Eagle Plains, 5 luglio
So che oggi mi aspetta una giornata lunga, anzi lunghissima, ma luce ce nè
finché si vuole e non mi preoccupo.
Perciò faccio una gran colazione perchè poi durante la giornata non mangio mai
nulla di troppo elaborato e appetitoso, se non
frutta secca, biscotti, e
barrette che ho comperato a Dawson... e fanno proprio schifo. Una tazza di
cioccolata con latte, riempita con frutta secca e poi 3 buste di pasta, la mia
roba disidratata. Questa si che è buona. Nonostante ciò, sento e vedo che ho
perso peso e la mia faccia è segnata dalla gran fatica. Un polacco molto
simpatico si è fermato anche lui in questo posto. E mentre facciamo colazione ci
raccontiamo le nostre avventure. E’ un fotografo ed è qui per fare un servizio
fotografico con tanto di macchine, obiettivi e zoom professionali, io nei suoi
confronti sembro uno zingaro con la mia attrezzatura, ma nonostante tutto è meravigliato dall’avventura che sto realizzando molto velocemente e dalla
quantità di materiale che riesco a mandare in modo autonoma e senza il supporto
di unéquipe. Guarda il mio satellitare e il pannello solare per la carica delle
batterie. E’ straordinario, ma come fai? mi chiede. Io che non pedalo, faccio
solo foto, quasi non ho il tempo di mangiare. Tu pedali, devi farti da mangiare,
montare la tenda, filtrare l’acqua, fai foto, fai film, scrivi, mandi tutto con
il computer e il telefono. Ma come fai? Una cosa hai dimenticato, gli dico: il
dormire. Ecco dormo poco, così mi avanza tempo, dormirò quando sarò a casa, in
Italia.
Alle 9:30. Un saluto, anche lui prosegue per Inuvik, carico la bici e via. La
strada è bella e anche se ha cominciato a piovere la temperatura non e troppo
bassa, solo 12 gradi. Passo tra un bosco di pini bassi e fragili. Fortunatamente
i primi 60 km è quasi tutta pianeggiante e sono così veloce che penso quasi di
arrivare molto in fretta e prima di cena. Costeggio prati verdissimi e mi fermo
spesso a guardare gli uccelli. Poi la prima salita, non finisce più, continua ad
alzarsi e salire sulle colline dolci. Inesorabile, mi fa scendere alcune volte
perchè è molto lunga. E poi sembra di arrivare, e spiana un attimo... e poi
ancora una dolce collina. e su ai 5-6 km orari con il rapporto più agile.
Ho la bici così carica che una saldatura del portapacchi si e rotta.
Fortunatamente me ne sono accorto e ho cercato di ripararla fissandola con una
corda. Sembra che tenga. Dall’alto di queste colline lo spettacolo è grandioso.
Un mare, un oceano di altre colline davanti a me, con la strada che si insinua
tra queste e a volte ne raggiunge la cima. Poi il colore nero dell’ombra delle
nuvole le da un tocco speciale, come una pennellata d’artista... E uscito il
sole, fortunatamente, e mi asciuga la roba che ho intorno. E su e giù per ore,
ore, le mie gambe cominciano a patire. Facevo fatica in canoa, ma avevo
tantissimo tempo perchè svolgevo molti lavori mentre mi portava la corrente del
fiume. Qui, invece, se solo stacco la mano dal manubrio per scacciare una
zanzara, perdo l’onda e sento il materiale sul portapacchi che dall’ondeggio
tocca il copertone e rischio di cadere. Le ore passano e poche macchine sono
passate. Qualche camion e 5-6 camper, questa mattina.
Ora sono completamente solo da un bel pezzo, ma la situazione non mi
spaventa, ho altre compagne che mi fanno compagnia e mi ricordano che sto
vivendo una grande avventura: la stanchezza, la fame, la sporcizia, la
sonnolenza, l’acido lattico nei muscoli, le ginocchia sofferenti, il mal di
c..., il sudore negli occhi, il male alle mani, tutte situazioni che mi fanno
compagnia, mi sono abituato, mi fanno solo male fisico, non le devo considerare,
non sto lottando con loro. Non è ne più ne meno di quello che ho gia vissuto e
che pensavo di trovare. La mia psiche è nel suo ambiente ed è tutto accettato.
Ho il tempo di assaporare qu este situazioni di dolore e dimenticarmene per
pensare a tutte le persone care. So che tantissima gente mi è vicina. Pedalo e
penso, penso e pedalo, sono le 2 di mattina, fa freddo e oramai il mio fisico
viaggia in automatico, ho fatto più di 150 km e oltre 3000 m di dislivello.
Sono senza dolore o, forse, sono tutto un dolore? Un vecchio camper si ferma.
Due pensionati scendono e si avvicinano. La signora mi tocca e sembra volermi
coccolare. Mi invitano insistentemente nel loro camper anche perché siamo
assaliti dalle zanzare. Io mi sono abituato e ho la faccia gonfia, ma loro sono
in maniche corte.
Mi preparano dei panini. Ne divoro 4 e bevo 2 coca cola. Abitano nella provincia
di Nova Scotia. Un’isola che ha la particolarità, mi hanno detto, di unalta
marea che si muove di 25 m. Stanno girando, da pensionati, per alcuni mesi.
Prima di salutarci, la signora mi dà ancora dei biscotti e dei panini da portar
via.
Torno fuori, tra le zanzare e il freddo. E’ dura ricominciare alle 2:30 vedendo
allontanarsi nel nulla la sagoma di un camper comodo e caldo. Sono ancora solo.
No ho le mie colline da pettinare e ritagliare con le ruote. Luci oltre una
collina, sto arrivando a Eagle Plains. Alle 4:00 di mattina sono a metà strada.
Qui si trova un Motel con ristorante e un benzinaio. E’ un lusso. Alcuni camper
sono parcheggiati e qualche tenda è piantata. Cerco un posto anche per la mia.
Mi muovo molto piano, sono veramente stanco. Entro nel sacco a pelo, con il
sudore sul corpo che sembra colla.
Buona notte
Mauri
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Rock River Campground, 6 luglio
Quando mi alzo, sono le 8:00 circa. Non ho molto sonno, ma sono stanco. Non
me ne accorgo, ma sicuramente l’adrenalina che ho in corpo mi tiene in carica.
Devo stare in ogni caso molto attento e controllare anche questa situazione
perchè quasi non ho voglia di mangiare e di bere. Ma lo faccio regolarmente e
quando posso riempio lo stomaco con tutto quello che trovo. In questo caso posso
fare una colazione mega, con hamburger, salsicce, uova bacon e formaggio. Che
lusso!
Sistemo e riordino la mia roba. Ricarico le batterie e il telefono
satellitare che mi serve per agganciare il satellite Iridium e spedire il
materiale fotografico. Vengo a sapere che si può fare una doccia calda. Nooo!
Che spettacolo! Mi sento così sporco che mi butto sotto e ci sto molto,
continuando a strofinarmi e a grattarmi fino a far riaffiorare il prurito delle
punture delle zanzare da goderne quasi. Sono come nuovo e prima di ripartire
mangio un’altra volta abbondantemente.
La giornata è splendida ed ho quasi caldo, appena risalgo un’altra collina.
Oramai mi sono abituato a convivere con questi saliscendi. I paesaggi sono
fantastici, splendide vedute su praterie, verdissime, punteggiate di fiori viola
e gialli. Dall’alto di queste colline, a volte, vedo un fiume dall’andamento
danzante che si allontana in qualche valle laterale per lasciare il posto
all’orizzonte verde del bosco. Sembra di volarci sopra perchè la strada è sempre
sopraelevata di qualche metro dal materiale che hanno utilizzato per rendere il
fondo stabile.
La solitudine mi accompagna, oggi non sono passati neppure i grossi camion.
Posto da orsi. E’ qualche giorno che non ci penso, ma ho sempre tenuto la solita
attenzione la sera, quando mi fermavo, riguardo al cibo. Sulla bici ho il
campanello che annuncia la mia presenza e a portata di mano la bomboletta spray
al pepe. Dalla strada, quasi non lo vedo perché spesso pedalo attento con lo
sguardo avanti a me. Ma d’istinto mi giro: il suo viso e il suo sguardo
incrociano i miei. Non ho paura, ma ringrazio che non sono in salita ai 4 km
orari. Un orso nero, non sembra grosso, ma spingo sui pedali, quando mi giro
sono lontano e lo vedo con 2 piccoli entrare nel bosco. E’ casa sua e si muove
con calma. Per qualche ora il mio pensiero era fisso lì, e non potevo fare a
meno di guardarmi intorno in continuazione e, quando la tensione cresceva,
suonavo il campanello molto forte.
Passo in prossimità di un incendio, l’orizzonte ora è marrone, pedalo per
qualche ora e mi rendo conto che era veramente grosso. L’odore è molto forte e
vedo anche una fumarola ancora attiva. Qualche giorno fa la strada era chiusa.
Neanche le zanzare resistono, qui, fortunatamente per un po’ mi lasciano in
pace. A loro piace aggredirmi quando mi fermo o sono in salita e vado
piano. Sono centinaia e mi lasciano solo se la mia velocità supera i 10-12 km
orari. Prima di arrivare a Rock River Campground mi sorprende un forte
temporale, ma oramai ci siamo. So che c’è una baracca e potrò accendere il fuoco
per asciugarmi, mangiare e dormire su un tavolone.
Ore 1:30. Buona notte
Mauri
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Campo manutenzione strada. Container lavoratori, 7 luglio
Il tempo questa notte era molto brutto. Ha piovuto ininterrottamente e la
temperatura si è abbassata. Questa mattina tira anche un forte vento che passa
tra le zanzariere della baracca, che non ha finestre da chiudere. Mi accendo il
fuoco e mi preparo una colazione abbondante. Ho limpressione che sarà una
giornata veramente dura. Piove, ma, io sono coperto. Sono pronto per partire,
quando vedo arrivare un tipo in moto. Appena vede il fumo del camino e me, mette
la moto sul cavalletto ed
entra. Un uomo sulla sessantina e con grande spirito. E tutto bagnato ed ha il
casco sporco di fango, ma ha una tuta molto grossa e sta bene. Mi dice che la
strada è tutta un fango ed è molto difficile guidare la sua 650 perchè sbanda
molto. Beviamo un caffé insieme e siamo pronti per partire. Ciao, buon viaggio e
buon divertimento e fai attenzione, ci diciamo a vicenda. Comincio subito
affrontando una salita molto ripida. Quasi non mi accorgo delle condizioni
atmosferiche perchè sono appena partito e sono caldo. Ma poco dopo mi rendo
conto che il tempo passa e i km no. Il vento è frontale e la pioggia fredda mi
bagna il viso. Sono costretto ad avanzare con la testa piegata e il cappuccio
che mi copre la faccia. Se almeno non ci fosse il vento.
La temperatura è 1 grado e il vento dà limpressione che sia ancora più
bassa. Il mio corpo è al caldo ma le mani sono gelide anche con i guanti. Tiro
le maniche della giacca fino ad allungarle e avvolgerle per ripararle dal vento
e non bagnare troppo i guanti. Spingo su quasi tutte le salite perchè le
raffiche sono troppo forti e mi fanno ondeggiare. Una di queste, veramente
violenta, mi apre il cappuccio e mi fa volare il cappellino sopra il foulard
termico. Vola lontano, giù per la scarpata. Non ho voglia di scendere a
cercarlo. Ogni tanto mi fermo a bere o a mangiare e mi metto di schiena,
impuntato. Penso che forse potrei tornare indietro, al campo, ad aspettare con
un bel fuoco acceso. Ma no, quando sarò veramente esausto pianterò la tendina.
La nebbia si fa fitta e su una salita, in lontananza, intravedo delle luci di
macchine o camion. Che ci sia un incidente? Una frana? Che si siano fermati
tutti per la nebbia? Qualche decina di minuti dopo, arrivo e vedo che è un campo
di lavoratori.
Senza che io dica nulla mi chiamano e fanno cenno di entrare nei loro container
che sono adibiti a camere, cucine, mense, laboratori. Sono super attrezzati e la
tecnologia che hanno è allavanguardia.
Allinterno trovo anche il motociclista. Si è fermato anche lui. Vuol tornare
indietro e riprovare domani. Mi offrono da mangiare e roba calda da bere. 18 km
in 3 ore 45. Non so quanto rimarrò qui. Forse anche per la notte. Dicono che il
tempo non migliorerà fino a domani.
Mauri
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Tsììgehtchic, 8 luglio
Sono rimasto al caldo in un laboratorio, la nebbia era troppo fitta, pioggia
e freddo mi hanno convinto a rimanere. Non ho dormito granché perchè cera un
via vai di persone e macine per i sassi e le analisi che facevano erano
rumorosissime. Mi hanno dato persino i tappi.
In ogni caso ero steso sul pavimento nel mio sacco a pelo, al caldo. Mac ha
finito il turno alle 6 e mi dice che mi accompagna in Jeep fuori dai campi di
lavoro per una trentina di km, perchè è troppo pericoloso con questo tempo, la
visibilità è scarsa e i camionisti sul percorso sono stanchi, la mattina. Non
piove e la temperatura è un po’ più alta di ieri sera, 8°. Sbanda anche lui con
la Jeep e procediamo piano. Qualche km dopo raggiungiamo un passo e la regione
dello Yukon è finita, la Dempster prosegue in unaltra regione, Territori Del
Nord Ovest. Ma la nebbia non cede.
Mac è un giovane canadese di 22 anni e si guadagna così i soldi per fare
luniversità.
Dopo circa 30 km mi lascia su un discesone. Ci salutiamo e lo ringrazio
regalandogli una maglietta.
Non mi ricordavo quasi più del carico sulla bici. Devo fare attenzione a non
prendere troppa velocità. Il portapacchi si è rotto in alcuni punti ed è tenuto
insieme con della corda. Cè nebbia a sprazzi, ma almeno non piove e non cè
vento, che goduria. La tendenza della strada è quella di abbassarsi, ma le dolci
salite ci sono ed ora, dopo una settimana intensa, le mie gambe le sentono ogni
volta. Dopo circa 50 km un traghetto mi porta in pochi minuti oltre il fiume
Peel River. Il tempo si è messo al bello e quando arrivo al villaggio indiano di
Fort McPherson cè il sole e fa caldo.
Allunico locale, quasi una cucina, vicino al distributore, mangio uova e
salsicce. Tutti mi guardano, ma non sono morbosi. Mi salutano e mi chiedono da
dove vengo. Prima di partire do sempre unocchiata generale alla bici. Un raggio
rotto! La ruota è un po’ scentrata ma la sistemo velocemente. Poi anche il mozzo
della ruota anteriore è allentato e ha gioco. Ma roba da poco. Niente di grave,
fortunatamente, e questa pista veramente bella mi da una mano.
Quando la pista mi porta su qualche collina vedo lorizzonte verde e numerosi
laghetti e intravedo pure il delta del fiume Mackenzie. La giornata si è messa
proprio al bello e fa veramente caldo, sono circa 18° e sudo. Mi da quasi
fastidio questo caldo. Dopo 113 km finalmente arrivo sul fiume Mackenzie. Mamma
mia che grande. Unaltro traghetto e sono al piccolo villaggio indiano di
Tsììgehtchic. I lavoratori del traghetto mi indicano un buon posto dove mettere
la tenda. Vicino alla piccola chiesa cè un piccolo prato che da la vista
proprio sullapertura del fiume Mackenzie.
Che vista ragazzi, poi il sole scende proprio di fronte a me e assisto a un
tramonto meraviglioso. Alle 2 di notte il sole basso fra le nuvole le colora di
sfumature che vanno dal giallo, al rosso, al rosa.
Riesco a difendermi dalla gente curiosa e dalle zanzare rintanandomi nella mia
tendina.
Buona Notte.
Mauri
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Inuvik, 9 luglio
Quando mi alzo questa mattina, ho una spiacevole visione. Non vedo più il
mio fornellino per cucinare. Lavevo lasciato vicino ad alcuni sassi con la
pentola. Era pronto per questa mattina. Questo mi dispiace perchè è necessario
per continuare il mio viaggio. Mi dirigo allora verso una piccola casa marrone.
Un cane allimprovviso sbuca e mi abbaia, fortunatamente è legato. Il suo
abbaiare fa arrivare alla porta una signora indiana, e dopo averle spiegato la
mia situazione e chiesto dellacqua calda mi fa entrare. Insiste nel farmi la
colazione a base di carne e uova. Beverly con la sigaretta in bocca mi indica le
carte e vorrebbe giocare con me, si comporta come se ci conoscessimo da sempre.
Mi fa vedere un po’ la piccola casa e, aprendo la porta di una camera, anche i 2
figli che stanno dormendo. Il marito lavora in qualche miniera, lontano, in un
altro villaggio del nord.
Parliamo del mio viaggio, è contenta, mi ascolta volentieri e mi da dei
consigli.
Poi una cosa che non mi aspettavo. Mi offre casa sua a Inuvik dove vive in
inverno, e mi dice che ci posso stare quando arrivo questa sera. Telefona al
fratello e lo avverte del mio arrivo. Un gesto che mi lascia con il batticuore.
La fiducia esiste ancora in alcuni luoghi. Noi la stiamo rovinando giorno dopo
giorno, nel nostro mondo. Non abbiamo più necessità degli altri (apparentemente)
e ci permettiamo di trattarli male. Qui ognuno ha bisogno sempre degli altri.
Ho saputo dellattentato a Londra.
Riprendo il traghetto per andare dalla parte opposta e racconto del furto ai
lavoratori. Subito un giro di chiamate con le radio per avvertire il capo del
villaggio. Non mi fanno scendere, sono sconcertati da questo gesto. E torno
indietro al villaggio. Il capo del villaggio, un tipo distinto e rispettato, mi
porge la mano e si scusa, farà il possibile per rintracciare il mio fornello.
Gli dico che ne comprerò uno a Inuvik, non ho tempo per aspettare, ho molta
strada da fare. Lui insiste che bisogna risolvere questo grave problema. Lui
stesso mi accompagna al villaggio in macchina e ancora per radio chiama alcuni
collaboratori. 30 minuti e una mamma accompagna il figlio grande con una
bacchetta in mano. E lui il colpevole e mi riconsegna il fornello. Tutti si
scusano e io dico di non essere troppo severi.
Mi aspetta una lunga strada, fortunatamente quasi tutta pianeggiante. Passano
molte macchine perchè in questi paesi ci sono molti lavoratori e pescatori.
Lungo la strada mi fermo in un campo di pescatori; mi regalano del pesce che
stanno affumicando in una
baracca di legno. Fortunatamente il cielo è un po’ coperto e io pedalo bene. La
zona è ricca di fiumi e molte sono le persone con la canna in mano. Un
rettilineo impolverato, una macchia scura lontana, non è un orso, è troppo
piccolo, si alza di scatto e corre via velocissimo, un lupo meraviglioso. E
lultima cosa che mi offre questa pista. Ora sono veramente stanco, centinaia di
salite che non mi aspettavo mi hanno demolito le gambe, e poi la pioggia e il
vento, brutta stagione anche per i canadesi.
Ho pedalato molto in questi giorni; vedo le prime case, le prime officine, e
poi il grandissimo cartello che indica la fine della Dempster Highway, un
percorso molto difficile, non me lo aspettavo così impegnativo e con così tanto
dislivello. Una pista che mi ha offerto tutto quello che mi poteva dare per
renderla avventurosa. Polvere, terra, ghiaia, salite, discese, sole, pioggia,
freddo, vento, incontri, animali, persone, la gioia per me biker.
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Inuvik, 10 luglio
Ora mi trovo nella casa di Beverly, cè un caos indicibile dentro, ma ho
potuto fare una doccia caldissima e ho dormito sul divano. Che pacchia. Quando
sono arrivato, ieri sera, mi aspettavano perchè sapevano del mio arrivo. Mi
hanno aiutato a portare la bici e la roba in casa e se ne sono andati.
Questa mattina andrò in centro a chiedere come è la situazione sul fiume e
sulloceano, poi deciderò cosa fare.
Ciao Mauri
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Check Point n° 15, 12 luglio
Prosegue la discesa di Maurizio, in canoa, del fiume Mackenzie. Ieri ha
telefonato raccontandoci della fatica fatta per percorrere solo 50 km, da quando
è partito da Inuvik. Il vento proveniente dal nord, molto freddo, e il fiume,
molto agitato e melmoso, lo hanno rallentato. Più che un fiume è un dedalo di
canali che aumentano man mano ci si avvicina al delta del fiume che sfocia
sulloceano artico.
Maurizio si trovava al Check Point 15, così chiamato da lui perché in quella
zona non ci sono punti di riferimento, solo tundra e acqua a perdita docchio.
Maurizio, avendo preparato accuratamente questa avventura sapeva dei problemi
che avrebbe incontrato nel delta del fiume Mackenzie, ed allora, ancora in
Italia, aveva segnato il percorso su una mappa dettagliata del fiume marcando
circa 43 punti di riferimento nella memoria del suo GPS, che poi ha richiamato e
seguito durante il viaggio. Ancora 120 km di pagaiate e se le condizioni meteo e
del mare glielo permetteranno, riuscirà ad arrivare alla sua meta, la città di
Tuktoyaktuk.
Invitiamo ancora una volta tutti spedire e-mail di incoraggianento e saluti al
"nostro avventuriero" allindirizzo
info@mauriziodoro.it
Lo staff
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Check
Point n°25, 13 luglio
Nuova telefonata di Maurizio con il telefono satellitare Iridium (Telespazio
Roma), unico contatto con il mondo; la zona che sta attraversando in canoa,
infatti, è molto desertica e non sincontra nessuno per giorni. Sono le sette di
mattina (locali) e lui ci parla dalla sua tenda dove si è rifugiato perché fuori
sta diluviando. La telefonata è breve, ma ci racconta di aver percorso 70 km e
che se tutto procederà bene in uno o due giorni arriverà al villaggio di
Tuktoyaktuk. La fatica incomincia a farsi sentire e ha un forte dolore ai
talloni e alle mani, incomincia a scarseggiare anche il cibo.
Nessun problema per lacqua perché grazie ad una pompa e a un filtro può
depurare lacqua e bere senza problemi, e mentre sta per chiudere aggiunge che
la meta è vicina e non saranno di certo questi problemi a fermarlo.
Lo staff
www.mauriziodoro.it
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