L’Estesiologia: la ricerca della bellezza come equilibrio


Una bella donna non è colei di cui si lodano le gambe o le braccia, ma quella il cui aspetto complessivo è di tale bellezza da togliere la possibilità di ammirare le singole parti
Lucio Anneo Seneco

Il concetto di bellezza è da noi oggi associato alla dimensione sensibile ed alla soggettività (oggi non pare opportuno dare troppa importanza a canoni oggettivi di bellezza ). L’attenzione prestata alle forme riproducenti il bello naturale o caratterizzanti più generalmente i manufatti artistici sembrano ricollegare il bello a categorie come il gradevole, il suggestivo, il fascinoso, l’esotico, il diverso, l’originale... è del resto indubbio che molto a lungo l’idea di bellezza si è associata a valenze metafisiche ( l’essere, il divino, la natura furono soprattutto considerati nel mondo classico esempi di bellezza - bontà e verità) oppure si è imposta nel rispetto di rigidi canoni estetici di stampo classicistico ( il bello come ordine, armonia, proporzionalità, equilibrio, simmetria...).

Ogni idea di bellezza - percepita o rappresentata - porta con sé precise valutazioni ed interpretazioni del reale. Dar corpo alla bellezza significa isolare aspetti della realtà e farne costrutti mentali, astratti, ipotetici, assoluti, svincolati dalle leggi dell’utile, dell’esperibile, del verificabile. La bellezza in altre parole è un giudizio interno dato dai nostri sensi all’esperienza e contemporaneamente una sensazione, che si associa alla realtà, integrandola in modo profondo alla nostra personalità, capace di ridare pienezza alla vita. La letteratura ha come obiettivo ricreare una particolare forma di bellezza, quella del piacere estetico che sconfigge i dolori innominati ( noia e malinconia ), ma individua nel bello anche l’oggetto implicito di ogni sua attenzione ed analisi, diventando contemporaneamente finalità sottesa ad ogni creazione artistica e viaggio di scoperta sulle potenzialità conoscitive del reale. Rintracciare la bellezza nelle cose significa ricreare spazi immaginari, operare una proiezione ideale e pura nel nostro io, svincolandoci anche dall’eccessivo condizionamento dei sensi.

Bellezza come consolazione, come piacere, come gioco intellettuale, come ricerca; bellezza come vita. In tal senso il bello artistico si nutre spesso di divaricazioni impreviste dal reale, di immagini inusuali, di libere rielaborazioni di esperienze sensibili. Il Bello viene spostato dagli oggetti alle immagini degli stessi, dalle situazioni concrete alle sensazioni che si saldano ad essi nella memoria: è rintracciabile nell’evocazione, nella celebrazione e nella memoria. In sintesi esso va inteso come distanziamento e volontaria deformazione - idealizzazione della realtà, che offre valori aggiunti al reale, interpretandolo, arricchendolo, configurandolo originalmente, rendendolo adatto ad essere interiormente elaborato. Il grafo che segue, concettualmente suggerito dalla lettura del testo del filosofo R. Bodei, Le forme del bello, isola aspetti storici dell’evoluzione e dell’interpretazione data al concetto. Ma nello stesso tempo permette di offrire un quadro strutturale delle sue principali accezioni.



Nel 1924 Moritz Geiger fu il primo a considerare l’estetica come “scienza particolare autonoma”, come “disciplina filosofica” e come “campo di applicazione di altre scienze”. Considerando fenomenologicamente egli si concentra in particolare sulla prima accezione dando rilievo a diversi punti notevoli: riconoscimento del “valore” come criterio dell’ambito estetico; orientamento della ricerca alla datità oggettuale da descrivere nel suo importo “essenziale”; posizione della legalità nel fenomeno; primato dell’intuizione; concezione dinamico-storica dell’“essenza”. In quanto “scienza particolare autonoma”, l’estetica fenomenologica si presenta insomma come descrizione della “essenzialità” colta intuitivamente nel fenomeno e contrassegnata da un valore specificamente estetico il cui fatto, però, – come afferma testualmente Geiger – viene meramente presupposto: come “le scienze naturali presuppongono l’esistenza della natura esterna e ne studiano le leggi”.

L’estesiologia è scienza medico-filosofica che ricerca la bellezza non come parametro omologante, ma come equilibrio ed armonia individuali. In questa accezione la bellezza non è un fine, ma uno strumento fra noi e il mondo. La Bellezza induce a concepire un sogno, un progetto, capolavori d’ingegno, poemi e poesie, giuste leggi, la verità: vedere Dio. Essa induce alla "partecipazione" sociale, economica e politica. Affina il gusto e migliora lo stato dell’anima. La "partecipazione" elevata al suo quadrato aliena il concetto di tempo, sconfigge l’ansia, lo stress, la noia. Il poema, l’arte, la legge possono poi originare descrizioni di se stesse (commentari letterari e giuridici, pitture di paesaggi) che cercano di chiarire meglio la bellezza dell’opera originale, per rendere, in altre parole, la sua "chiara discernibilità", col fine di renderci consapevoli della Creazione di cui siamo partecipi.

Il fenomeno del concepimento della bellezza fa nascere in Platone, Aristotele, Seneca, Virgilio, San Tommaso, Sant’Agostino, Dante, Dostoevskij, l’idea dell’eternità, della perpetua e continua duplicazione di un momento singolare; l’idea della pienezza terrena e della sua distribuzione; il "desiderio" di "fare sempre di più" in modo che alla fine "ce ne sia abbastanza". E’ la premessa alla cultura del fare, del dare, dell’esserci, dell’amare "perché tutto sia nella pace e nell’armonia". Nell’oggetto di bellezza ritornano tre caratteri chiavi. Innanzitutto, la bellezza è sacra. In secondo luogo la bellezza è incomparabile. C’è però anche un terzo attributo: la bellezza salva. Omero non è il solo a pensare che la bellezza abbia potere salvifico: Sant’Agostino la descrive come "una zattera in mezzo alle onde del mare". Proust non fa che ripetere che la bellezza è vitale, elettrizzante. Fa battere il cuore. Rende la vita più vivida, più animata, più "viva", più degna di essere vissuta. Dostoevskij addirittura fa dire al protagonista dell’Idiota che "la bellezza salverà il mondo".

Ma qual è esattamente la tesi secondo cui la bellezza salva la vita o il mondo o conferisce direttamente il dono della vita? Nausicaa non salva Ulisse dalle onde, ma è la prima cosa che il naufrago vede subito dopo essere scampato alla morte. Qui Omero ricrea la struttura della percezione che si dà ogni volta che qualcuno vede un oggetto o un ambiente bello; è come se improvvisamente si approdasse ad una riva accogliente. E’ l’ambiente che è accogliente e la donna soccorritrice ne diventa espressione, ambasciatrice: ogni difficoltà, violenza ed indifferenza scompaiono subitamente, come una risacca che abbia perso in un istante ogni capacità di colpire. Non solo Omero, ma Platone, San Tommaso, Plotino, Dante e molti altri definiscono ripetutamente la "bellezza accogliente". Quando giungiamo in presenza di un oggetto bello, questo ci accoglie. Si stacca dallo sfondo neutro come se ci venisse incontro per darci il "Benvenuto", come se fosse stato pensato esattamente per "combaciare" con la nostra percezione. Etimologicamente, "benvenuto" significa che si giunge in un certo posto con il consenso o l’apprezzamento di chi sta già in quel luogo. E’ come se la cosa che accoglie consentisse al nostro essere di entrare in essa. Il nostro arrivo sembra contrattuale, non voluto solo da noi, bensì anche dal mondo che ora ci accoglie. Salva, salvifica, avendo come precedente solo ciò che in se stesso non ha precedente, la bellezza possiede una quarta caratteristica: spinge alla decisione.

L’estesiologia è la scienza che apre il cuore alla Bellezza. Cosa si spera di far nascere in sé quando ci si apre alla bellezza o la si cerca attivamente? Quando la stessa domanda viene posta a proposito di altri oggetti durevoli delle nostre aspirazioni (la bontà, a verità, la giustizia) la risposta appare evidente. Se perseguiamo la bontà, così facendo speriamo di diventare buoni. Se perseguiamo la giustizia, lo facciamo per annoverarci fra i giusti. Se perseguiamo la verità è per diventare consapevoli. Esiste, in altre parole una continuità tra la cosa ricercata e gli attributi personali di chi ricerca. In ciascun caso c’è un miglioramento dell’io, l’inizio della ricerca ed il suo risultato. Ma tale continuità non sembra darsi nel caso della bellezza. A quanto pare chi persegue la bellezza non diventa per questo bello. Potrebbe addirittura essere corretto supporre che la maggior parte delle persone che ricercano la bellezza non abbiano alcun interesse a diventare belle. Ora, ci sono almeno tre modi in cui si può dire che esiste continuità tra la bellezza e chi l’ammira. L’ammiratore, in risposta alla bellezza, cerca spesso di portarne di nuova nel mondo. Una esperienza condivisibile con chi vuole il bene, la giustizia e la verità. Una seconda risposta consiste nel dire che gli osservatori delle cose belle diventano essi stessi belli nella loro vita interiore.

Ma esiste una terza via che appare più convincente. E’ il nostro accesso a questo livello esistente di vitalità. La bellezza sembra richiederci di prestare attenzione alla vitalità e di dedicarci alla sua protezione, alla sua evoluzione e alla sua conservazione. Ciascuno dà il benvenuto all’altro. Perché questo patto di reciprocità debba assisterci nell’affrontare i problemi della giustizia e della "equità" o della "distribuzione equa". Ed un esempio di ciò lo si coglie nel Buon Governo del Lorenzetti a Siena. Qui entra in gioco l’idea di regola, di patto, di servizio. La stessa parola "equità" può riferirsi a lineamenti armoniosi, all’architettura e a requisiti etici come "essere equi", "essere giusti". L’uso estetico di "equo" con il significato di "bello" o di "adatto" (utile) accordano la forma e la dimensione spaziale di un oggetto o di un agglomerato urbano. Non a caso nelle lingue anglosassoni la parola bello si affianca a "adornare", "decorare" e "spazzare" che al loro volta si correlano ai verbi "congiungere", "adattare", "unire", "appattare". E patto ha la stessa radice di pace. La bellezza necessariamente implica delle interpolazioni con la morale (etica estetica).

Letture consigliate
- Caciali L.: Bellezza e imitazione. Platone e i sofisti, Ed. Poli, Milano, 1994.
- Contini A.: Jean-Marie Guyau. Una filosofia della vita e l’estetica, Ed. CLUEB, Roma, 1995.
- Garroni E.: Senso e paradosso. L’estetica, filosofia non speciale, Ed. Laterza, Bari, 1995.
- Mambri S. Cosmesi. Un’arte per la bellezza, Ed. Loggia De’ Lanzi, Firenze, 1995.
- McAllister J.W.: Bellezza e rivoluzione nella scienza, McGraw-Hill Libri Italia, Milano, 1998.
- Trione A.: L’ostinata armonia. Filosofia ed estetica tra ’800 e ’900, Ed. Laterza, Bari, 1992.



A cura di: Carlo Di Stanislao & Giovanni Flati

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