Dagli altopiani del loess (Shaanxi, Henan, Shandong) alle aree della Cina
Meridionale (Zhejiang, Jiangsu) e sub-tropicale, sono molti i siti che hanno
restituito importanti testimonianze materiali che consentono una, sia pure
parziale, ricostruzione dell’architettura cinese nelle sue fasi originarie. Nel
neolitico le abitazioni lungo il medio e basso corso del Huanghe (Fiume Giallo)
erano scavate nel loess come testimoniano, ad esempio, i resti del sito di
Qingliangang (Anhui) appartenente alla cultura neolitica di Yangshao (5000-3000
a.C.) alla quale ci riporta anche il villaggio di Banpo (Shaanxi a nord-ovest di
Xìan) dove si registra l’evoluzione dalla dimora seminterrata a quella, di più
vani, a livello del suolo con pali lignei utilizzati per sostenere il tetto di
forma conica in materiale vegeta le ricoperto di fango dei quali sono stati
ritrovati i fori nel terreno.
La più antica cultura neolitica scoperta nell’area del basso corso dello
Yangzijiang (Fiume Azzurro) è quella di Hemudu sviluppatasi nel distretto di
Yuyao (Zhejiang) 6000-7000 anni fa ca., caratterizzata dal prevalente impiego
del legno per la realizzazione di abitazioni sopraelevate su palafitte ganlan,
per le quali si è dimostrato l’utilizzo del sistema ad incastro tenone e
mortasa. Le tradizioni costruttive delineate consentono di individuare alcune
delle caratteristiche che permarranno nell’architettura cinese posteriore, ad
esempio l’impiego di pilastri lignei con funzione portante, che libera quindi da
questo compito i muri consentendo una maggiore libertà nell’organizzare lo
spazio interno, e l’ingresso orientato a sud. Presso la cultura tardo neolitica
di Longshan (3000-2000 a.C.) nel sito di Wangyoufang (Henan) è attestato per la
prima volta l’uso di mattoni crudi per l’edilizia. Le prime testimonianze di
edifici a carattere palaziale, segno di una avvenuta stratificazione sociale,
appartengono alla Cultura di Erlitou stratigraficamente posta fra la tarda
cultura Longshan e la più antica fase della dinastia Shang (XVI-XI sec.a.C.).
La città di Zhengzhou (Henan), identificata con Ao prima capitale Shang, si
rivela il primo esperimento di urbanizzazione pianificata con una planimetria
quadrangolare e una cinta di alte mura in terra battuta; ad Anyang, l’ultima
capitale Shang, le abitazioni, solitamente a pianta quadrata o rettangolare,
erano ordinate in file parallele creando la tipica ripartizione a scacchiera con
un asse principale orientata da nord a sud. Dall’una all’altra capitale è
possibile rilevare una evoluzione nell’architettura; nella prima le abitazioni
comuni sono prevalentemente a pianta rettangolare con il piano di calpestio
infossato di circa mezzo metro, ed è ancora poco diffuso l’impiego di
terrazzamenti alla base degli edifici, mentre nella seconda aumentano le
costruzioni sopraelevate su terrazzamenti in terra battuta. Un utile apporto per
ricostruire l’architettura del tempo è dato dai pittogrammi rinvenuti sulle ossa
oracolari e sui vasi rituali in bronzo raffiguranti costruzioni. Presso i siti
Shang sono state rinvenute condutture in terracotta utilizzate per il drenaggio
dell’acqua piovana e basi in bronzo sulle quali erano poste le colonne lignee
per proteggerle da facile marcescenza.
Durante la dinastia dei Zhou occidentali (XI-771 a.C.) la terra battuta e i
mattoni crudi rimangono i due materiali da costruzione principali, mentre siti
quali Fengcun e Keshenzhuang hanno rivelato l’impiego di tegole grigio scuro
cotte al forno che avran no ampia diffusione a partire dal periodo Primavera e
Autunno (770-476 a.C.). Le tegole, piatte o cilindriche, inizialmente erano
poste solo sul colmo e sul cornicione del tetto per prevenire le infiltrazioni.
In questo periodo è attestato per la prima volta, secondo quanto è illustrato
dai disegni architettonici rinvenuti su vasi in bronzo, l’inserimento di un
elemento di raccordo, simile ad un semplice capitello, posto tra la colonna
portante e l’architrave che può considerarsi l’antenato del sistema mensolare
dougong. Si tratta di quel complesso di mensole in legno, originariamente
costituito da due bracci curvi, inserito tra l’apice del piedritto e la trave
maestra per meglio distribuire il peso del tetto che, nel tempo, potrà così
ampliare la propria superficie accentuando la curvatura degli angoli verso
l’alto. Il progressivo aumento delle mensole porterà, all’apice dell’evoluzione
del sistema mensolare, alla perdita di una reale funzione portante per
privilegiarne l’aspetto puramente decorativo.
Un apporto allo studio dell’architettura del periodo degli Stati Combattenti
(475-221 a.C.) viene anche dal rinvenimento a Pingshan (Hebei) nella tomba n.1
del complesso sepolcrale del re di Zhongshan, di una lastra in bronzo ageminato
con il progetto del l’intero mausoleo, conservatosi solo in parte. Si tratta
della più antica rappresentazione in scala, 1/500, rinvenuta in Cina corredata
da più di 450 ideogrammi che indicano le misure e i nomi degli ambienti. Durante
il periodo che va dagli Stati Combattenti agli Han Occidentali (206 a.C.-24 d.C.)
l’uso dei mattoni e il diffondersi di costruzioni in legno a più piani,
innalzate utilizzando il sistema mensolare, costituirono la base del grande
sviluppo costruttivo che ebbe luogo durante gli Han Orientali (25-220 d.C.).
Sebbene non vi siano testimonianze materiali delle costruzioni
lignee Han, le lastre tombali con rappresentazioni architettoniche, le
camere funerarie che ripropongono nella pietra gli elementi
dell’architettura lignea e i modellini di edifici in terracotta che
formavano il corredo funebre, consentono una ricostruzione, sia pure
indiretta, delle principali tipologie architettoniche fra le quali si
segnalano le torri di guardia a più piani, i granai, le tipiche
residenze con cortile interno. Il periodo che va dalla caduta
dell’impero Han all’avvento della dinastia Sui (581-618 d.C.) fu segnato
da divisioni politiche, guerre civili ed invasioni barbare. Le novità
più significative in campo architettonico scaturiscono dalla
penetrazione e diffusione del Buddhismo (dal I sec .d.C. in poi) che
comportò il sorgere di un gran numero di templi, pagode e complessi
monastici rupestri (Fig. 1). |

Fig. 1: Complesso monastico buddista di tipo rupestre |
Nell’architettura buddhista cinese i templi, realizzati ad
imitazione dei palazzi nobiliari mantengono le caratteristiche delle
residenze secolari, mentre le pagode, derivazione dello stupa indiano,
trovano nelle torri di guardia Han il loro principale modello di
riferimento. Durante i Jin (265-420 d.C.) e le Dinastie del Nord e del
Sud (386-581 d.C.) si accelera il processo che porterà alla definizione
di una nuova architettura, sintesi di apporti stranieri e locali. La
dinastia dei Tang (618-907) continuò ad usufruire sia della capitale che
dei palazzi costruiti dai Sui, facendo della loro capitale, ribattezzata
Chang’an, una delle città più grandi e popolate dell’epoca. Le più
importanti testimonianze, ancora visibili, dell’architettura di questo
periodo sono la grande e la piccola pagoda dell’Oca Selvatica, Dayanta e
Xiaoyanta, a Xìan, entrambe in mattoni e a pianta quadrata, e il
Padiglione Principale in legno del Fokuangsu sul monte Wutai (Fig. 2).
|

Fig. 2: Piccala pagoda dell’Oca Selvatica |
Residenze, palazzi imperiali e pagode lignee sono per lo più andati perduti
ed i pochi edifici che rimangono esemplificano una delle caratteristiche
principali dell’architettura lignea incentrata sull’utilizzo del jian, il vano,
la fondamentale unità di organizzazione spaziale che può espandersi o ripetersi
per formare costruzioni separate. Il jian coincide con lo spazio definito da
quattro colonne sul quale si imposta il Tian, il padiglione che costituisce
l’unità base dell’architettura cinese conferendole la caratteristica struttura
modulare che, grazie alla standardizzazione delle misure di ogni suo componente,
consente la precoce applicazione dei metodi della prefabbricazione. Il periodo
che va dalla fine dei Tang all’affermazione dei Song Settentrionali (960-1127
d.C.) fu un’epoca molto importante per l’evoluzione dell’architettura. Alcuni
fattori, quali lo spostamento dell’epicentro culturale da nord a sud a causa
delle invasioni “barbariche” e i contatti con i mercanti stranieri, promossero
lo sviluppo di un’architettura tradizionale ricca di elementi locali ed influssi
esterni che raggiungerà la piena fioritura all’epoca dei Song Meridionali
(1127-1279) che stabilirono la loro capitale ad Hangzhou. I Qitan, dinastia di
origine nomade, regnarono con il nome di Liao (916-1125) nel nord della Cina
dove hanno lasciato numerosi esempi della loro architettura che testimoniano
della predilezione per costruzioni orientate ad est, anziché a sud, e pagode in
mattoni a pianta ottagonale con ricche mensolature e nicchie decorate con
animali e divinità a rilievo.
Le pagode della Cina meridionale, che maggiormente risentirono del l’influsso
dei Song, si distinguono per una maggiore semplicità. Del periodo Song non
restano abitazioni, ma grazie al manuale sulle norme per la costruzione, Yingzao
Fashi, commissionato dall’imperatore Zhezong nel 1097 e completato nel 1100, è
possibile conoscerne caratteristiche e tecniche impiegate.
Sappiamo, ad esempio, che gli edifici pubblici si dividevano in otto
categorie e quelli di prima classe avevano da dieci a dodici colonne
lungo l’asse est ovest. Il sistema mensolare prevede mensole ben
distanziate e bracci. Con la dinastia mongola degli Yuan (1279-1368) si
registrano principalmente innovazioni nell’ambito dell’architettura
religiosa con l’avvento di modelli ispirati alle costruzioni del
buddhismo lamaista tibetano che godeva della protezione imperiale.Esempio
sono la costruzione dei chorten (stupa) in stile tibetano, a tale
proposito si veda lo Stupa Bianco (Fig. 3) Baitasi, di Beijing, che
risale al 1272 (in epoca Liao già esisteva sul posto uno stupa
reliquario) presenta la base costituita da una parte cubica modulata da
cornici a profilo spezzato, la cuspide massiccia a 13 anelli con ampio
“ombrello”. |

Fig. 3: Lo Stupa Bianco di Pechino |
Un’altra costruzione mongola, sempre a Beijing, è la porta alta 22 metri,
elevata da Kubilai Khan, sormontata da una fortificazione in muratura, che
rappresenta un’innovazione rispetto ai semplici padiglioni lignei in uso fino ai
Song. Lo stile architettonico in auge durante la dinastia dei Ming (1368-1644)
rivela un’impostazione lineare, che predilige costruzioni con tetti
moderatamente ricurvi e piante regolari dalle rigide simmetrie, fondendo la
semplicità degli impianti con la monumentalità dei complessi Tang e la ricchezza
coloristica e chiaroscurale tipica dei Song, Liao e Yuan. I Ming stabilirono la
loro capitale a Nanjing (Nanchino), ma nel 1420 Yongle il terzo imperatore la
spostò a Beijing dove aveva fatto costruire la Città Proibita, fondendo la
preesistente città Yuan (città tartara) con il vasto sobborgo più a sud (città
cinese). La città proibita Gugong fondata nel 1407 fu la dimora delle ultime due
dinastie, i padiglioni oggi rimasti sono per lo più del XVIII sec.
Una costruzione ad imitazione dei chorten tibetani è il Wutaisi, Tempio delle
5 Pagode, di Beijing, rifacimento del tempio indiano della Mahabodhi, edificato
nel 1473, costituito da un massiccio parallelepipedo in muratura sormontato da 5
chorten che contengono 5 statue in oro del Buddha. L’architettura lignea di
questo periodo mostra un nuovo equilibrio e ritmo all’insegna della simmetria,
dovuti all’ampiezza degli intercolumni nella parte centrale della costruzione e
alla minore importanza data alla mensolatura tradizionale rispetto
all’architrave sottostante riccamente decorato. La mensolatura conserva la forma
a grappolo resa con il sovrapporsi di mensole secondarie, che moltiplicano i
bracci di appoggio, a quella centrale più bassa sulla quale si concentra la
funzione portante, secondo quanto si può ancora oggi vedere nelle tre sale da
cerimonia (ricostruite nel 1700 ma che riprendono lo stile Ming) all’interno
della Città Proibita allineate lungo l’asse sud nord su alti terrazzamenti a più
piani recintati con balaustre di marmo. La dinastia mancese dei Qing (1644-1911)
resistette inizialmente a qualsiasi tentativo di sinizzazione che, tuttavia, fu
inevitabile in un campo quale quello architettonico per il quale non possedeva
una propria tradizione. Non si verificò quindi una vera è propria cesura
rispetto allo stile architettonico dei Ming che fu invece rielaborato preferendo
strutture nelle quali la monumentalità lasciava il posto ad un gusto piuttosto
evidente per la sovrabbondanza decorativa che si esprimeva attraverso pitture,
intagli, sculture e mattonelle smaltate dai vivaci colori. Anche i Qing
seguirono la dottrina buddhista lamaista è numerose furono le costruzioni
fortemente influenzate dalla cultura tibetana. Uno degli esempi più evidente è
certamente il complesso di Jehol, (Chengde) residenza estiva voluta
dall’imperatore Kangxi (1662-1723) che vi fece costruire un immenso giardino con
imponenti palazzi, templi e monasteri, l’imperatore scelse lo stile della Cina
centrale per le architetture civili e lo stile tibetano per i templi e per i
monasteri.
Il piccolo Potala (Putuozhongshengmiao), che ripropone in scala
ridotta il Potala di Lhasa, è il monastero più grande, costruito nel
1767 per celebrare il sessantesimo genetliaco dell’imperatore Qianlong
(1736-1796). La pagoda di Behai edificata a Beijing nel 1651 in
occasione della visita del quinto Dalai Lama, è un’altra delle
realizzazioni in stile tibetano dell’epoca.A Beijing si conserva l’assialità
degli impianti Ming, esempio classico è il Tian Tai l’Altare del Cielo,
edificato tra il 1406 ed il 1420 per volere di Yongle (1403-1425), il
cui aspetto attuale è dovuto ad un restauro del 1754 eseguito durante il
regno di Qianlong (1736-1796) (Fig. 4). Nell’impianto centrale è
evidente il ricorso alle regole geomantiche del Fengshui applicate ad un
edificio che doveva essere il luogo del contatto rituale fra il Cielo e
la Terra realizzato attraverso l’Imperatore che vi si recava due volte
l’anno. Il padiglione dell’altare circolare con la sua volta interamente
costruita attraverso un complicato sistema ad incastro rappresenta la
più alta dimostrazione dell’abilità raggiunta dai maestri carpentieri
cinesi. |

Fig. 4: L’Altare del Cielo di Pechino |
A fronte di una tradizione architettonica ufficiale, le cui forme risultano
funzionali all’espressione di uno status socio politico definito nell’ambito di
un sistema di potere ben strutturato, va sottolineato come l’architettura
contadina o regionale, a seconda che si voglia evidenziare l’appartenenza ad un
territorio o ad un gruppo, si strutturi essenzialmente come risposta alle
molteplici sollecitazioni ambientali ed alle diverse esigenze connesse
all’organizzazione sociale, familiare e collettiva. La maggiore libertà
espressiva, derivata dalla mancanza di norme codificate e dalla varietà di
tradizioni locali, consente di individuare, infatti, una casistica piuttosto
ampia di modelli abitativi caratterizzati, anche, da un complesso decorativo
che, pur inserito nell’ambito di un contesto semantico, soggetto a più di una
interpretazione, non soggiace a regole rigide, ma può sbizzarrirsi in formule
variegate, assolutamente originali o derivate, per emulazi one, dai codici
dell’architettura canonica. Una delle caratteristiche distintive
dell’architettura rurale si individua nell’utilizzazione generalizzata di
materiali “poveri”, di facile reperibilità, che spesso mutano, dando il senso
della dislocazione territoriale degli insediamenti abitativi, a differenza di
quanto avviene nell’architettura ufficiale nella quale la scelta dei materiali,
spesso non disponibili in loco, non è data esclusivamente da ragioni di ordine
pratico, ma anche simbolico. In conclusione si può quindi affermare come, la
tradizione architettonica cinese, frutto di una lunga e costante evoluzione che
ha visto protagoniste maestranze anonime, si debba considerare in tutte le sue
molteplici espressioni, non solo in quelle ufficiali, che ci restituiscono una
realtà molto più complessa e diversificata di quanto non appaia ad un primo
approccio.
Autore: Carlo Di Stanislao
Letture consigliate
- AAVV: Cina, Touring, Torino, 2001.
- AAVV: Cina: architetture e città. Testo cinese a fronte, Ed. Gangemi, Palermo,
1995.
- Eichhorn W.: La Cina, Ed. Jaca Book, Milano, 1983.
- Gorge R.J.A.: Storia della Cina. La politica, la realtà sociale, la cultura,
leconomia dallantichità ai nostri giorni, Ed. Newton & Compton, Roma, 2002.
- Pirazzoli N.: Storia universale dellarte. La Cina, Ed. UTET, Torino, 1996.
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