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A cura di: Associazione Medica per lo Studio dell’Agopuntura

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Tao Te King: Il testo ed alcuni commenti - Cap. XI-XXI

XI - L’UTILITÀ DEL NON-ESSERE
Trenta raggi si uniscono in un solo mozzo
e nel suo non-essere si ha l’utilità del carro,
s’impasta l’argilla per fare un vaso
e nel suo non-essere si ha l’utilità del vaso,
s’aprono porte e finestre per fare una casa
e nel suo non-essere si ha l’utilità della casa.
Perciò l’essere costituisce l’oggetto
e il non-essere costituisce l’utilità.

XII - REPRIMERE LE BRAME
I cinque colori fan sì che s’acciechi l’occhio dell’uomo,
le cinque note fan sì che s’assordi l’orecchio dell’uomo,
i cinque sapori fan sì che falli la bocca dell’uomo,
la corsa e la caccia fan sì che s’imbesti il cuore dell’uomo,
i beni che con difficoltà si ottengono
fan sì che sia dannosa la condotta dell’uomo.
Per questo il santo
è per il ventre e non per l’occhio.
Perciò respinge l’uno e preferisce l’altro.

XIII - RESPINGERE LA VERGOGNA
Favore e sfavore fanno paura,
pregiar la propria persona è gran sventura.
Che significa
favore e sfavore fan paura?
Il favore è un abbassarsi:
nell’ottenerlo s’ha paura,
di perderlo s’ha paura.
Questo significa
favore e sfavore fan paura.
Che significa
pregiar la propria persona è gran sventura?
La ragione per cui ho gran sventura
è che tengo alla mia persona,
se non tenessi alla mia persona
quale sventura avrei?
Per questo
a chi di sé fa pregio a pro del mondo
si può affidare il mondo,
a chi di sé ha cura a pro del mondo
si può confidare il mondo.

XIV - INTRODUCE AL MISTERO
A guardarlo non lo vedi,
di nome è detto l’Incolore.
Ad ascoltarlo non lo odi,
di nome è detto l’Insonoro.
Ad afferrarlo non lo prendi,
di nome è detto l’Informe.
Questi tre non consentono di scrutarlo a fondo,
ma uniti insieme formano l’Uno.
Non è splendente in alto
non è oscuro in basso,
nel suo volversi incessante non gli puoi dar nome
e di nuovo si riconduce all’immateriale.
È la figura che non ha figura,
l’immagine che non ha materia:
è l’indistinto e l’indeterminato.
Ad andargli incontro non ne vedi l’inizio,
ad andargli appresso non ne vedi la fine.
Attieniti fermamente all’antico Tao
per guidare gli esseri di oggi
e potrai conoscere il principio antico.
È questa l’orditura del Tao.

XV - APPALESA LA VIRTÙ
Quelli che in antico eccellevano come adepti del Tao
penetravano l’arcano e comunicavano col mistero,
erano profondi da non poter essere compresi.
Proprio perché non possono essere compresi
io mi sforzerò di darne i tratti.
Irresoluti erano come chi d’inverno guada un fiume,
guardinghi erano come chi teme i vicini ai quattro lati,
rispettosi erano come chi è ospite,
frammentati erano come ghiaccio che si va fondendo,
schietti erano come legno non ancora sgrossato,
vuoti erano come valli,
torbidi erano come acqua motosa.
Chi è capace d’esser motoso
per fare illimpidire piano piano riposando?
Chi è capace d’esser placido
per far vivere pian piano rimuovendo a lungo?
Chi s’attiene a questa Via
non brama d’esser pieno,
e proprio perché non si riempie
può starsene nell’ombra senza innovar l’antico.

XVI - VOLGERSI ALLA RADICE
Arrivare alla vacuità è il culmine,
mantenere la quiete è schiettezza:
le diecimila creature insieme sorgono
ed io le vedo ritornare a quelle,
quando le creature hanno avuto il lor rigoglio
ciascuna fa ritorno alla sua radice.
Tornare alla radice è quiete,
il che vuol dire restituire il mandato,
restituire il mandato è eternità.
Chi conosce l’eternità è illuminato,
chi non la conosce insensatamente provoca sventure.
Chi conosce l’eternità tutto abbraccia,
tutto abbracciando è equanime,
essendo equanime è sovrano,
essendo sovrano è Cielo,
essendo Cielo è Tao,
essendo Tao a lungo dura
e per tutta la vita non corre pericolo.

XVII – LA PURA INFLUENZA
Dei grandi sovrani il popolo sapeva che esistevano,
vennero poi quelli che amò ed esaltò,
e poi quelli che temette,
e poi quelli di cui si fece beffe:
quando la sincerità venne meno
s’ebbe l’insincerità.
Com’erano pensosi i primi nel soppesar le loro parole!
Ad opera compiuta e ad impresa riuscita
dicevano i cento cognomi: siamo così da noi stessi.

XVIII - LO SCADIMENTO DEI COSTUMI
Quando il gran Tao fu negletto
s’ebbero carità e giustizia,
quando apparvero intelligenza e sapienza
s’ebbero le grandi imposture,
quando i sei congiunti non furono in armonia
s’ebbero pietà filiale e clemenza paterna,
quando gli stati caddero nel disordine
s’ebbero i ministri leali.

XIX - TORNARE ALLA PUREZZA
Tralascia la santità e ripudia la sapienza
e il popolo s’avvantaggerà di cento doppie,
tralascia la carità e ripudia la giustizia
ed esso tornerà alla pietà filiale e alla clemenza
paterna,
tralascia l’abilità e ripudia il lucro
e più non vi saranno ladri e briganti.
Quelle tre reputa formali e insufficienti,
perciò insegna che v’è altro a cui attenersi:
mostrati semplice e mantienti grezzo,
abbi poco egoismo e scarse brame.

XX - DIFFERENZIARSI DAL VOLGO
Tralascia lo studio e non avrai afflizioni.
Tra un pronto e un tardo risponder sì
quanto intercorre?
Quel che gli altri temono
non posso non temer io.
Oh, quanto son distanti e ancor non s’arrestano!
Tutti gli uomini sono sfrenati
come a una festa o un banchetto sacrificale,
come se in primavera ascendessero ad una torre.
Sol io quanto son placido! tuttora senza presagio
come un pargolo che ancor non ha sorriso,
quanto son dimesso!
come chi non ha dove tornare.
Tutti gli uomini hanno d’avanzo
sol io sono come chi tutto ha abbandonato.
Oh, il mio cuore di stolto
quanto è confuso!
L’uomo comune è così brillante
sol io sono tutto ottenebrato,
l’uomo comune in tutto s’intromette,
solo io di tutto mi disinteresso,
agitato sono come il mare,
sballottato sono come chi non ha punto fermo.
Tutti gli uomini sono affaccendati
sol io sono ebete come villico.
Sol io mi differenzio dagli altri
e tengo in gran pregio la madre che nutre.

XXI - SVOTARE IL CUORE
Il contenere di chi ha la virtù del vuoto
solo al Tao s’adegua.
Per le creature il Tao
è indistinto e indeterminato.
Oh, come indeterminato e indistinto
nel suo seno racchiude le immagini!
Oh, come indistinto e indeterminato
nel suo seno racchiude gli archetipi!
Oh, come profondo e misterioso
nel suo seno racchiude l’essenza dell’essere!
Questa essenza è assai genuina
nel suo seno ne racchiude la conferma.
Dai tempi antichi sino ad oggi
il suo nome non passa
e così acconsente a tutti gli inizi.
Da che conosco il modo di tutti gli inizi?
Da questo.
 



Commenti

CAP XI
Bella metafora che mostra in maniera intuitiva, anche se può darne solo una pallida idea, la qualità della natura fondamentale; infatti qui vi è ancora una contrapposizione fra le diverse cose e l’essenza. La vera visione trascende questa divergenza, perché è univoca; comunque tutto questo basta a far sorgere un dubbio nella mente del lettore su cosa sia davvero fondamentale e farlo credere che in quel che appare ai sensi solo come una negazione, vi sia una verità profonda, misteriosa, onnipresente. Quando si giunge ad inglobare anche l’apparente nel vuoto si sarà già di un passo innanzi. Come in alcuni passi precedenti anche qui si può provare un dubbio sulla reale comprensione dello scrittore: davvero realizzato che si piega ad illustrare una profonda dottrina con espressioni pesantemente condizionate, oppure ancora legato ad un concepire la realtà come duale?

CAP XII
Un bel capitolo che partendo da considerazioni elementari illustra come le passioni od i desideri smodati, l’egoismo, l’eccedere nelle cose; non facciano che, oltre ad ottundere gli stessi sensi comuni e far smarrire la stessa libertà personale in una illusione di volgare autosoddisfazione, far perdere di vista il senso del Reale; meglio sarebbe quindi preservare la vera natura a detrimento di quella che al senso comune appare essere la realtà, e non è che apparenza (seppur anche questa trovi spazio nel Dharma finale) che diviene, proprio perché solitamente è l’unica conosciuta, fonte dei mali del mondo.

CAP XIII
Questo passo illustra l’incompatibilità della Via con le preoccupazioni mondane, non solo queste sono causa di gravi preoccupazioni che indeboliscono la mente, ma impediscono lo scorgere della Via e rappresentano delle vere e proprie trappole per l’evoluzione spirituale; inoltre chi è nel karma non può non soggiacere alle sue trasformazioni, la caducità è proprio dovuta ai desideri che si nutrono, per cui porsi come obiettivi la ricchezza, la fama ed ammirare le persone che le hanno ottenute non porterà che a mete ed effetti transitori, destinate a perpetuare la ruota della vita e della morte. Qui è presente anche l’idea, unica, a mia conoscenza, nella tradizione orientale, che all’individuo affrancatosi da tali brame si possa affidare la guida di uno stato, come per una sorta di investitura divina; anche se in altri scritti taoisti si affermi che però il tempo attuale (cioè il periodo storico in cui questi venivano compilati, figuriamoci oggi!) è troppo corrotto perché tale operazione abbia effettivo successo.

CAP XVI
A parte il fatto che il vuoto estremo non è ancora che un aspetto condizionato, essendo lo stato finale trascendente pure il vuoto; anche sussistere continuamente immobili e calmi non è altri che un aspetto della morte; qui il mio sospetto che il taoismo non abbia tratto le ultime conclusioni sul reale, a differenza del buddismo, viene rafforzato alquanto. Interessante la parte che tratta del destino degli esseri, molto simile all’idea buddista della reincarnazione, anche se qui non vi si fa ancora nessuna considerazione morale; cioè la legge di causa ed effetto delle azioni non è qui considerata; semplicemente tralasciata od ignorata? Anche essere distaccati in maniera equanime personalmente mi ripugna, può anche andare bene per chi si accontenti di trovare la liberazione per sé stesso, ma non certo per raggiungere l’ideale del bodhisattva che anima il buddismo. Tale impressione si rafforza nell’ultima frase che ancora una volta non spende una parola per la salvezza altrui, ma solo su quella personale; quanto diviene limitato, arido ed egoista qui il taoismo!

CAP XVIII
Ora il Taoismo, come molte altre antiche tradizioni, del resto, fa riferimento ad uno stato delle cose ad esso precedente che assume le caratteristiche del mito; dubito che questa condizione dello spirito e del reale sia veramente esistita, tuttavia il testo può essere tranquillamente letto sia in chiave metaforica che anagogica, come non altrimenti viene fatto in occidente ad esempio con la bibbia; così questa arcadia, questo stato paradisiaco ed ancestrale può assumere i connotati vaghi, simbolici e d’ampio significato del periodo immediatamente seguente la creazione del mondo umano o dell’affermarsi prevaricante dell’io che discrimina a danno di quel sapere intuitivo allora esclusivamente legato all’istinto, con la susseguente apparizione di una personalità vera e propria, capace di distinguere, anche fra il bene ed il male, e perciò passibile di sbagliare, peccare e meritarsi una punizione. Forse era destino che il passaggio da uno stato animale incontaminato dai dubbi della coscienza sia stato avvertito dall’umanità come una caduta, una perdita irrimediabile, e che, probabilmente, attraversata una fase "adolescenziale" in cui impulso naturale e ragione si equilibravano, l’uomo sia arrivato al giorno d’oggi avendo sviluppato troppa razionalità a detrimento del suo animo; come del resto è probabile che, se pur su tempi lunghissimi, se avrà la possibilità di viverli, egli debba tornare a vivere, questa volta coscientemente, la verità che è in lui, con un nuovo, antico, padrone al posto di quello che è la logica nel mondo odierno, quella funzione intuitiva che dovrà però essere integrata nella coscienza (forse allora sarà meglio chiamarla amica che padrona). Tutto lo scritto non parla che della progressiva caduta nei fraintendimenti del mondo delle distinzioni e del scaturire da esso dei nuovi valori: possesso, ricchezza, dominio al posto di quelli del cuore: amore, comprensione umana, tolleranza che nel periodo descritto erano però ancora inconsci, o meglio, non definiti, semplicemente vissuti (e qui si capisca come sia assurdo invocarli, andare a ricercarli, senza voler cambiare, senza affidarsi alla propria interiorità).

CAP XXI
Il capitolo inizia con l’affermare che rispetto al Tao anche la virtù che emana e che è così vissuta da chi si trova in armonia con il Principio, ne è solo una emanazione; come del resto anche la stessa funzione creatrice che nel Taoismo ha caratteristiche femminili, per analogia con la sua funzione; poi asserisce la inconoscibilità dell’ente primo. Tutto questo può andare bene per avvicinarsi debolmente alla vera comprensione, ma è ancora imperfetto e fa distinzione fra un principio ed il creato che da lui procede, come se fossero diversi (attenzione: nemmeno uguali, per chi lo sa intuire, ma anche quest’ultima affermazione è ancora assurda, meglio parlare di stato di talità, o, più preferibilmente, non dire altro che Dharma). Bello il finale che riscatta il resto del paragrafo, invita a vedere, constatare direttamente la realtà e la fa balzare letteralmente fuori dalle righe per colpire direttamente le menti di chi possieda almeno un po’ d’intuito spirituale; anche se spero che questa sia una buona traduzione, non troppo adattata rispetto ad altre tradizioni forse conosciute dal traduttore, perché questa affermazione finale sa già molto di Zen; in questo campo, cioè quello delle trasposizioni dalle lingue orientali, così indefinite e complesse, è facile trovare cattive trascrizioni o scritti piegati al senso di quel che ha già in mente il loro curatore.

 


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