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                 Autori: Giovanni Flati & Carlo Di Stanislao 
  
Introduzione1 
Spesso chiamata la Pianta del Miracolo oppure il Guaritore 
Naturale, l’Aloe Vera ci riserva infinite sorprese. Il nome latino è Aloe 
Ferox e, poichè confusa con l’agave e con il cactus, si pensa comunemente che 
appartenga alla famiglia delle cactacee, mentre fa parte di quella delle 
liliacee. L’Aloe Ferox (o Selvatica) cresce nella regione 
vergine (e, sotto il profilo paesaggistico, idilliaca) del Capo, in Sud Africa, 
e sopravvive dove altre piante appassirebbero e morirebbero, potendo chiudere i 
pori per impedire la perdita di umidità. Grazie alla sua composizione 
l’aloe selvatica è una vera e propria farmacia portatile, ma nonostante ciò, in 
questa epoca dominata da antibiotici e cortisone, è caduta in disuso. Ne 
esistono oltre 200 varietà ma è l’Aloe Barbadensis Miller (Aloe Vera) la 
pianta che ha la maggior utilità per l’uomo.  
  
Storia dell’aloe2 
Nessuno può affermare con certezza da 
quanto tempo l’Aloe venga considerata una pianta medicinale. Uno dei primi 
esempi di uso farmacologico è riportato inciso su una tavoletta di argilla 
sumerica che risale al 2100 a.C., ma 
esistono raffigurazioni di tale pianta sui muri dei templi dell’antico Egitto 
che risalgono al 4000 a.C. Quale sia la verità riguardo il primo uso 
documentato, non c’è assolutamente alcun dubbio, in quanto è riportato dalle 
cronache, sul fatto che l’aloe abbia svolto un ruolo di primaria importanza 
nella farmacologia di molte antiche civiltà. Esistono prove inconfutabili 
dell’uso di questa pianta come agente terapeutico in qualsiasi luogo della 
terra, dall’Europa meridionale al Medio Oriente, dal Nord Africa all’Asia, 
dall’Estremo oriente alle Americhe.  
 Uno dei resoconti più dettagliati compare sul "Papiro di Ebers"3 , 
uno scritto egiziano risalente al 1550 a.C., dove sono documentate una serie di 
formule per l’uso dell’aloe (miscelata ad altri prodotti naturali) nella cura di 
vari disturbi sia interni che esterni. Gli antichi egizi chiamavano l’Aloe la 
pianta dell’immortalità e vi sono testimonianze sul suo uso nel processo di 
imbalsamazione e nei riti di inumazione dei Faraoni. Esistono anche ben 
documentate testimonianze che riguardano due delle regine egizie più famose, 
Nefertiti e Cleopatra, rinomate per la loro bellezza, delle quali si narra che 
usassero fare i bagni immerse nel succo di Aloe, miscelato con latte di capra. 
Intorno al 600 a.C. l’Aloe raggiunse la Persia e l’India introdotta dai mercanti 
arabi e, ancora oggi, le tribù beduine e i guerrieri Tuareg del Sahara conoscono 
questa pianta come giglio del deserto4 . Intorno al 500 a.C. 
l’isola di Socotra (vicino al corno d’Africa) sviluppò la reputazione di grande 
produttrice di Aloe e una leggenda narra che Alessandro Magno conquistò l’isola 
per assicurarsi una continua fornitura di aloe per curare le ferite dei propri 
soldati.  
Tuttavia, per il primo reale riferimento all’uso farmacologico, dobbiamo 
affidarci all’Erbario di Dioscoride (41-68 d.C.), medico greco che sviluppò la 
propria abilità e le proprie conoscenze al seguito dell’esercito romano di quel 
tempo. Egli scrisse ciò che probabilmente è la prima descrizione dettagliata 
dell’Aloe, notando che il contenuto delle foglie poteva essere impiegato per la 
cura dei foruncoli e delle emorroidi, per irritazioni al prepuzio, per 
ammorbidire la pelle secca, per irritazioni alle tonsille, alle gengive e alla 
gola, per le contusioni e per fermare le emorragie. Le proprietà terapeutiche 
dell’aloe sono, come già detto, conosciute da molte centinaia di anni e nel 
vangelo di Giovanni (19,39), si narra di come Nicodemo tentò di curare le ferite 
di Gesù - una volta deposto dalla croce - con una mistura di mirra ed Aloe. 
L’apostolo Tommaso si fece mandare la pianta dall’India e la fece conoscere al 
mondo. Si racconta che l’aloe ristabilisca l’equilibrio tra i tre Doshas (Kafa, 
Vata e Pitta) ed è grazie alla medicina ayurvedica che le preziose conoscenze 
dei suoi effetti sono arrivati fino a noi5.  
I Greci, i Romani e i Fenici hanno lasciato innumerevoli consigli sugli 
effetti preventivi e curativi di questa pianta e, più tardi, Marco Polo, durante 
i suoi viaggi in India e in Cina, trovò delle grandi distese di aloe vera e 
imparò ad usarla dalla medicina orientale6. Gli indiani d’America la 
consideravano come un guaritore muto e per fare i trattamenti con le sostanze 
ricavate da questa pianta si basavano sui cicli lunari. Per amplificarne 
l’effetto, ancora oggi, essi usano queste regole: se il corpo è affaticato e 
privo di energia (quando mancano certe sostanze), il succo deve essere assunto 
giornalmente dalla luna nuova al plenilunio. Se si desidera eliminare certe 
sostanze dal corpo (ulcere o una cura depurativa), il succo deve essere preso 
dal plenilunio alla luna nuova. Sono necessarie due settimane di interruzione 
prima di riprendere il trattamento.  
Nel medio Evo e nel Rinascimento l’uso medicinale dell’aloe si diffuse in 
tutto il mondo, soprattutto nelle regioni settentrionali d’Europa, ma poiché 
essa prosperava solo in climi molto caldi, non venne apprezzata dai popoli 
nord-europei, sebbene crescesse in abbondanza in Spagna, Portogallo ed Italia, 
dove era tenuta, in ogni caso, in grande considerazione. Le conoscenze sulla 
"pianta miracolosa" sono state tramandate di generazione in generazione e dove 
essa cresceva spontaneamente, veniva venerata per le sue proprietà medicinali e 
per i suoi apparentemente poteri magici di guarigioni. L’aloe è stata conosciuta 
attraverso i millenni ed è passata alla storia nelle culture e civiltà più 
diverse come pianta del mito e della magia, servendo anche come pianta 
medicinale, ma senza un adeguato apporto scientifico. Il suo utilizzo a scopo 
terapeutico è stato descritto da diversi naturalisti e medici dal II secolo d.C. 
fino al XVII sec., sebbene le analisi chimiche su materiale organico fossero 
virtualmente sconosciute fino al XIX sec7. 
  
Usi tradizionali nell’Africa del Sud8 
  
I primi abitanti dell’Africa del Sud, dove ci sono circa 130 differenti 
specie di aloe e alcune di esse crescono solo localmente, conoscevano una grande 
varietà di utilizzi della pianta. Siccome le diverse tribù africane dovevano 
spesso percorrere delle lunghissime distanze per incontrarsi, la popolazione 
utilizzava la specie più prossima all’area d’insediamento. Il risultato era 
comunque valido, indipendentemente dalle specie utilizzata. Ad alcune specie gli 
indigeni attribuiscono un potere mistico, così come la facoltà di proteggere 
dalle malattie e dai nemici. I membri della tribù dei Pondons rinfrescavano la 
loro pelle con l’aloe aristata, sfruttandone l’effetto eutrofico e tonificante. 
Le tribù dei Xhosa e dei Suthos utilizzano la polpa delle foglie e il succo 
giallo (contenente aloina) dell’Aloe saponaria e dell’Aloe terrier, per curare 
diverse malattie parassitarie, mentre la più conosciuta tribù degli Zulù 
combatteva i vermi intestinali con l’aloe marlothii. L’Aloe ferox e saponaria 
erano da tutti gli indigeni usate per medicare piaghe infette, ustioni, eczema. 
Il trattamento consisteva nel tagliare una foglia fresca e nell’applicarla 
direttamente sulla parte interessata. Le suddette tribù utilizzavano il succo 
amaro anche in caso di infiammazioni o infezioni agli occhi, come purgante e 
come aiuto per la digestione. 
 
Composizione chimica ed azioni preminenti9 10  
I principi attivi dell’aloe sono costituiti da antrachinoni catartici; 
questi composti sono principalmente dei C-glicosidi, in particolare barbaloina, 
che è un glucoside dell’aloe-emodina. La maggioranza delle specie ne contiene 
tra il 10 ed il 20%, ma alcune raggiungono il 30%. Si è scoperto che una singola 
pianta di A. vera (A. barbadensis) da Mannar (Sri Lanka) conteneva nel succo il 
57% di barbaloina. La concentrazione più alta di barbaloina si trova negli 
essudati delle foglie giovani mature, mentre decresce nelle foglie più vecchie 
verso la base della pianta. La concentrazione degli antraglicosidi varia a 
seconda dei tipi di aloè tra il 4,5 e il 25% di aloina. Altri costituenti 
presenti comprendono aloesina ed il suo aglicone aloesone (un cromene), 8 
antrachinoni liberi (ad esempio aloe-emodina) e resine.  
La composizione del gel11 di aloe vera non è stata ancora 
chiarita. Finora gli studi hanno indicato che il gel è costituito da più di un 
tipo di polisaccaride. Mentre secondo uno studio vi erano almeno quattro 
differenti glucomannani parzialmente acetilati con legami interglicosidici altri 
presentavano un galattano acido, mannano, glucomannano, arabinano e/o 
glucogalamannano. Secondo gli studi in ciascun polisaccaride varia molto il 
rapporto degli esosi. Altri costituenti riscontrati o comunque considerati 
presenti sono altri polisaccaridi (contenenti galattosio, xilosio e arabinosio), 
steroidi, acidi organici, enzimi, principi ad attività antibiotica, amminoacidi, 
"stimolatori biogenici", saponine di tipo "ormoni cicatrizzanti" e sostanze 
minerali. I polisaccaridi costituiscono lo 0,2-0,3% del gel fresco e lo 0,8-1,2% 
della materia essiccata. Nel prodotto finito l’autodegradazione dei 
polisaccaridi del glucomannano produce principalmente dei mannani. I 
polisaccaridi del gel, costituiti principalmente da mannosio e glucosio in 
rapporto 1:3, possono degradarsi in 48 ore a temperatura ambiente, con una 
diminuzione del contenuto in glucosio ed un aumento del rapporto mannosio:glucosio 
fino a >10. L’aggiunta di un polisaccaride solfatato di origine algale (estratto 
da una specie di microalga rossa) ha condotto ad un’inibizione della 
degradazione e ad un imbrunimento del polisaccaride dell’aloe. È stato suggerito 
che la carbossipeptidasi, un enzima carbossipeptidasi trovato in A. arborescens 
ed in altre specie, sia il principale agente antitermico delle specie di aloe.
 
Tuttavia, per praticità, va ricordato che il
 principio 
attivo più importate sembra essere l’aloina12 (chiamata anche 
barbaloina dal momento che si trova solo nell’Aloe barbadensis) che in effetti è 
un C-glucoside dell’emodina e cioè uno zucchero complesso. I chimici l’hanno 
descritta come un misto di due diasteromeri: l’aloina A e l’aloina B. Il succo 
amaro, bruno-giallastro, estratto dalle foglie, è un lassativo e la sua 
efficacia è dovuta all’emodina, che non contiene zuccheri e se assunta durante 
la gravidanza può provocare l’aborto (ecco perché non si possono assumere 
lassativi a base di aloina in particolar modo durante i primi tre mesi di 
gestazione). L’aloina di per sé sarebbe leggermente lassativa, ma viene 
trasformata in emodina (antrone), potentemene catartica, per azione dalla 
microflora intestinale dell’uomo. Quantità infinitesimali di succo amaro si 
rivelano efficaci anche in caso di certe forme di artrite e affezioni 
reumatiche; le ricerche relative a queste terapie sono ancora però all’inizio. 
  
Caratteristiche dei preparati e 
studi clinici13 14 15 16 17 18  
La "purezza" dei preparati è variabile: la separazione meccanica tra le due 
fasi non è sempre completa e talvolta il gel19 di Aloe vera contiene 
proporzioni variabili di succo. Sarebbe preferibile utilizzare gel puro, 
dati gli effetti potentemente lassativi del succo; in ogni caso la stabilità dei 
principi contenuti nelle preparazioni di Aloe è precaria e si riduce 
progressivamente con il passare del tempo; questo provoca differenze notevoli 
nella potenza del prodotto da lotto a lotto. Sebbene alcuni produttori 
reclamizzino speciali procedure di stabilizzazione, la migliore fonte di gel 
di Aloe resta la polpa estratta direttamente dalla foglia di una pianta viva. 
Il gel di Aloe è stato utilizzato come trattamento locale per ferite, piccole 
ustioni o irritazioni della pelle; in realtà la sua applicazione predominante è 
come ingrediente di taluni cosmetici.  
  
Il succo di Aloe, invece, assunto per 
bocca, è stato propagandato come rimedio per la stitichezza, la tosse, il 
diabete, il cancro, le cefalee, le artriti, sindromi da immunodeficienza, le 
ulcere, le piaghe e vari tipi di ferite. Non tutte queste azioni sono 
giustificate in relazione ai componenti attivi. Gli antrochinoni e gli antroni 
contenuti nel succo di Aloe producono il loro effetto lassativo 
aumentando la peristalsi intestinale e aumentando il contenuto d’acqua 
intestinale agendo con l’apertura dei canali del cloro nelle membrane cellulari 
della mucosa del colon, che provoca la riduzione del riassorbimento idrico 
nell’intestino. I glicosidi antrochinonici raggiungono per lo più indigeriti 
l’interno del colon, sebbene possano essere in piccola parte parzialmente 
metabolizzati da enzimi della flora batterica intestinale. L’effetto clinico è 
caratterizzato da più frequenti evacuazioni di feci di consistenza molle. La 
gran parte degli studi scientifici sugli effetti lassativi dell’Aloe riguarda 
comunque l’impiego di questo rimedio in combinazione con altri lassativi come la 
celandina o lo psyllium.  
  
Gli effetti collaterali dell’Aloe, 
soprattutto legati ad assunzione di dosi eccessive, sono dolori addominali, 
diarrea e squilibri elettrolitici. Pochi studi hanno investigato la supposta 
capacità di favorire la guarigione delle ferite con l’assunzione per bocca di 
gel di Aloe. Un lavoro ha dimostrato una migliorata cicatrizzazione nei topi, 
attribuita ad un aumento del flusso ematico capillare nell’area della lesione. 
Negli anni 70 due diverse commissioni della Food and Drugs Administration 
conclusero che non c’erano evidenze sufficienti a considerare efficace il gel di 
Aloe vera nella cura di piccole ustioni, tagli, abrasioni, e nel trattamento 
delle irritazioni vaginali. Uno studio su 5000 soggetti ha concluso per effetti 
positivi nella diminuzione dei fattori di rischio cardiologici per pazienti 
cardiopatici. Il lavoro ha mostrato che l’aggiunta alla dieta di Isabgol (che 
aumenta la quantità delle feci) e gel di Aloe provoca una riduzione della 
lipemia, con diminuzione del colesterolo totale e dei trigliceridi, aumento 
della frazione HDL del colesterolo e un tamponamento delle fluttuazioni della 
glicemia nei diabetici. Una ricerca effettuata su Medline nel gennaio 199820 
non ha evidenziato ulteriori studi sugli effetti dell’Aloe sull’assetto lipidico 
e il rischio cardiologico. Alcuni studi hanno mostrato una riduzione delle 
fluttuazioni glicemiche in animali diabetici dopo assunzione di Aloe, ma sono 
necessari altri studi per investigare su queste caratteristiche nell’uomo21. 
  
Sicurezza d’impiego22  
La sicurezza d’impiego dell’aloe è un’altra questione interessante. Studi 
sulla tossicità genica hanno dimostrato che lassativi a base di aloe espongono 
al rischio di cancro nell’uomo quando usati per lunghi periodi e a dosaggi 
elevati. I prodotti a base di Aloe possono essere utilizzati per bocca come 
integratori alimentari, ma non hanno l’approvazione della FDA per l’impiego come 
farmaci. Attualmente l’unico impiego sicuro dell’Aloe vera (se utilizzata in 
modo appropriato per questo scopo) è come lassativo stimolante. La FDA 
raccomanda ulteriori studi sugli effetti e la sicurezza d’impiego dell’aloe. 
Sono stati riportati casi di morte in pazienti affetti da cancro e trattati da 
medici (cui è stata revocata la possibilità di esercitare la professione) con 
iniezione e.v. di preparati a base si Aloe vera. La somministrazione parenterale 
di Aloe vera è illegale negli Stati Uniti, ma a volte malati disperati si recano 
in altri paesi con una legislazione meno severa nei confronti di supposte o 
altro tipo di preparazioni la cui vera efficacia non è dimostrata.  
 
Impiego in dermatologia 
In dermatologia l’Aloe ha un’efficacia reale e notevole. Il suo impiego 
risale al 1942 quando un ingegnere chimico americano, Rodney Stockton curò una 
grave ustione dovuta al sole della Florida con una polpa gelatinosa estratta 
dall’aloe vera. Proseguì le ricerche e riuscì a stabilizzare il gel (per 
evitarne l’ossidazione). Dagli anni ’50 sono moltissime le ricerche sull’impiego 
dell’aloe in dermatologia, in particolare nella cura delle ustioni dove i 
risultati sono eccellenti (da citare nel 1995 la cura delle vittime 
dell’attentato di Oklahoma City da parte del dott. T. Moore che aveva all’attivo 
già 4.000 casi di ustioni trattati in tal modo). Attualmente l’aloe vera è 
utilizzata per curare23:  
• ustioni  
• escoriazioni  
• cicatrici  
• scottature ed eritemi solari  
• pelli secche, arrossate e screpolate (come idratante)  
• ragadi (anali e non)  
Molti prodotti con nomi commerciali blasonati si basano su l’Aloe vera. 
Purtroppo ne contengono percentuali minime. Per la massima efficacia occorre 
usare aloe concentrata in gel (almeno 0,5-2%). Alcune (pochissime) guarigioni di 
psoriasi di pazienti che hanno usato l’aloe hanno inserito la patologia fra 
quelle curabili con l’aloe. In realtà per la legge di guarigione totale ciò è 
del tutto arbitrario. Purtroppo sono casi isolati in cui (vista anche la 
componente psicosomatica della patologia) non si sa fino a che punto il 
trattamento con l’aloe non sia giunto casualmente in un momento in cui la 
malattia sarebbe comunque regredita. Purtroppo l’applicazione dell’aloe su vasta 
scala non ha dato risultati soddisfacenti. Esistono alcune ricerche (fra le 
ultime quella dell’università di Padova del 2000)24 che avrebbero 
rilevato l’utilità dell’aloe vera (o meglio, di alcuni derivati, l’aloe-emodina) 
in alcuni tipi di tumori (per esempio quelli infantili). In realtà si tratta di 
studi su animali (e nei decenni di sostanze anticancro su animali ne sono state 
studiate centinaia!) e gli stessi ricercatori mettono in guardia dai facili 
entusiasmi.  
Dire che l’aloe ha proprietà antitumorali (se una sostanza ha accertate 
proprietà antitumorali la si impiega nella cura, non nella ricerca) è quindi 
ottimistico e scientificamente falso: è corretto dire che esistono linee di 
ricerca che stanno studiando la pianta. L’alore sembra dotata di proprietà 
antisettiche. Queste proprietà sono desunte dal fatto che l’aloe contiene la 
barbaloina, la isobarbaloina, l’acido aloetico, l’emodina, l’acido cinnamico, 
l’acido crisofanico. In realtà il contenuto di queste sostanze è percentualmente 
non significativo se si usano preparati naturali e non farmacologici (il 
principio è lo stesso del mirtillo o della carota che "fanno bene alla vista", 
ma praticamente non curano nessuna patologia oculare). Una ricerca condotta su 
pelle artificiale (un tessuto ottenuto facendo moltiplicare in vitro i 
cheratinociti umani) ha dimostrato che i componenti delle glicoproteine estratte 
dall’aloe sono in grado di stimolare la formazione del tessuto epidermico 
promuovendo la formazione di nuove cellule. Non solo quindi una funzione di 
trattamento del sintomo (l’arrossamento e l’inaridimento della zona offesa) ma 
un’azione terapeutica provata dal fatto che nel tessuto a contatto con il 
principio attivo si osserva un aumento del fattore di crescita epidermico, di 
fibronectina e keratina e dei recettori cellulari cui queste sostanze si legano 
fisiologicamente25.  
Le preparazioni a base di aloe vera dunque possono essere impiegate in 
svariate situazioni. Per esempio, uno studio britannico aveva dimostrato come 
anche le ferite dovute a interventi di dermoabrasione, cui si ricorre per 
cancellare le rughe dal volto, mostrano una guarigione più rapida se trattate in 
questo modo. Ma accanto alla rapidità della guarigione si osserva anche la 
prevenzione degli esiti cicatriziali più fastidiosi dal punto di vista 
cosmetico, come la formazione di cheloidi (cicatrici rilevate dovute a 
irregolare deposizione del collagene) o di aree depigmentate. Per questo, l’aloe 
può accelerare e migliorare solo parzialmente la guarigione delle ferite 
post-operatorie. Inoltre queste preparazioni hanno trovato impiego anche in 
ambito ospedaliero, principalmente nella cura e nella prevenzione delle 
piaghe da decubito, cioè le lesioni della cute che si formano per la 
prolungata immobilità a letto26. Di recente si è ipotizzato che il 
gel d’Aloe può essere utile in campo tricologico. Un prodotto topico con il 96% 
di gel d’aloe ed aggiunta di altri componenti (niacina, pantenolo, Vitamine A, 
E, B5, ed acido linoleico), si è dimostrato efficace in corso di calvizie 
comune27. Di recente abbiamo avuto esperienze positive con 
impiego di un topico cremoso evanescente a base di gel d’Aloe (all’1%), 
unitamente a tetracicline a basso dosaggio per os, nel trattamento di alcuni 
casi di dermatite granulomatosa pluriorifiziale. Questa patologia, di incerta 
etiologia, è considerata da alcuni una variante della dermatite seborroica, da 
altri una varietà di rosacea28. All’esame obiettivo si evidenzia una 
eruzione cutanea, talvolta unilaterale, con elementi di natura eritematosa, di 
1-2 mm di diametro, disposti intorno alla bocca e nelle pieghe nasolabiali, che 
possono estendersi al mento o al labbro superiore cutaneo. È possibile che la 
sintomatologia si allarghi anche alla fronte, alla glabella e alle guance (Foto 
1). La variante perioculare, al contrario, coinvolge principalmente le palpebre 
e talvolta le guance.  
Il decorso è vario e capriccioso e a periodi di acuzie possono seguire 
momenti di apparente miglioramento. Come inizio della sintomatologia la paziente 
riferisce un senso di fastidio nell’area intorno alla bocca, un lieve prurito e 
lievi sensazioni di bruciore, subito dopo insorge l’eritema che tende a essere 
persistente nel tempo. A seconda della tipologia delle lesioni il quadro clinico 
si può presentare con la prevalenza di elementi eritematoso-papulosi, 
papulo-vescicolosi o papulo-pustolosi, irregolarmente distribuiti e raggruppati. 
Spesso gli elementi vanno incontro a desquamazione con note seborroiche e 
possono esitare in iperpigmentazioni. A seguire, nella stessa sede si 
sovrappongono nuove eruzioni determinando un andamento a carattere cronico. Si è 
già detto che l’eziologia è sconosciuta e che è difficile indicare la causa 
primaria e quella che determina il riacutizzarsi della sintomatologia. Nel tempo 
l’attenzione si e’ appuntata sull’uso di cosmetici locali, di cortisonici topici 
o dentifrici fluorati o di contraccettivi orali. C’e’ chi ha scommesso su una 
iperattività agli ormoni sessuali, e chi l’ha collegata a una intolleranza alla 
luce. Non mancano ipotesi di un’origine batterica, forse il bacillus fusiformis, 
o relative a un’infezione da Candida albicans probabilmente di origine 
orodentaria. Inoltre, se tanti anni fa si chiamavano in causa turbe intestinali 
quali il malassorbimento, oggi va di moda ricorrere a una spiegazione che ne 
attribuisce la possibile colpa all’Helicobacter pilori presente nello stomaco. 
Non manca la scuola di pensiero che ne mette in evidenza una componente 
psicosomatica29. Come già detto in alcuni pazienti da noi 
selezionati, senza segni di gastropatia né familiarità seborroica o rosacea, 
l’impiego di minociclina (100 mg per os/die) e di un topico (bis in diem) a base 
di Aloe vera, ha determinato scomparsa dell’affezione in 6-10 settimane di 
terapia.  
 
Indirizzo per chiarimenti 
Dr. Giovanni Flati 
E-mail: dermoaq@libero.it   
  
 
Note e Bibliografia 
1Mansfield K: L’aloe, Ed. Mondatori, Milano, 1999.  
2Canevaro S.. Aloe vera, Ed. Rusconi, Milano, 2003.  
3Scoperto nel 1861 dallo studioso inglese Gorge Ebers. 
4Di Stanislao C., Corradin M., D’Onofrio T.: La Medicina Araba,
http://www.sia-mtc.it/Pag_culturali/Default.htm, 2004.  
5Di Stanislao C.. Generalità sull’Ayuverda,
http://www.sia-mtc.it/Pag_culturali/Default.htm, 2003.  
6Massarani E.: Erbe in Cina, Ed. ESI, Milano-Roma, 1981.  
7Zuccatti G.: Aloe vera: tutti i segreti. Origini, composizione, 
lavorazione, impiego, proprietà salutistiche, Ed. La Grafica, Firenze, 2004.  
8Tyler V: The Honest Herbal: A Sensible Guide to the Use of Herbs and 
Related Remedies, Third Edition Ed. Pharmaceutical Products Press, Binghamton, 
1993.  
9Manuchair E.: Pharmacodynamic Basis of Herbal Medicine, Ed. 
University of North Dakota, Grand Forks, 2001.  
10Tyler V: Herbs of Choice: The Therapeutic Use of Phytomedicinals, 
Ed. Pharmaceutical Products Press, Binghamton, 1994.  
11In definitiva due sono i prodotti principali derivati dalle foglie 
di specie del genere Aloe. Il succo amaro e giallastro, presente in cellule 
specializzate al di sotto della spessa epidermide, fornisce la droga dell’aloe. 
Il tessuto parenchimatico al centro della cellula contiene invece un gel 
mucillaginoso detto gel d’aloe.  
12Campanini E.: Dizionario di fitoterapia e piante medicinali, 2° Ed., 
Ed. Tecniche Nuove, Milano, 2004. 
13Lawless J, Allan J: Aloe vera. Le proprietà terapeutiche di una 
pianta versatile ed efficace, ed. Tecniche Nuove, Milano, 2000.  
14Smith L, Struck D: The aloe vera trail: Investigation of four 
patient deaths leads officials to company based in Maryland, Washington Post, 
1997, Oct 11, Sec. C, 1:2.  
15Barcroft A.: L’ aloe. Virtù terapeutiche di un prodigioso rimedio 
della natura, Ed. Hermes, Milano, 1998.  
16Schultz W: Proposed Rules, Federal Register 
1997,62(169):46223-46227.  
17Ishii Y, Tanizawa H, Takino Y. Studies of Aloe v. - Mechanism of 
cathartic effec,. Biological and Pharmaceutical Bulletin, 1994, 17:651-653. 
18Hecht A. The Overselling of aloe vera, FDA Consumer, 1981, 
15(6):26-29.  
19Contenuto nelle foglie fresche.  
20Le cose non sono cambiate al giugno 2004.  
21Lulinski B., Capica C.: Some Notes on Aloe Vera,
http://www.quackwatch.org/01QuackeryRelatedTopics/DSH/aloe.html, 1998.  
22Bisset N G, Wichtl, M (Eds.): Herbal Drugs and Phytopharmaceuticals 
A Handbook for Practise on a Scientific Basis With Reference to German 
Commission E, Ed. Medpharm Scientific Publishing, Berlin, 2003.  
23Gaedcke F, Steinhoff B.: Herbal Medicinal Products, Ed. 
Wissenschaftfliche, Stuttgart, 2002.  
24Corradin M., Ceccherelli F., Di Stanislao C.: Dispense del Corso di 
Fitoterapia Scientifica, Ed. AIRAS, Padova, 2000.  
25Choi SW et al.; The wound-healing effect of a glycoprotein fraction 
isolated from aloe vera.Br J Dermatol, 2001, 145(4):535-545. 
26Fulton JE Jr: The stimulation of postdermabrasion wound healing 
with stabilized aloe vera gel-polyethylene oxide dressing, J Dermatol Surg Oncol, 
1990,16(5):460-467. 
27Proserpio G.: Tricologia cosmetologia, Ed. BCM, Pavia, 1994.  
28Panconesi E.: Manuale di Dermatologia, Ed. USES, Firenze, 1981.  
29Braun-Falco O., Plewig G., Wolff H. H.: Dermatologia, Ed. 
Sprinter-Verlag Italia, Milano, 2002.  
  
   
             
              
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