e moltissime fotografie… materiale che è in fase di preparazione per le serate che saranno ideate per gli appassionati del settore.

Per eventuali richieste: Guida Alpina Omar Oprandi - ooprand@tin.it