Le sempre più numerose e disinvolte informazioni sul sesso che ci giungono
attraverso la carta stampata, la radio, la televisione ed il cinema hanno, oggi,
raggiunto livelli tali da superare a volte la soglia della saturazione. Ma tale
esplosione dell’informazione su argomenti sessuali sembra, paradossalmente,
contrastare, in particolare nel nostro Paese, con una diffusa disinformazione.
Parlare pubblicamente di ciò che viene considerata una propria "esperienza
privata", molto personale, spesso ingenera vergogna come se una naturale
esperienza di piacere fosse qualcosa di sconveniente, altri invece, più
disinvolti, sono portati all’esibizione pubblica delle proprie esperienze
sessuali pavoneggiando prestazioni più ideali che reali.
Tali atteggiamenti verso il sesso, effetto dell’educazione ricevuta e
dell’ambiente in cui si è vissuti, condizionano il proprio comportamento
sessuale favorendo il sorgere di comportamenti disturbanti e disfunzionali che,
per vari motivi, non consentono il raggiungimento esclusivo del piacere, scopo
del rapporto sessuale.
Alcuni dei disturbi della sessualità femminile possono avere una causa
organica in quanto dipendono da malattie di competenza medica, anche se, molte
volte, sulla base organica si innestano problematiche di natura psicologica
tanto che solitamente trattasi di patologie miste che nella pratica clinica
richiedono la collaborazione tra psicoterapeuti e ginecologi.
La maggior parte dei disturbi, invece, sono solo psicosessuali, sono cioè di
esclusiva competenza dello psicoterapeuta e hanno a che fare con schemi mentali
(solitamente ragionamenti erronei, pensieri irrazionali, immagini distorte,
aspettative irrealistiche), emozioni assenti, o troppo intense, e comportamenti
disadattivi della persona.
Questo articolo non esaminerà tutti i disturbi psicosessuali, ma verranno qui
prese in considerazione le sole disfunzioni sessuali che, d’altra parte, sono i
disturbi più diffusi. Si tratta di una serie di problemi femminili, che si
riscontrano durante l’attività sessuale con il partner ed alterano o le
sensazioni soggettive dell’esperienza sessuale o le prestazioni della persona.
Per facilitare l’individuazione di tali disturbi si consideri il rapporto
sessuale dal punto di vista fisiologico come una piacevole esperienza di scambio
di piacere che avviene in cinque fasi: si inizia con il desiderio (I fase),
segue l’eccitazione (II fase), poi la massima eccitazione o plateau (III fase),
quindi l’orgasmo (IV fase) ed infine la risoluzione (V fase). I disturbi
sessuali femminili possono verificarsi in una o più di queste fasi.
Il primo gruppo di disturbi che qui verranno presentati riguarda le
disfunzioni del desiderio sessuale (prima fase). Quando questo diminuisce, manca
oppure è troppo elevato il rapporto non funziona bene. Ci può essere un basso
desiderio sessuale (o desiderio sessuale ipoattivo) in cui la paziente può
comunque soddisfare il desiderio di attività sessuale del proprio partner, anche
se per lei tale esperienza può essere indifferente e non particolarmente
gratificante, mentre la paziente con avversione sessuale si oppone a qualsiasi
esperienza sessuale con il partner in quanto tale attività produce soltanto
emozioni negative. Nel caso poi di eccessivo desiderio (correntemente definito
ninfomamia) il problema può essere solo apparentemente sessuale: non sempre, ma
solitamente si tratta di un disturbo d’ansia tanto che lo scopo del rapporto
sessuale non è quello dell’ottenimento del piacere, ma quello della riduzione di
un alto livello d’ansia. In altri casi un’aumento del desiderio con conseguente
eccessiva attività sessuale senza curarsi di eventuali rischi, limitata però ad
un determinato periodo della propria vita, può ipotizzare un disordine
dell’umore piuttosto che un disturbo della sfera sessuale, oppure tale
comportamento, se continuativo, può essere l’espressione di un disturbo relativo
al controllo degli impulsi che i clinici americani chiamano irresponsable sex.
Durante la fase dell’eccitazione si può riscontrare nella donna una mancanza
di tumescenza dei genitali esterni e lubrificazione vaginale (risposta
fisiologica) accompagnata da una mancanza di eccitazione (risposta psicologica):
tale disturbo, un tempo denominato frigidità, può essere generalizzato e
verificarsi con tutti i partner come può presentarsi solo con certi partner ed
in determinate situazioni (disturbo dell’eccitazione sessuale femminile
situazionale). In tanti casi però problemi situazionali di eccitazione possono
derivare da stimolazione sessuale inadeguata per localizzazione, intensità o
durata.
Durante la fase orgasmica nella donna i meccanismi non sono così
fisiologicamente chiari come nell’uomo e spesso l’orgasmo viene dalla donna
scambiato con il plateau, d’altra parte dobbiamo anche considerare che il primo
studio sull’orgasmo femminile in laboratorio risale appena alla fine degli anni
Cinquanta! Ciò considerato anche dal momento che nella donna non avviene nulla
di così evidente come si nota nell’uomo (fenomeno eiaculatorio) tale fase può
non ritenersi così necessaria per la ricerca del piacere esclusivo come lo sono
invece le precedenti. Comunque nella fase orgasmica la donna può lamentare il
disturbo dell’orgasmo precoce, di difficile diagnosi, cui segue solitamente
fastidio nella continuazione del rapporto, oppure quello di mancanza d’orgasmo.
Nel caso di mancanza o d’inibizione dell’orgasmo femminile,(anorgasmìa),la
pratica clinica, al fine di predisporre le più efficaci strategie di intervento,
richiede la massima collaborazione da parte della paziente nella valutazione del
suo problema. Si tratta tra l’altro di capire se in passato si sono avute o meno
esperienze ritmiche diverse dal massimo piacere con partner o senza l’aiuto del
partner, così da poter diagnosticare se la lamentata anorgasmìa è di tipo
primario, secondario o situazionale. Per sfatare molti pregiudizi, fantasie e
falsi miti sul tanto discusso orgasmo femminile può essere utile sapere che
secondo l’attuale modello neurofisiologico quasi tutte le donne possono
raggiungere l’orgasmo con la stimolazione sufficientemente prolungata del
clitoride prodotta dal pene muovendosi in vagina (orgasmo clitoridèo), mentre
circa il 60% possono raggiungere l’orgasmo coitale; altre donne raggiungono
l’orgasmo soltanto con fantasie erotiche.
Sempre per la donna vale qui la pena di ricordare ancora due disfunzioni
sessuali molto diffuse le quali pregiudicano l’esperienza sessuale con
penetrazione, conosciute con i termini scientifici di dispareunia e di vaginismo.
Tali disturbi sono psicologicamente considerati fobie sessuali. Diagnosticamente
le fobie rientrano tra i disturbi d’ansia e consistono in una forma particolare
di paura non controllata, sproporzionata alla situazione e caratterizzata dall’evitamento
della situazione temuta. Nel caso particolare di fobie sessuali la paura
eccessiva, da cui l’evitamento, riguarda l’accettazione del pene in vagina. La
dispareunia è il dolore genitale ricorrente e persistente sperimentato durante o
dopo la penetrazione, spesso è diretta conseguenza di una patologia organica,
anche se non si esclude che possano concorrere fattori psicologici, solitamente
riferiti a disturbi somatoformi. L’altro disturbo, molto più diffuso e più
tipicamente fobico, responsabile della maggior parte dei matrimoni non
consumati, riguarda l’impossibilità per l’uomo di entrare in vagina del partner
per l’elevata resistenza all’apertura dei due muscoli dell’ostio vaginale. Tale
disturbo prende il nome di vaginismo dove una forte componente è costituita
dalla paura anticipatoria. Questa intensa paura che porta all’evitamento del
rapporto è spesso dovuta a disinformazione di tipo anatomico ("come è fatto") e
fisiologico ("come funziona") sull’apparato genitale sia femminile sia maschile.
Come per l’anorgasmìa, anche qui, nella valutazione psicologica che precede la
diagnosi della paziente disturbata si distingue, ai fini di un efficacie
intervento terapeutico, un vaginismo primario (da sempre),un vaginismo
secondario ed un vaginismo situazionale.
Per tutti i disturbi citati, oggi, dopo un’indispensabile, adeguata
valutazione clinica, non solo focalizzata specificatamente alla disfunzione
sessuale lamentata, ma allargata a 360 gradi sul funzionamento complessivo,
cognitivo e comportamentale della paziente, si può far ricorso a procedure di
intervento sessuologico e psicoterapeutico, anche piuttosto brevi con risultati
molto efficaci e durevoli nel tempo, soprattutto nel caso di utilizzo di quelle
procedure terapeutiche basate sui princìpi dell’apprendimento, tipiche della
psicoterapia comportamentista. In tanti casi il trattamento consiste in esercizi
graduati da farsi individualmente o in coppia il cui risultato finale dipende
dalla motivazione e dall’impegno a modificare anche schemi mentali e
comportamentali, appresi e ormai abitudinari, riguardo sé e l’altro. Infine, per
tanti disturbi, un aspetto significativo riguarda una corretta informazione
scientifica ed educazione sessuale da somministrare anche sotto forma di
biblioterapia, fotoriproduzioni scientifiche e films didattici, oltre che
attraverso alcune brevi sedute di counselling sessuologico, per la
demistificazione di miti e di diffuse e radicate credenze irrazionali sul sesso.
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